Via Vetriera è costellata nel primo tratto da case che rischiano di diventare ruderi. Prima dei bombardamenti del 1943 erano palazzi nobiliari abitati da professori e commercianti che condividevano il quartiere con il popolino: pescatori, muratori, falegnami, operai che vivevano nei “bassi”. All’imbocco di via Vetriera, le porte e le finestre degli edifici sono murate ma fino ai primi anni del nuovo secolo dietro quei mattoni, a ogni ora del giorno e della notte, si potevano ascoltare le sciarre di Salvatore e di sua moglie Ciccina, le grida di un neonato che si mescolavano alla voce del neomelodico catanese Gianni Celeste. La casa del giudice Borsellino è di fronte a un ristorante in fondo alla strada al civico 57.
C’è un cartello giallo con scritto “Qui dove è nato Paolo Borsellino i cittadini palermitani iniziano il risanamento del centro storico”.In fondo una data stampata in nero: 19 luglio 1993. In questo posto il 19 gennaio del 1940 è nato il giudice. Due anni dopo sarebbe arrivato il fratello e tre anni più tardi dalla nascita di Salvatore, il 2 giugno 1945, la sorella Rita che Paolo amava chiamare “Repubblichina”, vista la coincidenza con la festa nazionale.Qui c’era la farmacia che papà Diego aveva ereditato dal padre Paolo, un agrigentino dai folti baffi all’insù che aveva avviato l’attività alla fine dell’Ottocento. Oggi Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo, l’ha ricomprata e data ai ragazzi del quartiere. (da https://www.ilfattoquotidiano.it/)
  In un ripercorrere la vita di questo Giudice non può mancare citare il suo ultimo discorso

 A Casa Professa, sede della biblioteca comunale,

Paolo Borsellino tenne qui il suo ultimo discorso pubblico, il 25 giugno del 1992.

Quella sera, quando arriva a casa, è stanco. È già ora di cena. Prima di sedersi a tavola si toglie la giacca e la camicia; indossa un paio di pantaloni corti e una maglietta. Appena si siede ecco lo squillo del telefono. Dall’altra parte della cornetta c’è Alfredo Galasso, avvocato, professore. Lo chiama per ricordargli l’impegno preso alla biblioteca comunale. Borsellino non ha proprio voglia di rimettere giacca e cravatta.

Prova a resistere all’invito a partecipare al dibattito organizzato dalla rivista “Micromega”, ma alla fine si scusa con la famiglia, si alza da tavola, si riveste ed esce.

Quando arriva alla biblioteca il dibattito è già iniziato. Al tavolo sono seduti il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, Alfredo Galasso e Nando dalla Chiesa, sociologo e fondatore con Orlando del movimento politico La Rete.

Attorno poliziotti, carabinieri, uomini delle scorte. E tanta tanta gente arrivata per stringersi attorno al magistrato, per abbracciarlo. Non c’è un solo posto a sedere libero. Le persone sono sedute a terra in ogni angolo. Lo accoglie un applauso che dura alcuni minuti.

Paolo indossa una camicia bianca, un completo grigio con una cravatta blu. Sotto gli occhi non ha alcun foglio. Non sta fermo con le mani, gira e rigira tra le dita l’accendino e il pacchetto di sigarette. Non guarda quasi mai gli altri relatori ma ha lo sguardo fisso rivolto al pubblico, quasi volesse confidare un’ultima verità.

Paolo-Borsellino-2

Durante il suo intervento Borsellino viene interrotto due volte da lunghi appalusi e dopo circa dieci minuti accende una sigaretta. La moglie Agnese segue da casa il discorso del marito su un’emittente locale. Resta sconvolta, è convinta che quelle parole gli si ritorceranno contro.

Da quel 25 giugno Casa Professa è diventata un “luogo sacro” e l’atrio dove si è tenuto l’ultimo dibattito di Borsellino è intitolato proprio a lui. (da https://www.ilfattoquotidiano.it/)