Teodoro Buontempo è morto alle 4.30 del 24 aprile del 2013. Con lui se ne andava uno dei personaggi più raccontati e conosciuti della destra italiana. Uno dei leader storici del Movimento Sociale. Guida indiscussa della gioventù nera della Capitale negli anni Settanta. Per tutti, da sempre, “er pecora” uno che non aveva mai negato il saluto romano e digerito male la scelta di Fiuggi. Pietro Miraglia, esponente di quel mondo da sempre, l’ha voluto ricordare così, semplicemente con una foto. Un comizio sul lungomare di Brolo (estate del 2000)… solo qualche anno fa con Teodoro, oltre Pietro Miraglia anche Carmelo Occhiuto (che conserva con orgoglio le foto che pubblichiamo) e Massimo Scaffidi che lo presentò sul palco.
“Lo ricordiamo sempre per le battaglie ideali al servizio del popolo”. Ha sottolineato Miraglia, e con non mai ha tratteggiato il profilo politico e umano di questo personaggio.
Veniva dal popolo, ne conosceva le esigenze, amava le borgate, e non rifiutava le barricate.
Visse gli anni Settanta da leader dei giovani missini della Capitale.
E quel rimpianto per la grande contestazione giovanile del ’68. In Italia gli scontri a Valle Giulia rappresentano il simbolo di quella rivoluzione.
Buontempo, presente quel giorno, criticò per anni le scelte dei vertici del Msi.
Quella rivoluzione apparteneva di diritto anche ai “neri”.
«Quella del ’68 era una rivolta generazionale – raccontò pochi anni fa nel bel libro La fiamma e la Celtica di Nicola Rao – “una rivolta contro il mondo moderno”, per dirla con Evola, che aveva tutte le caratteristiche per essere “nostra”.
Ma ancora una volta, soprattutto per volontà esterna, ci fu scippata e fu regalata alla sinistra che poi la strumentalizzò e la cavalcò ad arte. Fu una grande occasione perduta, forse la più grande della nostra storia».
Pensiero confermato anche nel libro cult Fascisti immaginari. «Ricordo Valle Giulia. Destra e sinistra quel giorno erano insieme. La rivolta generazionale si sposava benissimo con le nostre idee».
Militante sui generis, forse.
Gli autori di Fascisti immaginari ricordavano le aperture al mondo gay. «Persino il sanguigno Teodoro Buontempo, incarnazione del postfascismo più popolare e tribunizio, non ha avuto nessun problema a dichiarare: “Credo che le istituzioni debbano tutelare tutti. Abbiamo il compito di tutelare qualsiasi persona, dunque anche gli omosessuali». Storico consigliere comunale a Roma dal 1981 al 1997. Deputato del Msi e di Alleanza Nazionale, presidente de La Destra di Francesco Storace. Era stato stato l’assessore alla Casa nel governo regionale del Lazio.
Grande parlantina, c’è ancora chi ricorda le lunghissime maratone oratorie nella sala Giulio Cesare del Campidoglio.
Fu il leader del Fronte della Gioventù durante gli anni di piombo.
Punto di riferimento delle nuove leve missine, nei primi anni Settanta Buontempo raccoglie nella sede di via Sommacampagna l’attivismo politico giovanile della Capitale.
Si forma qui la classe dirigente che poi confluirà in Alleanza Nazionale. Gianni Alemanno, Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri.
Le riviste, la scommessa di Radio Alternativa, il quarto campo hobbit.
Sono gli anni di Lotta Popolare, l’iniziativa politica che porta il Msi ad avvicinarsi al mondo delle borgate.
Le battaglie a difesa dei ceti più deboli, per il lavoro, per l’occupazione degli appartamenti sfitti. «Creammo delle sezioni periferiche per penetrare il mondo delle borgate – ricorda Buontempo al giornalista Rao – Portando avanti temi che la sinistra sbandierava, ma non realizzava mai».
L’inconfondibile voce roca e quell’estrema disponibilità, fosse anche per un’intervista (di solito interminabile).
Nel 1995 il difficile passaggio in Alleanza Nazionale.
Quella svolta voluta da Gianfranco Fini, mai digerita fino in fondo. Lui che del saluto romano non si è mai vergognato.
Negli anni più recenti la fuoriuscita assieme a Francesco Storace, per dar vita a La Destra di cui è stato presidente fino all’ultimo.
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