

I “cassetti della memoria”, quelli che basta la sollecitazione di uno solo dei nostri sensi per farli aprire. A volte basta poco come l’arrivo di un circo…

E’ andato da poco via, si è fermato nello spazio tra la stazione ed il cimitero. Come ormai di solito fa. Il grande tendone colorato, le sue roulotte, i camion, qualche animale e poi l’invasione, pacifica, bonaria, da stalker buoni, degli addetti del circo, quelli con i gilet fluorescenti agli incroci a darti i biglietti scontati, pronti a sorriderti anche se ci passi davanti cento volte.
Questa è la percezione immediata della presenza del Circo, poi la macchina a ripetere ossessivamente le caratteristiche dello spettacolo, gli sconti per i più piccoli, le attrazioni te lo rammenta giorno dopo giorno.
Quando il Circo va via, nessuno se ne accorge, solo l’odore del fieno bagnato ti rimanda il suo ricordo, la sua presenza.. “Tho c’era il circo!”.

A Brolo il circo non si è mai fermato in periferia.Di certo una bella cosa.
Prima in piazza Roma, allora era era sterrata, tra il frantoio di Germanà e la scuola elementare, poi in altri spazi , ma sempre al centro – raramente al campo sportivo – . Con la solita gente che ritorna, la trapezista che ingrassa, gli altri chiamati per nome… quasi amici. Pezzi di arredo urbano e sociale.
Il circo ha perso quel senso di vita affascinante che sembrava emanare con un misto di curiosità e aspettative da soddisfare.

A Brolo si soffermavano i carri dello spettacolo viaggiante anche nell’area dove poi venne costruita la camiceria Castello ed una volta un circo “scappato” dal terremoto di Gibellina, esattamente erano di Partanna, si fermò per mesi, raccattando la carità della gente, mandando i figli anche a scuola, per non perdere l’anno scolastico, e lasciando, quando andò via, due signori ed un cane. Poeta lui, stilosa donna d’altri tempi, lei, in età avanzata, dignitosi, umanissimi, bella gente fino alla fine.
Andare al circo per noi bambini era un continuo immaginare a chissà quali acrobazie avremmo assistito, con quelle luci colorate e sfavillanti che avremmo poi rivisto nei film di Fellini.
I fantasisti, i nani, la bellissima acrobata in calza a rete, i clowns… non ci facevano vedere la povertà, le miserie di quella gente che si fermava a Brolo, distante dalle grandi famiglie dei circersi italiani, i Togni, gli Orfei, ai quali rubavano cognomi e parentele.
Quelli si fermavano solo in città montando circhi a due e tre piste.
Eravamo bambini curiosi (qualcuno lo è rimasto ancora), a tratti inconsapevoli, e i clowns che riempivano gli spazi vuoti tra un esibizione e l’altra ci rendevano felici con le loro maschere grottesche e disperate.
Non c’era spazio per la noia, il tempo scorreva maledettamente veloce e non era solo quello dello spettacolo del circo. I leoni giocavano con il domatore, lui metteva la sua testa dentro le fauci del felino. Una metafora rivedendola ora; una grande paura allora pronti a tifar per il domatore con la sua pistola in mano per fermare la belva se scartava di lato.
Oggi avremmo sicuramente tifato per quel Leone, malinconico e triste, forse orfano e vedovo.
Quasi quasi viene da chieder scusa al vecchio domatore, al direttore con l scimmietta sulla spalla, a quella gente del circo che vedono poca gente ai loro spettacoli e che sfilano con dignità nel “Gran Finale”, con l’ultima musica, le ballerine e tutti gli artisti in parata.
La fine di un sogno, quello di noi bambini, e di un’epoca.
Di certo diremmo che non si butta via in questo modo lo spettacolo più antico del mondo. E se da un lato fa male al cuore vedere un domatore di leoni senza leoni dall’altro siamo convinti che sia anche giusto così.
E c‘è da domandarsi se c’è ancora un futuro, per il circo.

Ci deve essere.

Alcune delle storiche famiglie circensi italiane sono nelle piazze da quasi due secoli, sanno che quello del circo è il pane più duro.
Il “teatro” viaggiante se lo portano sulle spalle. Due giorni per montare, due per smontare, uomini che lavorano e vanno pagati. Non è come al teatro dove si sale sul palcoscenico, tutto è già pronto.
Il circo è magia, il circo è cultura, il circo è divertimento. E non solo per i più piccoli. Bisogna non dimenticare che sotto il telone di un circo ci sono numerosi artisti che sfoderano la loro bravura nel cerchio che diventa il palcoscenico: trapezisti, acrobati, maghi, equilibristi.
E, checche se ne dica, il circo è fondamentalmente cultura, riesce a trasmettere generosità, idee e soprattutto sensazioni e emozioni. La magia, i colori e le illusioni della vita e che rende possibile ciò che nella vita sembra essere impossibile.
E il circo è anche tradizione, tradizione di una delle forme più antiche di arte (ricordiamo i giullari del medioevo, ad esempio). Ovviamente il circo gode si di tradizione ma non di una normalizzazione. Il circo è sempre esistito e speriamo non muoia mai. Il circo rimane uno spettacolo vivo e in costante evoluzione. Dalla tradizione alla contemporaneità mai smetterà di far ridere grandi e piccini e quindi viva il circo, con regole nuove.
Una grande scuola di spettacolo e di vita che può diventare Teatro.
E bravo Federico Fellini che nei suoi film l’ha omaggiato, ne rammenta ricordi, odori e colori. Ci regala un attimo di ricordo.
E tornando a Brolo.. non sarebbe male che nel nuovo piano regolatore si pensasse ad uno spazio per poter ospitare questi spettacoli viaggianti. Attrezzato con luce ed acqua, e che senza questi “ospiti” potesse essere altro per la restante buona parte dell’anno.
Segnali.

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