– di Corrado Speziale –
Studenti e lavoratori fuori sede si sentono “traditi” e penalizzati dal presidente della Regione Nello Musumeci, che con l’Ordinanza n. 18 del 30 aprile, in merito al rientro presso i luoghi di residenza provenendo da fuori regione, deroga in maniera contraddittoria e alquanto discutibile al Dpcm del 26 aprile con il quale il Governo ha avviato la fase 2 dell’emergenza Coronavirus.
In tal senso si sono sollevate tante voci di protesta e due legali “fuori sede” hanno presentato un atto di diffida al presidente del Consiglio e a quello siciliano, rappresentando l’illegittimità del provvedimento.
Norme e decisioni farraginose e contraddittorie stanno caratterizzando l’approccio alla fase 2 dell’emergenza, che prende il via oggi. Il problema riguarda gli spostamenti delle persone fuori dalle regioni in cui hanno trascorso questa lunga e sofferta fase di isolamento. In questo senso, il Dpcm che disciplina questo nuovo capitolo dell’emergenza e la circolare del ministero degli Interni, parlano chiaro: “consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Ma la Sicilia, in virtù dell’ordinanza del presidente della Regione n. 18 del 30 aprile, si ritrova oggi più che mai “isola” penalizzata, circondata da un mare di confusione e contraddizioni: da un lato le maglie sembrano allargarsi, mentre dall’altro si restringono. Tanti residenti in Sicilia, fuori sede per motivi di studio o di lavoro, stressati e rattristati dall’isolamento lontano da casa, attendevano con ansia questo rientro. Invece, grazie a una discutibile e controversa “deroga restrittiva” inserita nell’ultima ordinanza del presidente Musumeci, con richiamo ad un precedente decreto ministeriale che riguarda l’attraversamento dello Stretto di Messina, dovranno pazientare e attendere chiarezza, a meno che non vogliano avventurarsi in un viaggio che potrebbe nascondere delle insidie. In tal senso, due avvocati di Capo d’Orlando, “fuori sede”, per l’appunto, Gianfranco Passalacqua e Luigi Pirrotti, hanno presentato una diffida al presidente del Consiglio Conte e a quello della Regione Musumeci, rappresentando e motivando l’illegittimità del provvedimento.
Vale analizzare alcuni passaggi dell’ordinanza, per cui la stessa si presenta ingiustificatamente restrittiva con evidenti contraddizioni.
“Le limitazioni di ingresso e uscita dal territorio della Regione Siciliana restano invariate…” L’ordinanza, all’art. 1, prevede le limitazioni richiamate nel decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministro della Salute, n. 183 del 29 aprile, che a sua volta richiama il n. 153 del 12 aprile e il n. 173 del 22 aprile: possono attraversare lo Stretto “appartenenti alle Forze dell’ordine e alle Forze armate, agli operatori sanitari pubblici e privati, ai lavoratori pendolari o per comprovate esigenze di lavoro, gravi motivi di salute e situazioni di necessità”. Fin qui, quest’ultima situazione di “necessità” potrebbe essere ascrivibile a chi deve fare rientro presso la propria residenza siciliana, considerando che si integra con quanto previsto nel Dpcm del 26 aprile: partenza per la Sicilia in forza a a quest’ultimo Dpcm, arrivo a Villa S.G., dopodiché si avrebbe la “necessità” di traghettare.
Ma nella stessa ordinanza, il richiamo al contenuto del decreto è considerato in quanto “deroga restrittiva all’art. 1, comma 1 lett. a), ultimo periodo, del DPCM del 26 aprile 2020”, quello che prevede proprio il rientro a casa provenendo da fuori regione. Cosicché la norma, sebbene di dubbia valenza, per di più collegata ad un’altra gerarchicamente inferiore al Dpcm, assume la forma del divieto.
Le contraddizioni: nelle premesse, l’ordinanza fa riferimento, tra l’altro, all’ articolo 3, comma 1, del D.L. 19 del 25 marzo 2020, che conferisce alle Regioni “in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso” di introdurre misure ulteriormente restrittive. L’aggravamento è una circostanza che evidentemente non riguarda alla Sicilia.
Poi, viene citato il decreto del Presidente del T.A.R. del 10 aprile 2020, secondo cui tra le cose che rivestono importanza c’è, tra l’altro, la “praticabilità di un effettivo e capillare controllo del movimento da e per la Sicilia”. Controllo, dunque, non chiusura. E con la piattaforma per la registrazione on line ciò non verrebbe messo in discussione. E ancora, le premesse di carattere scientifico del Dasoe – Dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico della Regione: “…la situazione epidemiologica in Sicilia registra una inferiore diffusione del contagio rispetto ad altre parti del territorio nazionale, ciò richiedendo il mantenimento di alcune misure di carattere sanitario volte ad impedire che il rientro incontrollato verso la Sicilia possa aumentare il diffondersi dell’epidemia”. Dunque, inferiore diffusione del contagio; impedire rientro “incontrollato”. Ma in Sicilia sarebbe controllato e monitorato. Dopodiché, un paradosso dall’evidenza notevole: nell’art. 11 dell’ordinanza permangono le rigide “disposizioni per i soggetti che rientrano nel territorio della Regione”, con registrazione, isolamento, tamponi e quant’altro. Ma come…Allora si può rientrare…? Chi può farlo?
Quest’ultimo passaggio, poiché palesemente incongruente rispetto alle restrizioni contenute nell’ordinanza, è stato inserito nella diffida presentata dagli avvocati Passalacqua e Pirrotti.
Questi, fanno rilevare, tra l’altro, che l’ordinanza “lede chiaramente diritti costituzionalmente sanciti invadendo, per diversi aspetti, settori che la Costituzione assegna alla potestà legislativa statale esclusiva”.
La fase 2 è avviata. A questo punto, con le dovute precauzioni, occorre far rientrare nella propria terra i siciliani che ne hanno la necessità.
Quanto alle norme, per semplicità e chiarezza, è forse meglio sperare che quanto prima l’emergenza finisca, cosicché decadano e il problema è risolto. –