LA NOTA – A proposito di Thomas d’Alba
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LA NOTA – A proposito di Thomas d’Alba

L’italiano, ex parà, caduto in Ucraina: il coraggio di una scelta estrema

Thomas D’Alba, 40 anni, musicista ed ex paracadutista della Folgore originario di Legnano, ha perso la vita a metà giugno nella regione di Sumy.

Thomas d’Alba, il volontario italiano di cui nei giorni scorsi è stata resa nota la morte sul campo di battaglia in Ucraina, è il settimo connazionale che perde la vita in quel conflitto. Un numero che non è affatto irrilevante, e che segna una cesura netta con certi luoghi comuni.

facile e semplicistico definirli mercenari

“Il cliché dell’italiano vigliacco, nutrito da chi osserva la storia con le infradito del pacifismo a buon mercato, oggi mostra tutte le sue crepe” scrive Gabriele Adinolfi in un post – apprezzatissimo – a commento della notizia. C’è chi ha scelto di schierarsi e di rischiare la pelle, dimostrando che anche ci sono uomini capaci di affrontare la prova più estrema per un ideale.

E non si tratta solo di sette caduti italiani in nome dell’Europa contro le orde imperialistiche (eur)asiatiche che avanzano brandendo revanscismo sovietico nei simboli, nei nomi e nelle bandiere.

Già all’inizio della guerra, si ricordano caduti italiani anche tra le fila opposte, tra coloro che scelsero Mosca e il Donbass. Anche in quel caso — e non è contraddittorio dirlo — l’impegno fino a sacrificare la vita meritò onore. Perché il gesto di chi affronta la morte con coerenza politica e consapevolezza del proprio posto in battaglia, resta degno di rispetto.

Stava dove sentiva di dover stare.

E se dovesse cadere anche un italiano oggi confuso, che combatte dalla parte sbagliata (o giusta) a secondo dei punti di vista, pensando di servire la civiltà mentre la combatte, lo stesso rispetto sarebbe dovuto. Perché l’essenziale, alla fine, è il come, non il perché.

Le ragioni politiche possono essere controverse e perfino sbagliate, ma la qualità esistenziale del sacrificio, quella non mente mai

La guerra in Ucraina, al di là delle ipocrisie, dei giochi sporchi, delle speculazioni su cui tanti vinti nell’anima mettono l’accento per giustificare la propria resa, ha riportato al centro della scena europea qualcosa che sembrava impossibile: la purezza estrema di scelte esistenziali. La capacità di rimettere la propria carne, il proprio sangue, a testimonianza di un ideale che non può restare solo astratto.

Perché il sangue è spirito.

E chi questo lo dimentica, condannandosi a un’esistenza avvizzita, incapace di combattere per qualcosa che valga la pena, non può che guardare con livore chi invece si è spinto fin là.

La morte di Thomas d’Alba è, certo, una tragedia personale, ma anche un monito collettivo: non è più consentito disperare del futuro della nostra civiltà, a meno di essere già morti dentro.

Per costoro, e solo per costoro, tutto resta impossibile. Ma per chi sa ancora scegliere, e combattere, c’è ancora spazio per la speranza.

8 Luglio 2025

Autore:

redazione


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