– di Corrado Speziale –
Il libro del poeta e drammaturgo reggino è stato presentato al Parco Horcynus Orca di Capo Peloro nel corso della terza serata del Festival. Sul palco, nell’incantevole scenario dello Stretto, con l’autore è intervenuta Katia Pastura della casa editrice Mesogea. Contributo video da Malta del poeta e intellettuale maltese Adrian Grima: “Le poesie di Massimo Barilla sono un susseguirsi di suoni a un atto di grandissima umanità. Nell’aria fresca di questa poesia le cose sono più vive di sempre. I colori spargono colpi di luce che tagliano l’anima. È una poesia da leggere ad alta voce”. La lettura dei testi, nell’interpretazione dello stesso autore, è stata accompagnata al piano e agli effetti sonori da Luigi Polimeni. Grande apprezzamento per “Dumani”, suggestivo componimento letto in dialetto reggino e in lingua italiana e maltese.
Un “colpo di luce” ha finalmente infranto il buio del lockdown, durante il quale “Ossa di crita”, nel silenzio, era approdato nelle librerie. Cosicché, l’ultimo libro di Massimo Barilla, ed. Mesogea, 2020, raccolta di poesie che per vocazione nasce in terra calabra, non poteva trovare battesimo migliore. L’Horcynus Festival, infatti, rassegna della quale Massimo Barilla è direttore artistico per la sezione teatro, proprio dall’area dello Stretto, tra “Scill’e Cariddi”, tende la propria mano e costruisce ponti ideali di inclusione sociale e culturale con i popoli del Mediterraneo. Il libro, finito di stampare a febbraio di quest’anno, è un lavoro che nasce dall’amore e dal pensiero profondo per la propria terra, trasformati in suoni e parole, con le sue bellezze, le peculiarità ma anche e soprattutto con le sofferenze e le inquietudini che storicamente contraddistinguono il sud. L’opera è arricchita dalle illustrazioni di Aldo Zucco, riportate in copertina, nonché ad apertura e chiusura del volume. “Un lavoro quasi ventennale, sotterraneo e parallelo al lavoro di drammaturgia”. Così l’autore stesso ha definito la sua opera, che “sponde”, sulle quali trovare apprezzamenti e condivisioni, oltre quella siciliana, ne troverà tante altre.
Il testo è composto da 22 poesie, scritte in dialetto reggino, “u’ ‘rriggitànu”, affiancate ciascuna dalla versione in italiano. Componimenti che si lasciano leggere e “ascoltare” come suoni, con passione, facendo immergere il lettore nella purezza di un linguaggio che sgorga dalla terra e attraversa l’animo umano facendo presa sui sentimenti che ispirano un canto talvolta struggente, fondato su una speranza remota: “Parrami figghiu cu ll’occhi i dumani e dimmi chi vidi…” Ma anche su una certa sensazione che qualcosa di nuovo stia per germogliare: “…sentu comu ci fussi un sonu ‘na nota suttirrata (stricari d’erba sicca) comu si bruciassi la ramagghia d’un tempu rimundatu prontu a jettari già dumani taddi di vita nova”. Dopodiché, la delicatezza del pensiero: l’amore…”Si ‘nta li so cordi di chitarra (pregiata) avi sona chi fannu ‘nta ll’aria cchiù di la banda quandu passa di maggiu cu centu orchestrali…”
Il libro è stato presentato al Parco Horcynus Orca di Capo Peloro nel corso della terza serata dell’Horcynus Festival. Sul palco, nell’incantevole scenario dello Stretto, con l’autore è intervenuta Katia Pastura della casa editrice Mesogea: “Per noi è la prima uscita dopo i mesi di quarantena e mi fa piacere che questo accada con un libro di poesia scritto da Massimo Barilla”, ha detto l’editrice. Libro che dopo il lockdown ha trovato il suo momento appropriato: “In questi mesi – ha proseguito Katia Pastura – abbiamo vissuto una privazione fondamentale che è il venir meno del privilegio della voce. Abbiamo bisogno di cercare e reinventare linguaggi nella vita privata come in quella pubblica. Per questo ripensare oggi la poesia significa anche ripensare più che mai il rapporto con la serietà e la giocosità di questo linguaggio. Credo che a questo punto la poesia abbia bisogno più che mai di essere ascoltata e di riprendere voce, così come noi ne abbiamo bisogno. Come editori siamo grati ai poeti come Massimo Barilla per questo libro”.
Con un video è intervenuto Adrian Grima, poeta ed intellettuale maltese, docente di Letteratura del Mediterraneo e di Letteratura Maltese all’Università di Malta.
“Questi ventidue momenti di Massimo Barilla – ha riflettuto Grima – sono un susseguirsi di parole, suoni, voci, ritmi, tensioni, fra dimensioni diverse, momenti ed espressioni differenti. Un susseguirsi di sentimenti, emozioni, contraddizioni”. Sequenza che sfocia in un “atto di grandissima umanità”. E ha aggiunto: “La poesia di Massimo Barilla è la celebrazione della pluralità delle possibilità. Nell’aria fresca di questa poesia le cose sono più vive di sempre. I colori spargono colpi di luce che tagliano l’anima. Per questo è una poesia da leggere ad alta voce”.
La lettura e la performance.
Massimo Barilla ha letto le proprie poesie seguendo un progetto basato su musica e immagini, con la profondità e le suggestioni portate dal suono e dagli effetti del pianista Luigi Polimeni, direttore artistico del festival, assieme a Giacomo Farina, per la sezione musica. Nel corso della lettura, sullo schermo gigante scorrevano le immagini dell’illustrazione del testo mentre queste prendevano forma su un taccuino.
Petri addumati, Non vegnu sulu, Cu ll’ossa di crita, sono state proposte ciascuna con musica, effetti e lettura in dialetto con suono appropriato. L’occhi i dumani è stata “cantata” senza musica. Molto apprezzata è stata una delle poesie più ricercate: Dumani, suggestivo componimento letto in dialetto reggino e in lingua italiana e maltese, con traduzione di Adrian Grima. A seguire, Acqua d’agustu si è avvalsa di un sottofondo musicale con solo piano, molto particolare. Notti dedicata, splendido omaggio al grande Ignazio Buttitta, è stata seguita in sequenza da Vardami. Dunque, Jornu primuntinu, con soli effetti, è stata letta anche in italiano. In conclusione, ‘Na Matri è stata preceduta da Lu tempu da sarvizza, brano apprezzatissimo, anch’esso proposto in entrambe le versioni.
Cosicché, nel mitico lembo di terra di Capo Peloro, luogo dell’Horcynus e delle meraviglie, la serata delle poesie di Massimo Barilla ha conosciuto il suo epilogo: “Lascia parlare la notte per vedere se arriva tempo di salvezza, mano che calma il vento, sonno che accarezza…”