In un momento di strazio collettivo, mentre il mondo guarda – o finge di non vedere – la tragedia umanitaria che si consuma nella Striscia di Gaza, un teatro antico, simbolo della cultura e della civiltà mediterranea, è diventato scenario di una scelta coraggiosa.
L’INDA, la prestigiosa Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico, ha negato la lettura di un comunicato di solidarietà verso il popolo palestinese, giudicandola “estranea ai fini statutari”. Ma la compagnia teatrale ha scelto di non tacere.
Al termine dello spettacolo, con il pathos ancora sospeso tra le gradinate millenarie del Teatro Greco di Siracusa, gli attori hanno letto il testo di denuncia che era stato vietato all’inizio della rappresentazione: un grido d’aiuto, un richiamo alla coscienza collettiva, una presa di posizione forte che ha rotto il velo dell’indifferenza istituzionale.
“I vincitori si salveranno solo se rispetteranno i Templi e gli Dei dei vinti”, scriveva Eschilo. E lo ricorda con forza Fabio Granata, già assessore alla cultura della Regione Sicilia, che ha denunciato pubblicamente la scelta dell’INDA:
“Di fronte al genocidio del popolo palestinese, al massacro sistematico di donne e bambini, trovo grave e paradossale che non sia stata autorizzata la semplice lettura di un comunicato. La cultura ha un ruolo centrale e insostituibile nella difesa dei diritti umani.”
La cultura che tace tradisce se stessa
L’INDA si è giustificata sostenendo che “le rivendicazioni esulano dai compiti istituzionali della Fondazione”, eppure – come ricorda il comunicato delle associazioni promotrici – in passato ha ospitato eventi a sostegno di altri popoli e cause, come la Giornata del Rifugiato, l’iniziativa per il popolo ucraino, e persino campagne legate alla salute pubblica e alla disabilità.
Dov’è il discrimine?
Chi decide quale dolore sia degno di essere accolto sul palcoscenico della tragedia classica e quale debba restare fuori dai Templi della cultura?
“Lo spettacolo teatrale non è mai stato avulso dalla storia,” si legge nel comunicato. “La riflessione sui drammi dell’ieri è sempre stata vissuta come interrogativo sul nostro presente.”
E ieri, in scena, l’etica ha parlato più forte dei regolamenti. I versi di Refaat Al Areer, poeta palestinese ucciso da un missile nella sua casa a Gaza, hanno attraversato lo spazio e il tempo per farsi memoria viva nel silenzio del teatro:
“Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare la mia storia…
fa che porti speranza,
fa che sia un racconto.”
Una tragedia contemporanea che non si può ignorare
Il Comitato “Palestina: Due Popoli, Due Stati”, insieme all’associazione Ad Gentes, aveva inviato una richiesta ufficiale – via PEC – per la lettura del comunicato. Richiesta respinta. Ma a Gaza, oggi, si muore ogni giorno, non solo sotto le bombe, ma anche di fame, di sete, di silenzio. Oltre 50.000 vittime, tra cui almeno 20.000 bambini, secondo le stime delle ONG indipendenti. Una strage che, come ha ricordato Papa Francesco, è “ignobile”. E che rende ogni rifiuto alla testimonianza, una complicità.
“Abbiamo compassione per gli israeliani che muoiono, per gli ostaggi nelle mani di Hamas, ma a Gaza si consuma in queste ore l’inenarrabile.”
La compagnia ha così deciso di interrompere l’applauso e aprire uno squarcio di verità, restituendo dignità alla funzione civile e politica del teatro. Come Antigone, che disobbedisce per seppellire il fratello. Come Edipo, che si acceca per non vedere oltre il proprio peccato.
“Raccontiamo, denunciamo, resistiamo”
Quello andato in scena ieri non è stato solo un atto teatrale. È stato un atto di resistenza civile, un esercizio di umanità, una lezione su cosa significhi davvero “custodire la Memoria” di cui l’INDA si dichiara depositaria.
La Cultura non può essere neutrale. Non può rinunciare al suo ruolo di voce dei senza voce, di specchio dei tempi, di luogo dove i morti tornano a parlare.
Come scriveva Edward Said, “la scrittura è l’ultima resistenza contro le ingiustizie che sfigurano la storia dell’umanità”.
A Siracusa, ieri sera, la scrittura è tornata parola. E la parola, carne. Umana. Dolente. Vera.