Nel corso della presentazione del film “Mirafiori Lunapark”, il presidente della cooperativa Birrificio Messina, Domenico Sorrenti, ha raccontato l’esperienza degli operai dell’ex Birra Messina e Triscele, spiegando i motivi del ritardo che ha fatto slittare di alcuni mesi l’apertura dello stabilimento prevista a Settembre: “E’ tutta colpa della burocrazia bancaria. Siamo grati ai messinesi per la solidarietà dimostrata. Adesso ci hanno garantito che le macchine saranno pronte a Dicembre. Festeggeremo l’apertura assieme a tutta la città”.
Quasi cento anni di storia non possono essere cancellati, ed il coraggio e la caparbietà di quindici operai meritano il giusto premio dopo anni di sacrifici accompagnati da delusioni, ma anche da sogni e progetti.

Correva l’anno 1923, quando la famiglia Faranda – Lo Presti fondò lo stabilimento della Birra Messina, inizialmente Trinacria, nell’attuale via U. Bonino, a Messina, dove per oltre sessant’anni, la “bionda” costituì un prodotto – simbolo della città e della Sicilia, piazzato sui mercati e sulle tavole siciliane e non solo. Nel 1988 la svolta: lo stabilimento passa alla Dreher, poi assorbita dal colosso Heineken. Poco tempo e la produzione si trasforma così in semplice imbottigliamento. Dopodiché la multinazionale olandese abbandona Messina per altre sedi più appetibili e nel 2007 la fabbrica ritorna in mano ai Faranda.
Ma Messina non ha neppure il tempo di affezionarsi alla Birra Triscele che in via Bonino iniziano i problemi: operai con contratti di solidarietà e riduzione di salario, cassa integrazione, mobilità, licenziamenti, sit-in davanti ai cancelli, appelli, petizioni. Nulla da fare: nel 2011 chiude lo storico stabilimento. Sullo sfondo, la variazione di destinazione d’uso della struttura, mentre all’orizzonte si affaccia una colossale speculazione edilizia assieme alle aspettative tradite di delocalizzazione della fabbrica. Insomma, un’odissea per quei lavoratori, chiamati, tutto ad un tratto, a guardarsi intorno e gettare il cuore oltre l’ostacolo. In quindici, così, si “rimboccano le maniche” e costituiscono una cooperativa. Ad Agosto del 2013 nasce così la nuova, ultima sfida: Birrificio Messina. Presidente, Domenico Sorrenti. Egli, assieme ai suoi coraggiosi ed intraprendenti colleghi, “sacrifica” indennità di mobilità più tfr, in cambio della speranza più bella: far rinascere in riva allo Stretto la produzione di birra, così come avvenne novantadue anni or sono. 750.000 euro – somma totale delle loro spettanze, interamente versate nella società – possono accendere questo sogno. Ma non bastano certamente, da soli, a realizzare una nuova azienda destinata a partire da zero su quasi tutti i fronti, tranne uno: un Know how d’eccellenza, quel “saper come fare” con dedizione e professionalità che solo loro possono mettere in campo. La città è a fianco di quei coraggiosi lavoratori: sottoscrizioni, introiti di piccoli eventi organizzati ad hoc, sono solo una carezza che quantomeno regala loro coraggio e ottimismo. Un IBAN, riportato sul sito del birrificio, è sempre disponibile per chi volesse contribuire al progetto per questa nuova birra tutta messinese. Anche la politica scende in campo, tra aiuti concreti e qualche inevitabile “passerella”.
La cooperativa prende in affitto due capannoni nell’ASI di Larderia: uno per la produzione, l’altro per lo stoccaggio. Li ristruttura a proprie spese. Ci trova finanche eternit da smaltire: uno “scherzo” che costerà tempo – sessanta giorni solo per avere i nulla osta – e denaro, soprattutto.
Birrificio Messina è ormai un esempio di “ripresa” industriale, un fiore all’occhiello messinese. Per questo, il movimento Cambiamo Messina dal basso, da sempre vicino alla nuova cooperativa, nell’organizzare la “prima” messinese di “Mirafiori Lunapark”, film di Stefano Di Polito, nelle sale dallo scorso 27 Agosto, ha invitato a testimoniare proprio Sorrenti e i suoi colleghi.
Nel film, ambientato nello scenario torinese di un’industria tristemente dismessa ed abbandonata, ma forte della grande anima del passato, tre anziani operai, impersonati da Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli, vissuti nella catena di montaggio, si tuffano, con nostalgia e sentimento, nel triste mondo di un’archeologia industriale, sprofondata nell’incuria e nell’abbandono, contesa con vecchi dirigenti aziendali amanti del golf. I tre amici “occupano” quell’area e vi realizzano prima un orto sociale, poi un sobrio e dignitoso luna park, con l’intento e la speranza di rendere un bene comune al quartiere e mantenere unite le loro famiglie con l’amore per figli e nipoti. In quel luogo si intrecciano ricordi e nostalgie, sentimenti e passioni.
A Torino, la metafora intesa dal regista, figlio di operai Fiat, nella sua sceneggiatura, rappresenta un triste corollario post industriale con una società che non ritrova più se stessa, con le nuove generazioni tendenti a fuggire da quel luogo.
Ma a Messina, davanti allo schermo della sala Visconti, di contro, a fronte di notevoli sforzi, al futuro c’è chi ci crede. Domenico Sorrenti, intanto, inizia col fare legittimamente i conti in tasca a chi ha “tradito” il futuro dell’azienda della birra messinese: “Al posto di quello stabilimento verranno realizzati trecentocinquanta appartamenti più un centro commerciale.
I vecchi proprietari, i Faranda, lo hanno riacquistato per poco più di quattro milioni di euro, mentre adesso ne vale sessanta”. Sorrenti accenna dunque al background della storica birra messinese e poi via alla “favola” del Birrificio: “Abbiamo fatto tutto a spese nostre, compresa la ristrutturazione dei capannoni. Nessuno ci ha dato niente.
Abbiamo trovato comunque molta solidarietà nei messinesi. Siamo in ritardo di alcuni mesi, ma non per colpa nostra, bensì della burocrazia bancaria”. Dopodiché, sperando che sia la volta buona, azzarda la prossima ipotesi di apertura del nuovo stabilimento: “Ci hanno garantito che le macchine saranno pronte a Dicembre, per cui, contiamo di partire per quel periodo”.
E scende nei dettagli del prodotto: “E’ nostra intenzione fare una birra di ottima qualità, con bassa fermentazione di ventuno giorni, dopodiché si procederà all’imbottigliamento”.
Ci saranno tre etichette, ecco nomi e significati: “La prima sarà Birra dello Stretto, col simbolo della Madonnina del porto e lo sfondo dello Stretto, dedicata ai messinesi; poi avremo Doc 15 e Cruda 15, dedicate a noi, che siamo appunto quindici, in riferimento anche alla realizzazione dello stabilimento, avvenuta nel 1915, e dell’apertura che avverrà nel 2015…”
A scanso di equivoci, tiene inoltre a chiarire alcune circostanze: “Risulta che siano già uscite birre con questo nome, spacciate come nostra produzione. Queste birre non sono nostre. Quando apriremo lo stabilimento – annuncia Sorrenti col sorriso – i messinesi saranno informati per primi. Faremo una gran festa a base di birra e salsiccia ed inviteremo tutta la città”.
Questo il suo auspicio finale: “L’importante è partire, sperando sempre che i messinesi continuino a darci coraggio. Il nostro intento è dare anche speranze ai giovani di Messina, affinché non lascino la propria città. Abbiamo scommesso anche per loro. Procedendo con la nostra attività, magari riusciremo in seguito ad aumentare la produzione così da poter assumere giovani promettenti che intendono restare a Messina”.
Corrado Speziale
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