L’ESPOSIZIONE VISITABILE FINO AL 31 GENNAIO 2021
“Alla povertà materiale – gli ha fatto eco l’assessore ai Beni culturali Alberto Samonà (le foto sono tratte dalla sua pagina social)– nel Mediterraneo, ha fatto sempre da contraltare una ricchezza culturale, artistica e di pensiero senza pari in altre parti del mondo. Terraqueo è il nostro mare, il mare nostrum, il rapporto fra terra e acqua è simbiotico. Il “ritorno” omerico diventa metafora del viaggio di tutti noi. La cultura, ho già detto durante l’estate, è il vaccino contro il virus. Ci siamo aggrappati alla cultura per ripartire”.
Aggiungendo anche che al Mostra è “Una grande riflessione sul Mediterraneo di ieri e di oggi”.
Sono 324 i reperti esposti, fra cui 12 rostri, romani e cartaginesi, rinvenuti dai luoghi in cui si consumò la battaglia che concluse la Prima guerra punica. Dai reperti riusciamo a leggere la diversa natura delle due civiltà venute allo scontro nel cuore del Mediterraneo: il pragmatismo romano si estrinseca nel nome del magistrato inciso sui rostri, su quelli cartaginesi, invece, si leggono formule apotropaiche.
All’ingresso della mostra l’Atlante che regge il globo, databile II secolo dopo Cristo, copia di un’opera bronzea ellenistica. “un globo – ha osservato Paolo Giulierini, direttore del Mann – che non è quello terrestre ma celeste, riportante le costellazioni così come potevano essere osservate in età ellenistica; è probabile che l’originale fosse posta all’interno della biblioteca di Alessandria”.
Alla cronaca è dedicata la sezione il Mediterraneo oggi, un viaggio in 17 paesi, firmato dal giornalista Carlo Vulpio e dalla fotografa Lucia Casamassima – le immagini del reportage raccontano del viaggio lungo otto mesi in 17 paesi.
Leggere la mostra – spunti.
E’ un’immersione simbolica tra le acque e la storia del Mediterraneo. Nella sala Moncada del Palazzo Reale a Palermo un percorso espositivo si apre con l’imponente Atlante della collezione Farnese, il reperto più ammirato fra i 324 che compongono la mostra. Atlante, che viene dal museo archeologico di Napoli, è una statua di marmo del II secolo dopo Cristo realizzata su ispirazione di un’altra scultura di epoca ellenistica. Per i curatori della mostra Atlante, che sostiene il globo, ne incarna lo dell’esposizione, quello di un rapporto stretto tra mare e terraferma. L’opera ha inoltre un grande valore scientifico: una sintesi tra arte e astronomia.
La mostra coglie anche i profili culturali e il valore storico dei reperti. Da osservare la parete dei rostri della celebre battaglia delle Egadi tra romani e cartaginesi – come detto un omaggio a Sebastiano Tusa – , la Nereide su Pistrice del primo secolo dopo Cristo e altri reperti che colgono aspetti della vita, dei riti e della natura umana come il Louterion, un piccolo altare di bordo che serviva ai naviganti per i riti dedicati agli dei.
E c’è infine il cratere del venditore di tonno del IV secolo avanti Cristo che viene dal museo Mandralisca di Cefalù.
La mostra racconta il Mediterraneo in otto sezioni tra passato e attualità: mare di storia, mare di migrazioni e commerci, mare di guerre. Quello che rappresenta oggi, con gli inevitabili richiami al grande dramma delle migrazioni e degli scambi, è rappresentato con il linguaggio multimediale.
Tutti concordi su un punto cruciale: la mostra diventa occasione e spunto per una riflessione su quello che è stato e su quello che oggi è il Mediterraneo: uno spazio di vita nel quale si uniscono le terre che lo circondano.