Brolo, sempre più ostaggio della droghe e del gioco d’azzardo. Ora anche a dodici anni si diventa pusher in un paese “tagliato male”.
Ho udito la chiave
Girare nella porta una volta
E girare una volta soltanto
Noi pensiamo alla chiave,
ognuno nella sua prigione pensando alla chiave
ognuno conferma una prigione.
( T.S. Eliot, La terra desolata )
Nell’aria, da tempo, quasi a diventar leggenda metropolitana, si parla di una mega retata, di indagini, di controlli, pedinamenti, intercettazioni, decine di avvisi di garanzia.
E ben vengano, ma che si faccia presto. Che si faccia bene e non si becchino solo i “ragazzini”. Il paese è sull’orlo del baratro.
Si percepisce nell’aria, anche se in maniera tangibile, ad un occhio poco attento, ben poco emerge, o si vede.
Solo un giro strano di motorini, auto che posteggiano e vanno via rapidamente, incontri veloci, a volte inspiegabili. Ma alla fine nessun assembramento, nessuna presenza ingombrante ed il sabato pomeriggio è la giornata ideale per gli scambi.
A Brolo si spaccia in silenzio, non sempre sottotraccia, eppure l’età media di assuntori e spacciatori si è abbassata in maniera preoccupante.
Non è un caso che già a dodici anni c’è chi assume e spaccia, quasi nel Dna familiare.
Sembra una generazione venuta su a droga e biberon, senza il necessario alibi di salette accoglienti o della villa troppa buia. Un disagio mal gestito, sottostimato, mai affrontato. Dal quello sociale a quello familiare.
Finite le presenze di chi aveva in mano il giro pesante dell’erba e dell’hashish, a Brolo, la droga, i panetti, ed anche la cocaina arriva da fuori, poi si dirama all’intero territorio nebroideo e questa “piazza” rappresenta un nodo centrale per le organizzazioni criminali dedite al traffico e spaccio di stupefacenti. Una zona tranquilla, o almeno relativamente tale, buona per le consegne che poi vanno smistate a Capo d’Orlando, Sant’Agata, nella vicina Patti. Finiti, pare i tempi che bisognava arrivare a Tortorici, anche se qui dicono costi meno.
Già Milazzo e Barcellona sono altre zone.
In questo circuito la droga coesiste sia con la malavita autoctona che con quella organizzata, di spessore, ma sopratutto convive con la rete dei pusher, spacciatori di necessità, che forniscono, a fine giornata, con il loro lavoro denaro contante che serve anche ad altri scopi… agli avvocati di chi sta in carcere, alle famiglie di questi, o per altri acquisti.
In molti casi, si vocifera, si creano vere e proprie alleanze.
E non serve solo fermarli, i consumatori-spacciatori nel bui luoghi di Malpertuso, nello slargo dell’Ancora, ma bisogna puntare in alto. Recidere radici e non rami.
Ma le droghe leggere, quelle che – anche questa una leggenda metropolitana – non fanno male, sono la porta d’accesso per la cocaina che arriva continuamente e in quantità crescenti direttamente dalla città. Questa non si spaccia per strada. Ha altri circuiti, imbianca i colletti e le mani dei professionisti e a differenza dell’erba non è sempre possibile intercettare la “rete” di questa “polvere bianca” che brucia sinapsi e mucose.
Altro livello di consumo ma sui nebrodi arrivano, per i beni informati, anche altre droghe come il khat, sopratutto in estate, per via di”contaminazioni”estive. Questa droga proveniente dal Corno d’Africa prima trova le sue porte d’accesso per l’Europa verso paesi come la Gran Bretagna dove non è considerata illegale. Dopodiche riparte per essere spacciata e venduta dopo Roma e Milano ed anche nell’Isola ed è ora ben gradita sui nebrodi.
E tornado a Brolo, qui gli spacciatori non hanno “colore”, ne provengono da altre etnie, sono i locali che stazionano nei soliti luoghi, al solito posto, che fanno ormai parte dell’arredamento urbano.
Questi si suddividono lo stesso territorio di spaccio ormai pronti anche a provare e far provare le “smart drugs”, ed usano sopratutto Whatsapp.
A Brolo c’è gente che ci vive e convive con lo spaccio, -al punto che sembra quasi normale.
Tirano a campare alla giornata, non diventano ricchi… ma spacciano perchè ne ha bisogno per acquistare altro sballo o reinvestire i guadagni nel gioco delle macchinette, sperando in una vincita risolutiva. Ingranaggi di meccanismi perversi di dipendenza.
Non è un fenomeno da poco ed è un problema che riguarda tutti, nessuno escluso.
Perchè anche se vengono elaborate delle strategie di contrasto dobbiamo capire che lo spaccio non è solo un problema di ordine pubblico/sicurezza pubblica ma va affrontato come problema sociale. E il giovane non sempre ha la forza di dire no. L’attività più importante è quella di prevenzione.
E non bisogna scandalizzarsi, o metter la testa dentro la sabbia, ma ammettere che ognuno gioca la sua parte in un paese dove si conoscono tutti. Ognuno ha un suo ruolo, dalla scuola all’oratorio, dal comune al cittadino, dal pendolare al compagno di scuola, senza scaldarsi troppo, ma accogliendolo come uno pegno da pagare, se una perquisizione dentro uno zaino capita al vicino di casa o a un nostro congiunto.
Incontrarsi, parlare, comprendere, spiegare.
La comprensione di cos’è la droga e la correzione delle informazioni false proposte e fatte circolare dal marketing e dalla sottocultura della droga, è la base di tutto.
E tutti si dovrebbero impegnare per questo… prima che la cronaca con i suoi titoli faccia affiorare la pruderie curiose del leggere l’elenco dei fermati, dei segnalati, degli arrestati, senza chiedersi perchè e come.
Ultima annotazione…. lo sport era un buon luogo dove non albergavano spinelli e quant’altro. Luoghi e spazi finiti, o quasi.. anche su questo si dovrebbe riflettere.