ARTE – Al Castello Gallego di Sant’Agata Militello in mostra i dipinti di Giovanna Cecere
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ARTE – Al Castello Gallego di Sant’Agata Militello in mostra i dipinti di Giovanna Cecere

Nel castello Gallego di Sant’Agata Militello, la “Fondazione Mancuso” presieduta dall’avvocato Salvatore Mancuso, ha voluto ricordare con una mostra visitabile fino al 16 settembre, la splendida figura di artista e di donna di Giovanna Cecere.

Presenti all’evento Giovanni Bonanno, eminente studioso e critico d’arte e Donatella Marcazzo’, architetto, che avevano curato nel medesimo luogo, l’ultima antologica della Cecere, nel dicembre del 2008, qualche mese prima della scomparsa della nota artista, avvenuta nel novembre del 2009.
 Dopo i saluti del sindaco Bruno Mancuso è stata la volta degli interventi del presidente Salvatore Mancuso, della figlia dell’artista Anna Maria Tata, di Giovanni Bonanno e dell’assessore alla Cultura del comune di Sant’Agata Salvatore Sanna.
La splendida figura di pittrice e di Donna, è riuscita a trasportare nelle sue tele, con estrema facilità quella sensibilità d’animo che l”ha sempre contraddistinta, in un binomio di forza e purezza, pienamente assorbita dai suoi personaggi. In “Desideri”, una delle sue ultime opere, la donna manifesta una preziosa sensualità mostrando il seno nudo, le labbra carnose, mista alla purezza e all’eleganza data dal voler portare un cappello.
“Non sono accademici i suoi nudi, ma ritratti di carne e ossa palpitanti di sensi, sentimenti e dubbi – ha affermato Giovanni Bonanno. Pulsano i corpi con diafania di bianchi: evocano desideri d’amore. Ma la loro sensualità è contenuta in monologhi di intimità e in pudici dialoghi”.
Chi ha seguito la carriera artistica di Giovanna Cecere, non può non notare la differenza tra le sue prime tele e i suoi dipinti più recenti. La pittrice inizialmente si lascia influenzare da eventi negativi che penetrano il suo stato d’animo ed è proprio in questo periodo che nascono “Donna di Sarajevo” “Maschere, livide nella struttura spettrale”, il Cristo al Calvario”, che impersona la sofferenza di un mondo. Nel 1997 avviene un primo cambiamento. Una sferzata di energia, un rifugiarsi nelle pennellate del grande Guttuso, che però, ben presto tralascerà preferendo la surrealità delle nature morte, memori di Magritte e Dalì, con fluidità dentro icone di tronchi, fiori, e foglie vaganti su superfici immaginarie. E infine queste sue nuove creazioni, pulsanti di vita, voluttuose pronte ad acciuffare ogni alito di tempo.
La vita era lì e non poteva essere offesa; si può essere selvaggi in un mare di fuoco o giocare d’azzardo alle carte, guardare il mare o uscire a comprare delle borse, l’importante è vivere. E come in una danza carioca i colori si pongono in perfette policromie nella loro calda ed intensa attività di catturare questa vita. Una vita che nasconde l’immenso, il maestoso…l’infinito.
Letizia Passarello
13 Settembre 2023

Autore:

redazione


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