Una vita ad accompagnare ragazzi, rifare fiocchi, cucinare le cose buone della “refezione”…
Una vita fatta di lavoro, a scuola, le elementari di piazza Roma, e prima anche negli uffici del comune, che allora erano in due appartamenti lungo la via Libertà, e poi a casa, a badar a Michele ed ancora a tirar sù, Pina, Sarina Silvana e Nino il più grande dei quattro figli.
Un grembiule davanti, il sorriso buono, le mani nei capelli e gli occhi dove ci si poteva perdere.. ma erano le sue braccia che accoglievano i pianti dei più piccoli, che confortavano per un’andata dietro la lavagna, per la pipì fatta fuori dalla “turca” e che aveva bagnato gonne o calzoni corti.
Donna Carmela, pochi al tempo ricordavano che andava di cognome Cardaci, sposata con “’u Rizzo” – che era pescatore – viveva nei “bassi” che si affacciavano sul grande cortile delle case popolari.
Un “basso” odoroso di cose buone, di bucati stesi ai fili, ma anche di mangiare, di salsa e acciughe fritte.
Lei era anche la cuoca, quella che da sola tirava avanti tutta la refezione della scuola.
Allora ci andavano i più poveri, chi aveva i genitori che lavoravano nei magazzini, o la madre a far i doveri di casa dai signori mentre il padre era in Francia o Germania a lavorare.
Lei cucinava, per tutti, sorrideva e imbottiva anche i panini, quelli bianchi di Gaglio, con la nutella, anzi la supercrema.
Donna Carmela, rimane la Bidella.
Anche se poi c’erano con lei donna Basilia – spesso destinata all’asilo – Aloi, menomato di San Giorgio, segalino ma ridanciano, Carmelo Pintaboba, che andava sempre di fretta a portare la posta e Donna Santina con la sua mantellina perennemente sulle spalle.
Ma è lei – Carmela – che nell’immaginario collettivo rimane la più bella.
La incontravi già entrando nella scuola, appena varcata la soglia del grande portone.
Viveva nello sgabuzzino, faceva il caffè ai ”professori” e poi cucinava.
Per pulire aveva un pomeriggio, quando non c’era il rientro, o quando il maestro Mosca finiva con la sua scuola di musica.
Oggi vengono chiamati collaboratori scolastici .. ma lei no.
Era donna Carmela.
Anche la scuola, le sue istituzioni le riconoscevano e la investivano dal nominalismo, senza levar nulla a nessuno, e che lascia immutato il mondo e le cose, ma modificava i significati, i segni, i termini.
Una bidella al femminile, antesignana delle donne lavoratrici, lavorava sempre e da piccola, lei, era già lì.
Stipendi miseri, ma che servivano.
1.500 lire al mese che poi diventarono tremila.
Nel 1956 diventa avventizia, nel 74 finalmente passa di ruolo, sino alla pensione
Stava dentro una scuola, ma al tempo non tutti, da piccoli ci andavano.
E lei amava leggere e imparare, così fece la scuola serale.
Una bidella scolara… che bella donna Carmela, che già allora saliva le scale dolorante, per le sue gambe che a volte la tradivano….ma c’era sempre qualche cosa da fare o la maestra Letizia, la fiduciaria, che chiamava.
Lei comanda, la Bidella osserva – liberata più di ogni altra figura scolastica da funzioni coercitive, – aveva penetrazione di sguardo e disponibilità d’animo.
Scrutava e capiva ciò che passava “nell’anima” di un istituto, per quello di un supplente, per le paure di una maestra e donna Carmela, diventava così la depositaria degli affetti e della fiducia di tutti.
Ed era più attendibile, con la sua memoria storica, di un registro sgualcito.
Era atipica.
Molti bidelli vanno incontro a chi entra con l’atteggiamento di Cerbero:”Lei chi è? dove va? chi cerca?”
Lei era il “San Pietro” della scuola.. anzi Santa Rita in quanto ogni tanto, per voto, vestiva come la santa.
Rivelatore dell’identità collettiva di una scuola.
Complice anche degli insegnanti ritardatari, – un figlio da accompagnare, la ricetta da ritirare, la bolletta da pagare.
Dal suo posto di osservazione donna Carmela aveva il completo controllo dello spazio e del tempo e faceva zittire, battendo la sua mano, a volte gonfia per essere stata troppo a mollo, sull’anta della porta, la classe.
Giusto il tempo per far rientrare il maestro da un permesso “rubato”.
Troppo piccoli, gli scolari, per apprezzarla in pieno – allora-.
Una mamma per tanti.
Poi nel tempo le grandi rivalutazioni, che diventano rispettosi saluti, abbracci teneri, avvolgenti, e per altri anche confidenze complici.
Ho visto Carmela Cardaci, consolare poi sedicenni in lacrime – che aveva visto crescere – per disfatte scolastiche o amorose e diventare protagonista delle incursioni nostalgiche di ragazzi, poi più grandi, che non potevano fare a meno di passare a salutarla.
Poi è andata via… – lei era del ’27, ironia della sorte, per una che ha sempre lavorato, di primo maggio.
Dietro il feretro occhi lucidi, qualche vecchia cartella con le foto rispolverate per ricordare quei tempi, e la classe in posa sulla scalinata.
E lei rimarrà sempre – per tutti – donna Carmela
MSM
Recentemente il poeta brolese Vittorio Ballato ha dedicato a “Carmela” una sua poesia.
Eccola
A DONNA CARMELA
Un pirsunaggiu dû puisi ‘i Brolu,
fu Donna Carmela,ditta “a bidella”.
Pi carusi àvia paroli di cunzolu:
li ‘ccarizzava,ci purtava ‘a cartella.
Sbattiu ‘nta scola pi quarant’anni
facennu di gran lussu ‘u so duviri,
sempri primurusa,mai senz’affanni,
facia chiddu ch’era ‘n so putiri.
Ogni pirsuna era ‘ffizziunata
pi la so missioni nnustriusa,
dû maritu Micheli rispittata,
matri esemplari,saggia, riguardusa.
Cari parenti,cu tantu duluri
sugnu sicuru Vi tocca campari.
Puru l’amici,giuru sull’onuri ,
nun sacciu comu la ponnu scurdari!
Vittorio Ballato
(Versi inediti,diritti riservati).
Per leggere altre note sui personaggi di Brolo basta digitare su google: “scomunicando brolesi” sul motore interno del giornale semplicemente “brolesi”.