80 ANNI FA CADEVA A CERVIGNANO IL CARABINIERE PARTIGIANO MAZZULLO
Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943 entrò a far parte della brigata partigiana Bruno Montina (inglobata poi nella 2° Divisione G.A.P. Friuli) in seguito alla costituzione di un centro clandestino di resistenza antinazifascista nella Bassa Friulana. Luca Gratton che stava portando il pane a Borgo Fornasir fino alla Ca’ Dolce dove erano nascosti i partigiani, involontario testimone dell’esecuzione presso la fornace Sarcinelli, assistette alla morte del maresciallo Mazzullo, che era riuscito a sfuggire alle raffiche di mitra gettandosi nelle acque del fiume, ma non alla morte perché fu finito dal lancio di alcune bombe a mano
Toccante cerimonia in onore del Maresciallo dei carabinieri Cirino Mazzullo, ucciso il 29 aprile del 1945 a Cervignano del Friuli assieme ad altri militari e civili a seguito di una rappresaglia tedesca della Gebirs-Division (Karstjäger) Waffen SS. Alla cerimonia erano presenti le autorità e i vertici locali di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Capitaneria di Porto. A volere e organizzare l’evento è stata l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Acquedolci e i pronipoti.
Tra i partecipanti anche le quinte classi della locale scuola primaria, accompagnati dai professori ed anche dell’I.T.E.T. “G. Tomasi di Lampedusa” e del Liceo “Sciascia Fermi” di S. Agata di Militello. Il corteo, dopo essersi raccolto nella piazza antistante il Palazzo di Città, si è avviato lungo la via principale per raggiungere il Monumento ai Caduti e onorare chi ha perso la vita nella Prima e nella Seconda Guerra mondiale.
Poi il corteo si è spostato nella via a lui intitolata, ove è stata scoperta la targa commemorativa. In un momento storico delicato quale è quello attuale, il ricordo e la memoria diventano fondamentali per trasmettere alle nuove generazioni valori di pace e tolleranza. Infatti, la manifestazione ha vinto la presenza di molti giovani facenti parte dell’associazione nazionale combattenti e reduci. Sono intervenuti il Sindaco di Alvaro Riolo e il Presidente del Consiglio Comunale della cittadina nonchè il neo Maresciallo Pietro Campagna della locale CC che ha esposto quei tragici accadimenti.
L’APPROFONDIMENTO
Il Maresciallo CC.RR. MAZZULLO Cirino di Benedetto e di Germano Gesualda, nato a Novara di Sicilia il 6 aprile 1901. Partigiano combattente effettivo con la 2^ divisione Osoppo friuli -XII brigata Berghinz – btg Aussa. Fucilato dai tedeschi lungo il fiume aussa il 29 aprile 1945. Era giunto a Cervignano mantenendo la residenza nel Comune di Bicinicco, ove risiedeva con la moglie e i due figli. Nell’ottobre del 1942, d’istanza a Palmanova, contribuì ad attenuare il rigore delle ordinanze tedesche nei confronti dei prigionieri del campo di Gonars. È grazie a lui, infatti, che molti internati riuscirono a leggere la corrispondenza, altrimenti destinata al macero.
Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943 entrò a far parte della brigata partigiana Bruno Montina (inglobata poi nella 2° Divisione G.A.P. Friuli) in seguito alla costituzione di un centro clandestino di resistenza antinazifascista nella Bassa Friulana.
IL CONTESTO STORICO
Nei giorni che vanno dal 20 al 22 aprile 1945 erano arrivati al porto fluviale tre barconi veneti, comandati da un sergente maggiore della marina tedesca, carichi di frumento in parte insaccato e in parte da insaccare. La mattina del 28 era cominciato il trasbordo del carico su camion 626 Fiat diretti in Germania, ma improvvisamente, avuto sentore che la guerra era finita e che l’arrivo degli Inglesi era prossimo, alcuni cecchini italiani cercarono di impedire la partenza del convoglio. La sparatoria durò pochissimo: cinque o sei camion furono bloccati con a bordo i relativi autisti tedeschi, tre camion furono dirottati verso il centro del paese e poi condotti alla pesa di piazza Marconi, i rimanenti riuscirono a scappare, dirigendosi verso Udine. Protagonista della sortita fu la cosiddetta Guardia civica coadiuvata dai carabinieri e finanzieri delle locali stazioni, che arrestarono gli autisti e impedirono ai tedeschi di portare con loro il carico di granaglie. Un gruppo di volontari si posizionò poi in via Aquileia per controllare l’accesso al paese da Terzo.
Una lunga colonna di soldati tedeschi in ritirata, arrivata infatti nei pressi del cimitero di via Aquileia, fu fatta bersaglio da colpi di fucile, sparati al riparo di una specie di barricata allestita nei pressi della caserma della Guardia di Finanza: una strozzatura della strada per permettere il controllo del transito.
Questa sparatoria fu dovuta alla inconsulta azione di “fucilieri” certamente isolati, di quelli chiamati “partigiani dell’ultimo momento” o di “cjarande” come li definiva Renato Canesin, vogliosi di mettersi in mostra e fare la figura di eroi. Il Comitato di Liberazione Nazionale di Cervignano, infatti, aveva ricevuto l’ordine di non attaccare le truppe tedesche, di consentire loro una pacifica ritirata verso il confine e di adottare le necessarie precauzioni onde evitare rappresaglie, in quanto, era previsto in città il passaggio di ingenti forze tedesche come la 7° Compagnia della divisione Karstjäger, comandata dal tenente Merkwald, conosciuto per la sua intransigenza e ferocia.
Un numerosissimo gruppo di partigiani, rifugiatosi nel bosco di Borgo Fornasir, obbedì alla richiesta del C.N.L e non intervenne, ma l’improvvido attacco nei pressi della Cantina Sociale e il ferimento di un soldato nemico provocò l’immediata reazione dell’esercito in ritirata: ci fu una sparatoria con le prime tre vittime tra i civili e, constatata la palese inferiorità, l’impeto degli insorti cittadini svanì.
L’attacco partigiano disorientò il progetto dei Tedeschi che, ritenendo poco sicuro l’attraversamento di Cervignano, ripiegarono su Terzo dove la sera stessa, ebbe luogo la prima rappresaglia: fermati a caso undici civili li passarono per le armi.
Durante la notte iniziò l’accerchiamento di Cervignano per preparare la rappresaglia e la domenica 29 aprile, le truppe tedesche piombarono sulla città rastrellando gli uomini che si trovavano sulle strade, entrando nelle case alla loro ricerca, prelevando anche tutti i fedeli maschi che assistevano alla prima messa compresi i sacerdoti, tra cui monsignor Giacomo Cian.
Entrarono nella stazione dei carabinieri dove liberarono i conducenti dei camion detenuti dal giorno precedente e sequestrarono il maresciallo Mazzullo, i carabinieri Antonio Oddo e Giuseppe Zito e l’allievo milite Giuseppe Angelo Bernardis, con l’accusa di non aver provveduto all’ordine pubblico. Gli uomini catturati, circa 150, furono concentrati in piazza Unità davanti all’albergo Friuli e qui tra la disperazione generale cominciò a girare la parola “decimazione”. Il kommandatur, aiutato dai camionisti e da alcuni ferrovieri, cominciò a controllare i documenti per individuare le persone che avevano partecipato al blocco e alla requisizione dei camion di grano.
Gli uomini che non venivano riconosciuti, furono rilasciati, gli altri portati all’interno dell’albergo chiusi in una stanza al primo piano dove si cercò, con un processo sommario che consisteva soprattutto in insulti e botte, di riconoscere i responsabili della rivolta del giorno precedente. Circa 30 persone subirono terribili sevizie, poi alcuni furono rilasciati, salvati anche grazie alle conoscenze che avevano presso il comando tedesco. Dei 21 rimasti 8 furono uccisi in località Tre Ponti .
Il gruppo più numeroso, formato da 14 persone, venne condotto, da militari molto giovani, sulla sponda destra del fiume Ausa, qui i prigionieri furono fucilati nei pressi della fornace Sarcinelli punto dove c’era l’approdo per le barche che caricavano i manufatti dell’opificio.
Alcuni che avevano cercato di sfuggire alla tragica sorte gettandosi nel fiume furono finiti con il lancio di quattro bombe a mano che provocarono un grande spostamento d’aria. Luca Gratton che stava portando il pane a Borgo Fornasir fino alla Ca’ Dolce dove erano nascosti i partigiani, involontario testimone dell’esecuzione presso la fornace Sarcinelli, assistette alla morte del maresciallo Mazzullo, che era riuscito a sfuggire alle raffiche di mitra gettandosi nelle acque del fiume, ma non alla morte perché fu finito dal lancio di alcune bombe a mano
Liberamente tratto da: CERVIGNANO NOSTRA Rivista di Storia, Arte e Cultura del Territorio Numero 12, Giugno 2020
PRESUNTI RESPONSABILI
Gebirs-Division (Karstjäger) Waffen SS 7.
L’ UNICUM COSACCO IN FRIULI
Dalla tarda estate del 1944 ai primi giorni del maggio 1945 una parte considerevole del Friuli (comprendente la Carnia, l’alto Friuli, le zone pedemontana e orientale) fu occupata da una formazione collaborazionista dei tedeschi composta da militari cosacchi e caucasici. Tali reparti giunsero accompagnati dai propri civili, veri e propri profughi che li seguivano con cariaggi e con tutto quanto avevano potuto portare nella lunga ritirata che li aveva condotti dalla Russia meridionale all’Italia attraverso l’Ucraina la Bielorussia e la Polonia.
L’occupazione cosacco-caucasica terminò nei primi giorni del maggio 1945, quando il contingente militare seguito dalla propria popolazione intraprese una dura ritirata verso i centri di Lienz e Oberdrauburg.
Qui oltre 23.000 uomini si arresero agli Alleati che li consegnarono ai russi. La gran parte degli ufficiali morirono nei gulag e tutti i leader del movimento collaborazionista furono giustiziati.
Enzo Caputo – Rosalia Ricciardi