Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano
Oggi la nostra libera collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone un primo focus sullo stimato ballerino, coreografo e maestro di danza. È possibile visionare il profilo Instagram di Alberto Montesso cliccando su https://instagram.com/albertomontesso?igshid=MzRlODBiNWFlZA==
Buongiorno Alberto e piacere! Lei è un ballerino e un maestro di danza molto noto e stimato, dunque le chiedo subito qual è stato il motore interiore della sua dedizione a questa sua grande passione. “Buongiorno Giulia, piacere e grazie per aver scelto di fare questa intervista con me. La mia suddetta passione nasce quando avevo sei anni d’età perché i miei genitori amavano i balli standard, il ballo liscio, e in un certo qual modo mi hanno trasmesso il loro piacere per il ballo appunto. Io però non ero molto attratto dal ballo da sala e, invece, quando sono entrato nella sala di danza mi sono totalmente innamorato e da lì ho cominciato a danzare e praticamente non ho più smesso. Una volta quattordicenne ho superato l’esame per entrare nell’Accademia Nazionale di Danza a Roma e ho continuato con un percorso più professionale rispetto ai miei esordi fanciulleschi e ho poi intrapreso la carriera”.
Da piccolo a cosa, forse, immaginava di dedicarsi una volta divenuto adulto e che bambino è stato? “Ho ora piacere di raccontarti un aneddoto, in quanto è parecchio divertente. Mia mamma lavorava per l’Ufficio Postale e molto spesso era coinvolta negli annulli filatelici speciali – la Posta stampava, cioè, dei francobolli per alcuni eventi particolari. Io – essendo di Civitavecchia – ogni anno vedevo in porto l’Amerigo Vespucci, mentre mia mamma era sempre chiamata sul veliero della Marina Militare per timbrare e promuovere gli speciali francobolli appunto appositamente stampati per l’occasione… capitava quindi che talvolta andassi con lei, ché ero innamoratissimo di questa stupenda mega nave su cui mi piaceva proprio stare a bordo. A volte vi facevano persino le esercitazioni sopra e ne rimanevo immancabilmente affascinato, tant’è che mia mamma era un po’ confusa poiché non capiva bene se il mio sogno fosse la Danza o la Marina Militare. In terza media quindi mi chiese: “Che cosa vuoi fare? Perché, se per te la danza è fondamentale, cerchiamo di intraprendere un percorso un po’ più professionale – altrimenti, se il tuo desiderio è quello di entrare a far parte della squadra dell’Amerigo Vespucci, valuta l’Accademia Navale di Livorno”. Verso la fine dell’anno scolastico, le dissi pertanto che avrei fatto la registrazione per l’esame sia per l’Accademia di Danza che per quella della Marina Militare di Livorno e che <<secondo quello che succede vado, vorrà dire che tale è il mio destino. E se metti caso che faccio un primo esame e lo supero, neanche lo affronto quello dall’altra parte in maniera che non ho alcun dubbio di scelta>>. L’Accademia di Danza è stata la prima a rispondermi e il primo esame che ho dato è andato bene, dunque ho continuato con la danza…”.
Se dovesse metaforicamente descrivere la sua vita finora, quale colore e quale brano assocerebbe rispettivamente a ciascuno dei periodi più significativi che ha attraversato in passato e a quello attuale? “Onestamente ammetto di essere stato un bambino, poi un ragazzo e a tutt’oggi d’essere un uomo molto fortunato ….anche se la vita mi ha comunque, molto spesso, messo davanti a prove non semplicissime da superare. Debbo tuttavia dire che, però, mi ha dato pure molto. Se fossi costretto a dover scegliere solamente un colore, sarei ingrato se ne nominassi appunto solo uno perché penso che limiterebbe quella che è stata ed è la mia fortuna e la mia esperienza. Io mi ritrovo infatti in colori intensi, vivaci e completamente diversi fra di loro. Adesso parlando con te, Giulia, mi viene in mente di dirti il rosso piuttosto che l’arancione e il blu elettrico piuttosto che il verde. Certo a volte ci sono state delle sfumature grigie, nere, molto nere perché ho perso mio papà quando avevo quindici anni e non è stato un momento semplice ma, poi, non posso altresì ignorare e non esplicitare il fatto di essere completamente soddisfatto della mia vita”.
Nella formazione e nello sviluppo della sua personalità e a livello professionale, quanto e in che modo hanno inciso l’ambiente geografico e sociale (compreso quello famigliare) e l’epoca in cui vive? “Non voglio sembrare vecchio, ma devo dire che quando andavo a scuola io non c’era né tutta né la medesima informazione che c’è adesso. Ai miei tempi c’erano molti più pregiudizi rispetto a quelli che ci sono oggi e c’erano pure atteggiamenti di bullismo. Io sono dell’81 e ho iniziato a fare danza quando avevo sei anni d’età, dunque dall’87 fino al ’95 – ossia negli anni in cui ho frequentato le elementari e le medie a Civitavecchia – un bambino e dopo un adolescente che faceva danza non era visto proprio come normale, nel senso che tutti si chiedevano per quale motivo danzassi quando i miei compagni praticavano invece karate, jujitsu che andava tanto di moda all’epoca e si recavano a scuola calcio… non è pertanto stato facile discostarmi dalla maggioranza dei miei coetanei e ciò anche perché sono sempre stato una persona molto determinata e molto precisa su quello che volevo intraprendere e quindi assai sovente, al posto di trascorrere i pomeriggi con i miei amici, ero rinchiuso in una scuola di danza per le prove di un possibile spettacolo o chissà che. Credo che oggigiorno si siano rotti gli stereotipi e che, di conseguenza, i ragazzi che vogliono studiare quest’arte che amo siano un po’ più liberi di farlo senza avere gli occhi di tutti puntati addosso – e, in un certo qual modo, tale differenza tra ieri e oggi l’ho proprio vista crescendo e adesso confrontandomi con i miei allievi. Ad esempio, ora ci sono molti più maschi che fanno danza rispetto a una volta”.
In che cosa identifica la bellezza e che cosa rappresenta per lei l’arte, nonché quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? “Io sono dell’idea che l’essere umano non possa sopravvivere senza arte, che è un insegnamento del passato e una proiezione verso il futuro. Non voglio fare discorsi troppo intensi però da un punto di vista musicale, di pittura, di scultura, di architettura se non rivolgessimo l’occhio al passato – così da capire come hanno fatto i nostri predecessori a comporre e a suonare, a dipingere, a scolpire, a costruire determinate cose – non saremmo proprio in grado di comprendere il contesto storico in cui siamo inseriti attualmente e soprattutto non potremmo nemmeno iniziare ad edificare le fondamenta per l’avvenire di chi verrà dopo di noi. Faccio un esempio stupidissimo, ovvero io adesso ti sto rispondendo alle domande d’intervista tramite un messaggio vocale di WhatsApp… ma se non ci fosse stato il famoso gettone degli Anni ’80/’90, ora non sarei mai arrivato a mandarti una registrazione audio sul cellulare. Sono quindi dell’avviso che sia tutto un evolversi della specie e che, dunque, almeno un minimo sia necessario interessarsi all’atre”.
Quanto è importante, nella carriera di un ballerino, la fisicità e l’immagine nella sua accezione più ampia e omnicomprensiva possibile? E quali sono le imprescindibilità che, a suo avviso, non possono mancare in chi danza? “Credo che la fisicità, la bellezza, le doti naturali che possono essere la flessibilità piuttosto che il senso del giro, piuttosto ancora che un bellissimo salto siano ingredienti molto importanti per chi vuole fare il ballerino… però veramente sono del parere che, senza il cervello e senza l’intelligenza di studiare nel modo giusto la tecnica della danza, non si vada da alcuna parte. Mi è difatti capitato anche di vedere molti ragazzi con un talento strepitoso, però senza cervello e quindi tutto riusciva loro facilissimo quanto parimenti non sapevano esattamente cosa stessero facendo – e conseguentemente lo spettatore che li guardava non vedeva alcunché di reale, in quanto non gli veniva trasmesso un sentimento vissuto ma solo qualcosa fatto per natura. Sono pertanto del parere che il messaggio non arrivi diretto e conciso se si è frivoli e superficiali, mentre invece lo si riesca a trasmettere in maniera molto comprensibile e leggibile sebbene magari si sia un po’ meno dotati, ma si è persone che ragionano e che sanno quello che si sta facendo …nonché se si usa il corpo intelligentemente!”.