Mentre la diplomazia si muovi nell’ombra, cresce l’indignazione e la voglia di riportare a casa, subito, i due fucilieri italiani, fermati, in maniera proditoria, ed in barba al diritto internazionale dalla polizia indiana.
“L’Europa non abbandoni i due militari italiani arrestati in India con un falso pretesto e per fini propagandistici elettorali. Sono troppe le incongruenze che hanno portato all’arresto dei due Marò del Reggimento San Marco: l’UE deve intervenire a sostegno del nostro Paese, attivare tutti i canali diplomatici disponibili e verificare la trasparenza delle azioni del Governo Indiano”.
Queste le parole dell’europarlamentare della Lega Nord Mara Bizzotto che ha presentato un’interrogazione all’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea Catherine Ashton per chiedere l’interessamento dell’Europa alla vicenda dei due Marò del Reggimento San Marco impegnati in un’operazione anti-pirateria nell’Oceano indiano ed arrestati con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani.
“Le autorità indiane avrebbero utilizzato un falso pretesto per attirare entro il porto di Kochi la nave su cui i militari erano imbarcati, al fine di impedire il loro allontanamento – spiega l’eurodeputata della Lega Nord – Se le accuse sull’utilizzo dell’inganno da parte delle autorità indiane risultassero vere, l’Alto Rappresentante non ritiene che tale comportamento violi il diritto internazionale?”
“Nello Stato indiano del Karala il prossimo 18 Marzo si terranno le elezioni politiche – aggiunge l’On. Bizzotto – Il dubbio che si tratti di mera propaganda è assai forte: le manifestazioni anti-italiane organizzate davanti all’abitazione del magistrato che dovrà condurre il processo sono infatti composte esclusivamente da membri di partiti politici, mentre non è presente alcun pescatore”.
“L’Unione Europea ha il dovere di attivare tutti i canali diplomatici disponibili per aiutare a fare chiarezza sulla vicenda ed impedire che i due militari italiani vengano condannati ingiustamente” conclude la Bizzotto. (fonte intopic.it)
Intanto la difesa dei due marò italiani fermati per l’uccisione di due pescatori indiani ha presentato il ricorso per ‘eccezione di giurisdizione’ all’Alta corte del Kerala.
I legali chiedono che venga confermato che l’incidente è avvenuto in acque internazionali e non indiane. Lo rivela l’Ansa che cita fonti locali.
Procedere con il ricorso si è reso necessario perchè i colloqui politici e diplomaici in corso non bloccano l’iter giudiziario.Il magistrato potrebbe confermare e lo stato detentivo per i due marò. (fonte intopic.it)
I due militari italiani – scrive Ricciardo Pelliccetti su ilgiornale.it – sono fieri di aver fatto il proprio dovere.
Ora tocca al governo salvarli. Il rapporto inviato a caldo dalla nave a Roma, prima delle accuse di aver ucciso i due pescatori indiani, conferma la versione dei fatti fornita dai nostri marò – Massimiliano Latorre e Salvatore Girone -: “Spari in acqua, nessuna vittima”. :
Avete visto le immagini dei nostri due marò in India?
Sono circondati da una torma di poliziotti baffuti, ma Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non sembrano accorgersene.
Hanno lo sguardo fiero, fisso in avanti, quasi noncuranti di ciò che accade non solo perché indossano la divisa, ma perché sono consapevoli di aver fatto soltanto il proprio dovere.
Come tanti altri militari italiani, pronti ogni giorno a sacrificare la loro vita in missioni lontane da casa. Eppure i nostri due fanti di marina sono stati incriminati per omicidio in barba al diritto internazionale e non solo.
Il motivo? Una guerra politica tutta interna all’India, anzi, alla provincia indiana di Kerala, che andrà presto alle urne.
Una provincia che da anni è una roccaforte dell’opposizione al governo centrale, dominato dal Partito del Congresso di Sonia Gandhi, definita l’«italiana ».
Così il governicchio locale ha architettato senza scrupoli una campagna anti «italiani».
Due pescatori morti?
Evviva, hanno detto, c’è una nave che batte bandiera tricolore al largo, quindi gli italiani sono assassini e vanno arrestati.
La nave era in acque internazionali come dimostrano le rilevazioni dei satelliti?
Non importa.
Il luogo, l’ora e il tipo di peschereccio descritto nel rapporto dei militari non corrispondono con quelli indiani?
Irrilevante. I nostri soldati hanno diritto all’immunità funzionale degli organi dello Stato?
Sì, ma gli indiani se ne infischiano. Qui la democrazia e la giustizia sono un optional e piegare un’inchiesta giudiziaria ai fini della politica sembra cosa facile.
Altrimenti perché si rifiutano di eseguire l’autopsia e di rendere pubblici i risultati? E ancora. Perché non vogliono fare una perizia balistica e sulle armi?
Confrontando il calibro dei proiettili che hanno ucciso i pescatori con quello usato dai nostri militaridiventa semplicissimo scoprire quale sia l’arma che ha sparato. Chissenefrega, hanno risposto le poco autorevoli autorità indiane: l’autopsia offende il popolo e le perizie sono affar nostro.
E se non bastasse, che dire della petroliera greca Olympic Flair, molto simile alla Lexie, attaccata dai pirati lo stesso giorno a sole due miglia dalla costa?
Strano che nessuno abbia indagato anche in quella direzione, eppure la guardia costiera indiana era stata informata dagli stessi greci dello scontro. Ma niente, neppure un trafiletto sulla stampa locale.
La vicenda puzza.
Molto.
E a farne le spese potrebbero essere i nostri militari, che rischierebbero addirittura la pena di morte o l’ergastolo.
Noi non abbiamo dubbi: senza se e senza ma crediamo alla loro versione, surrogata oltretutto dal rapporto inviato in Italia immediatamente dopo lo scontro a fuoco (rapporto che pubblichiamo nella pagina a fianco).
Una convinzione che è rafforzata anche dalla condotta delle autorità indiane, le quali continuano a non fornire alcuna prova che possa collegare la morte dei pescatori con lo scontro a fuoco dei nostri marò.
Insomma, qui non vengono prese in considerazione neppure le più elementari norme del diritto.
Ma che Paese è?
E che Paese è il nostro?
Che cosa passava per la mente della nostra diplomazia quando ha consegnato i due marò del Reggimento San Marco alla polizia indiana?
È stata solo miopia oppure un «calar le brache»?
Dove è finita l’Italia, dov’è finito il nostro governo?
È ora che scenda in campo per difendere con fermezza i nostri sacrosanti diritti, calpestati con spregio da chi non sa neppure dove la giustizia sia di casa.
Un Paese che si sente tanto forte da chiedere ai suoi soldati l’estremo sacrificio in missioni lontane poi non li può abbandonare davanti alle prepotenze del primo bullo della periferia asiatica.
Sarebbe una vergogna.
Riportiamoli a casa.
Subito.