Una stretta al cuore: se ne va il premio Oscar Robin Williams, colonna portante del cinema contemporaneo, uno dei più validi attori dei nostri tempi. Dopo averci fatto piangere e ridere con le sue magistrali interpretazioni, con quelle sue finzioni tanto simili al vero, ci lascia oggi commossi e a lutto questa realtà cupa e inaccettabile.
A chi è cresciuto con i suoi film, per chi come il sottoscritto, si è sempre sentito accompagnato da quelle smorfie, da quegli sguardi profondi, da quei movimenti, da quei suoi personaggi così ben mimati, così autentici seppur nella loro dimensione “artefatta”, non può che morire qualcosa dentro.
La consapevolezza della scomparsa di un attore che ancora tanto avrebbe potuto offrire al mondo dell’arte, al cinema, alla cultura, al mondo, non può che generare profondo sconforto.
La stampa parla di un potenziale suicidio.
Atroce l’immagine e scontato il paradosso che tanti di voi noteranno ricordando l’attore in uno dei suoi film più acclamati, proprio quell’ “Al di la dei sogni” (What Dreams May Come) del 1998, in cui il protagonista-Robin, tanto si contrappone alla terribile realtà del suicidio.
Già sui social network si espande questa tristissima notizia, e molti l’avranno appresa lì prima ancora che dai giornali. E probabilmente c’è chi commenterà la partecipazione emotiva della rete sentenziando: “Ogni volta che muore qualcuno famoso fa gossip, quando di gente comune ne muore tutti i giorni”.
Ma Robin Williams non era un attore. Quando un’azione tocca le corde più profonde dell’anima, colui che è capace di in un gesto del genere, diventa in qualche modo parte di noi, la nostra emotività non può più concepirlo come assolutamente estraneo, diventa un volto amico, e non è possibile non piangerne in maniera sincera la scomparsa.
Tralasciando gli aspetti della cronaca più fredda e formale, vogliamo ricordare il grande artista, come suggerito dalla moglie, Susan Schneider “per la sua brillante carriera e per il suo sorriso, non per il modo in cui è morto”. Vogliamo ricordarlo vivo e vitale, estremamente umano come nel paradiso colorato del sopraccitato “Al di là dei sogni”, simpatico e sbadato come in “Flubber – Un professore tra le nuvole” o come il tenero e stravagante “mammo” di “Mrs. Doubtfire”.
Tanti di noi lo ricorderanno fra leoni, scimmie, elefanti e insoliti cacciatori (“Jumanji”), o con il suo naso rosso (“Patch Adams”), singolarmente “tenero” nel suo ruolo di robot (“L’uomo bicentenario”), o ancora per il suo ruolo e per le collaborazioni con altri grandi nomi del cinema in “Hook – Capitan Uncino”, “Jack”, “Risvegli”, “Good Morning, Vietnam”, “One Hour Photo” ,” Insomnia”, “The Final Cut” e innumerevoli altri.
E nessuno ti dimenticherà “o capitano, mio capitano” per questo:
<<Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse.
E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti?
Venite a vedere voi stessi. Coraggio!
È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.
Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare.
Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l’autore.
Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce.
Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice “molti uomini hanno vita di quieta disperazione”, non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno!>>
(da “L’attimo fuggente”).
Luca Scaffidi Militone