Caro Giorgio ti scrivo
L'angolo di Garfield

Caro Giorgio ti scrivo

Caro Giorgio,
ti scrivo questa mia per raccontarti un po’ di me, pensieri che, sono certa, saprai accogliere con la cura che meritano. In sottofondo la musica, un Gillespie d’annata che dà il tempo alle emozioni, alla folla di pensieri che premono per farsi spazio.
Battaglio tutti i giorni come sempre, forse più per trovare me in ogni istante che per la necessità di spendere le ore, dar loro significato non è cosa facile.

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Il lavoro più di tutto, ma non solo.
In un contesto che difficilmente gratifica gli sforzi, per ragioni culturali, sociali e soprattutto economiche, sembra quasi donchisciottesco continuare, ma la testardaggine che mi contraddistingue, “sono vecchia d’orgoglio”, mi dà la forza, l’ostinazione per scalare la cima ogni mattina per poi ridiscenderne la sera, consapevole d’aver fatto ciò che era mio dovere.
La mia terra, quella che mi ha adottata, accolta nei mille angoli di pura bellezza, patisce le ingiurie dell’oggi più che ieri, più che altrove, la Sicilia, isola isolata da ogni fermento di sana ribellione, è diventata il campo di battaglia di mille sperimentazioni che, sommessamente, attraversano le vite dei più, ma guardando oltre il mare, la bufera sembra essere perfino più violenta.
Mio figlio ha scelto il continente, obbligato da una realtà sociale che lo vincolava a diventare l’ennesimo “sommesso”, non è ancora in salvo ma sta affrontando con serietà non solo le mansioni che di volta in volta gli vengono affidate, piuttosto l’idea che, nonostante la giovane età, deve costruire da subito il suo futuro, regalandosi mille opportunità prima della meta finale.
E’ un uomo curioso e coraggioso, l’unico siciliano in famiglia, che rivendica con fierezza ed in ogni dove l’appartenenza alla terra, regalando un genuino sorriso agli appellativi di “africano” profusi dall’affettuosa irriverenza dei tanti colleghi.
Che affascinante mistero quello che lega un uomo alla sua terra, un popolo alla sua nazione, un sentimento profondo che mi sento ancora di condividere pur vergognandomene un po’.
Siamo ancora un popolo su un territorio con una costituzione? Siamo ancora i figli di coloro che hanno dato la vita per liberarci dall’oppressione? Siamo ancora degni dei valori che in quel lontano 22 dicembre 1947, sono stati individuati da un gruppo di valorosi, è ancora attuale ritenere come Umberto Terracini, che: “ L’Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore.”?
Caro Giorgio, sono confusa e, confesso, infastidita.
Vivo in un mondo parallelo, in una realtà che oggettivamente non corrisponde a quella letta in tanti libri di storia, aiutami a capire perché al di là delle copertine tutto è più torbido, subdolo; perché abbiamo concesso all’arroganza, al narcisismo di prendere il sopravvento sui bisogni, sui valori di una nazione? Come siamo arrivati a tanto degradato squallore?
Aiutami a capire perché uomini scelti per le loro specifiche qualità, non sentano il bisogno di adeguarsi non solo alle regole di pacifica convivenza ma anche ai valori che queste ispirano, perché il degrado culturale e morale è l’arma più affilata di un drappello di spregiudicati onnipotenti.
Possibile che nessuno senta il desiderio di rimettere nelle tue mani il mandato affidatogli dai cittadini al fine di dimostrare coi fatti la propria estraneità?
La mia terra è tormentata da sentimenti opposti: uno quello dell’appartenere al gruppo dei più forti, spesso sordi e complici dell’arretratezza infrastrutturale oltre che culturale, l’altro, quello di un perverso isolazionismo. Entrambi questi aspetti finiscono per affascinare le identità fragili alla ricerca del sé ed al di là di come io la pensi, queste fazioni stanno marciando l’una contro l’altra armata, lasciando sul campo migliaia di vittime ignare, i siciliani. Cosa c’è di “politico” in questo?
Volgendo lo sguardo oltre lo splendido Stretto di Messina, la visuale degrada e la sostanza offende.
Come posso fare affidamento su uomini che corrispondono, con la loro pratica quotidiana, all’esatto opposto di quanto previsto dal quel sistema di valori fondanti di cui sopra ma anche, in piccolo, a quelli che hanno consentito me di diventare la donna che sono? Come possono costoro legiferare in mio conto? Mia madre è inorridita da quanto accade al nostro primo ministro, io, dall’indifferenza istituzionale di molti, tutti presi a liquidare l’affaire come meramente personale e tesi a massimizzarne il profitto elettorale.
Quanto la sfera privata, l’agire nell’intimo influisce sulle scelte che compiamo per conto degli altri? Qual è lo spessore valoriale a supporto dell’agire pubblico, (condicio sine qua non), se nel privato ne disprezziamo profondamente l’esistere?
Aiutami a capire, aiutaci a capire.
Non è il termine morboso ad inquietare, la sociologia aiuta con la definizione di “devianza”, piuttosto se esistono, o meno, le reali capacità di guida morale e politica.
La stampa straniera ci descrive, a ragione visto quando accade, come l’accezione, accade da noi ciò che altrove sarebbe impossibile, o quanto meno affrontato radicalmente e con tempestività, e cosa ancor più grave, si vorrebbero liquidare gli imbarazzi focalizzando l’attenzione più sull’apparenza che sulla sostanza, più sul concetto di discredito, pessima immagine artatamente orchestrata, che affrontare seriamente le ragioni di tali reportage giornalistici, ciliegina sulla torta del disgusto, un appello allo spirito patrio.
Caro Giorgio, io non sono come quegli uomini, come me tantissimi italiani, tanta gente comune che non solo rifiuta il becero appello all’odierno Made in Italy, ma che non tollera più oltraggi al proprio buon nome, alla propria ricchezza culturale e valoriale, difesa, rivendicata con orgoglio.
Rifiuto anche le complicità, i sorrisini d’assenso, l’ironia profusa a vantaggio della conservazione della specie, rifiuto l’idea di una classe politica che, invece di rimettere il mandato per giusta causa, normalizza quanto accade oggi in Italia.
Allora sarò io stessa a rassegnare le dimissioni, affido nelle mani del massimo arbitro la mia cittadinanza, la storia, i valori in cui credo per l’ultima strenua difesa.
2 Giugno 2009
Claudia Lentini

11 Giugno 2009

Autore:

admin


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