Aurelio Grimaldi ripercorre i tredici giorni precedenti all’omicidio di Piersanti Mattarella, una tragedia troppo in fretta rimossa dalla memoria collettiva. Era il 6 gennaio del 1980.
Piersanti Mattarella è una figura ingiustamente dimenticata. A Roma e Milano non esiste nemmeno una via a lui dedicata”. 
Mattarella, politico virtuoso e integerrimo, allievo di Aldo Moro, fu eliminato (come molti altri) per il suo essersi messo di traverso rispetto a un complesso sistema di interessi che dalla Sicilia, in mano alle famiglie mafiose dell’epoca, che arrivava a toccare anche la politica nazionale. Da qui la volontà da parte di nuclei di potere di vanificare il compromesso storico che in quell’epoca prendeva forma.

Cinema di impegno civile ieri a Sinagra. Un bel momento propositivo messo in atto dall’amministrazione di Nino Musca in quest’atipica estate siciliana.

Con questo film siamo nel territorio della militanza dura e pura, tra il racconto storico-politico e il tributo appassionato ad una figura fondamentale della storia politica di Sicilia, consegnata all’oblio con una precisa e vergognosa operazione di rimozione dalla memoria collettiva.

Sono le premesse necessarie de Il delitto Mattarella, il film di Aurelio Grimaldi in sala dal 2 luglio, uno dei primi titoli a finire sul grande schermo dopo la chiusura dei cinema dovuta all’emergenza dei mesi scorsi. Praticamente proiettato in “prima visione” a Sinagra.

Lui – il regista – maestro elementare animato da sempre da una fervida passione civile non è nuovo al racconto dei dimenticati, lo aveva fatto negli anni ’80 prima con Mery per sempre, romanzo da cui Marco Risi avrebbe ricavato l’omonimo film del 1988, poi con Ragazzi fuori, di cui firma soggetto e sceneggiatura. Negli anni avrebbe continuato a farlo con progetti personali sopra le righe quasi anarchici che non sempre sono arrivati al grande pubblico pur vincendo premi ambìti, tra il consenso degli addetti ai lavori, e oggi con Il delitto Mattarella compie un ulteriore passo in avanti e propone la sua versione dell’omicidio di Piersanti Mattarella, il Presidente della Regione Sicilia ucciso da Cosa Nostra il 6 gennaio 1980.

Il regista ne fa una rappresentazione precisa, anche se a tratti didascalica,… dal suo punto di vista, che tale rimane anche se privilegiato dopo aver colloquiato a lungo con i componenti della famiglia di Mattarella.

Un giovane si avvicina al finestrino di un’auto e spara a sangue freddo una raffica di colpi: dentro c’è il Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella con la sua famiglia. È il 6 gennaio 1980, Mattarella è appena uscito – senza la scorta come lui vuole nei festivi – con la moglie, i figli e la suocera per andare a messa, morirà sul colpo sotto gli occhi della moglie e tra le braccia del fratello, oggi Presidente della Repubblica. La storia de Il Delitto Mattarella parte da qui, da quella tragica giornata per ricostruire poi con una serie di flashback i tredici giorni che la precedettero ma poi anche analizzando le conseguenze nei mesi a venire.

Il giovane Sostituto Procuratore di turno, quel giorno dell’Epifania, è Pietro Grasso, futuro Procuratore Antimafia e Presidente del Senato.

A proseguire le indagini sarà il giudice Giovanni Falcone, che indagherà tra i terroristi di estrema destra quali possibili esecutori materiali del delitto, ma questi poi vennero assolti.

Anche se Grimaldi è certo che sia un omicido mafioso-fascista.

Un delitto che comunque vide nel 1995 Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci condannati all’ergastolo come mandanti e che oggi ancora sconosce i suoi autori materiali, mai individuati.

Cartelli, didascalie e una voce narrante hanno accompagnato lo spettatore nel ritratto del clima politico di quegli anni. Mattarella avrebbe disturbato non solo gli equilibri della DC, il partito di cui faceva parte, ma anche gli affari e gli accordi tra politica e mafia.

Sullo schermo Aurelio Grimaldi agita tutte le figure chiavi di quegli anni: faccendieri, piduisti, politici, mafiosi (da Salvo Lima a Michela Sindona, Vito Ciancimino, Rosario Spatola, ed anche un improbabile – sotto l’aspetto recitativo – Giulio Andreotti).

Il Cast  di prim’ordine con una scelta ben precisa: tutti attori siciliani Donatella Finocchiaro, Leo Gullotta (superba la sua interpretazione sofferta di Rosario Nicoletti), Tony Sperandeo, David Coco) per rendere credibile e umana una tragedia dimenticata e inchiodata all’oblio. Una spanna sopra tutti Irma Mattarella, che la Finocchiaro restituisce con straordinaria grazia nel suo dolore muto e composto.

Di certo è un film di impegno civile – forse privo di quel budget necessario per dargli più respiro – che colma il “silenzio” calato su questo delitto e che da merito alla figura umana e politica di Piersanti Mattarella che dovrebbe essere visto da tanti e anche tra gli studenti, aprendo con loro un dibattito su quegli anni in Italia ed in Sicilia.

Ad evidenziarne la necessità è lo stesso regista: “Ho fatto una breve indagine su Piersanti Mattarella e tra i giovani quasi nessuno sapeva chi fosse. Si chiedevano se fosse stato ucciso dalle Brigate Rosse o dalla mafia, se fosse stato un politico o un giudice. Su di lui è calato un profondo oblio” . L’ha ribadito anche ieri a Sinagra dialogando con il pubblico.
Il film, distribuito da Cine 1 Italia, si sviluppa, tra fiction e inchiesta utilizzando molti atti processuali.
Aurelio Grimaldi, ha raccontato: “Il 6 gennaio 1980 io mi trovavo in Sicilia. Sono siciliano figlio di siciliani, ma dai due ai vent’anni avevo vissuto in provincia di Varese e lì avevo messo radici, come tutti i bambini. I mei genitori avevano deciso di tornare in Sicilia dopo il pensionamento di mio padre ma io vivevo questo rientro con una valanga di pregiudizi contro la mia Sicilia profondi e agguerriti, implacabili. Quando al telegiornale dell’una arrivò questa notizia non ricordo i commenti dei miei genitori ma il mio interiore fu vabbè presidente democristiano, figuranti quanto c’è dentro. E passò poco tempo prima di accorgermi come il pregiudizio mi aveva annebbiato la mente. Questa cosa me la sono portata dietro a lungo e poi da scrittore e regista mi ha spinto verso questo progetto. Avvolto anche io in un’amnesia generale su Piersanti se Mattarella non fosse diventato Presidente della Repubblica il materiale abbondante che avevo raccolto sarebbe rimasto lì, e invece dopo l’elezione inattesa di Sergio Mattarella ho pensato: ora o mai più. Strano che per 35 anni nessuno se ne fosse occupato, neanche in quelle che io chiamo ‘malefiction’, di Piersanti e ora ho capito perché era difficile raccontare realmente la storia e mi tocca l’onore di esser il primo farci un film“.
Un lavoro complesso durato infatti cinque anni.
 
Alla domanda se abbia o meno incontrato il Presidente Sergio Mattarella e se il  presidente ha visto o vedrà il film o letto la sceneggiatura Grimaldi ha, sorridendo, detto poco di quanto già in altre occasioni aveva detto:
Confermo di aver incontrato Bernardo, figlio di Piersanti mentre scrivevo la sceneggiatura per alcune domande, mi ha ricevuto, abbiamo parlato a lungo e mi ha consegnato preziosi materiali sul padre. Il presidente Sergio e la figlia Maria sono oggi persone che rappresentano le istituzioni, Maria Mattarella è segretaria generale della Regione Sicilia.
[Ed è soddisfatto della scelta fatta dal Governo Musumeci “che non ho votato” – dice. In altre occasioni il regista aveva anche evidenziato il fatto che “questa giunta, l’unica giunta che non ha avuto questioni giudiziarie come invece i tre predecessori di Musumeci, abbia scelto lei è certamente una cosa importante” ndr]
Il film è chiaramente ispirato al cinema di denuncia politico e militante visto nelle pellicole di Rosi, di Pasolini e De Sica e per gli amanti del “buon cinema”  sono chiari i riferimenti a Salvatore Giuliano, Le Mani sulla città e soprattutto a Il caso Mattei, film che Grimandi ritiene “di riferimento massimo e che ho rivisto più volte”.
Aurelio Grimaldi ha evidenziato, parlando con il sindaco Nino Musca, dopo l’introduzione dell’assessore Marzia Mancuso che ha condiviso con lui l’esperienza ad Alicudi quando era impegnato a girare un docu-fim sulla realta scolastica e disagiata dei bambini isolani: “Credo nella funzione di libertà e memoria del cinema. Ho cercato di partire da fatti documentati e certi, e dove c’è da prendere posizione la prendo, la spiego e la argomento”.

Grimaldi durante la conversazione di ieri sera, a Sinagra, ha usato ancora una volta l’espressione malefiction, spiegandone il motivo:
“Quando le fiction tv si sono buttate sui personaggi pubblici e in particolare sulle vittime di terrorismo e di mafia, io sono rimasto terribilmente deluso: dopo dieci minuti non resistevo e cambiavo canale, alla trasformazione sistematica di un essere umano in eroe. Piersanti Mattarella è un eroe?  No lo giudico un personaggio storico importantissimo, che aveva un progetto politico e morale altissimo e ancora attuale. Ma la parola eroe non mi piace e le malefiction sono un pericoloso anche se comprensibile sforzo di popolarizzare certi personaggi”.

Nel film emergono anche la figura del padre di Piersanti Mattarella, di terroristi “neri”, della nomenclatura, senza sconti a nessuno, della Dc del tempo, ma anche di tanti malavitosi.

Quindi grande merito al film  di aver rispolverare un pezzo di storia del nostro paese, restituendolo alla memoria collettiva e come ha detto Massimo Scaffidi “speriamo che ci sia presto un pentito di stato per poter raccontare la verità su questo delitto”. Nel film anche un bell’omaggio a Pio La Torre.

E’ stata, certamente, una bella serata dell’estate sinagrese.

  pier_santi_mattarelladelitto_mattarella mattarella_con_cadavere_fratello