CEFALU’ – Corruzione su gestione dei lidi
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CEFALU’ – Corruzione su gestione dei lidi

Veduta di una spiaggia di San Vincenzo (Livorno) in una foto d'archivio. ANSA/ FRANCO SILVI

Un sistema di corruzione legato alla gestione degli stabilimenti balneari sulla costa palermitana è stato scoperto dagli uomini del commissariato di Cefalù, in provincia di Palermo, dopo un’indagine che ha visto coinvolti funzionari pubblici del Demanio e della Regione e liberi professionisti.

Questa mattina sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare, nell’ambito dell’operazione “Spiagge libere”: l’architetto Antonino Di Franco, dirigente dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente, già responsabile del settore Demanio marittimo di Palermo e provincia, e un noto imprenditore cefaludese del settore turistico alberghiero, Giovanni Cimino.

E’ stata anche applicata la misura del divieto di dimora nella provincia di Palermo e nel comune di Cefalù al funzionario istruttore dello stesso assessorato che curava e istruiva tutte le pratiche riguardanti lidi e stabilimenti balneari del litorale cefaludese, Salvatore Labruzzo, e al presidente dell’associazione Operatori balneari di Cefalù, nonché braccio destro di Cimino, Bartolomeo Vitale.

Per tutti l’accusa è di corruzione propria aggravata: avrebbero consolidato un sistema di corruzione per il controllo e la gestione imprenditoriale di uno dei tratti più belli e suggestivi della costa siciliana in favore del noto imprenditore in cambio di favori, benefit e posti di lavoro stagionali nelle strutture gestite dall’uomo. (Video)

In particolare l’assunzione dei figli dei funzionari durante il periodo estivo presso ditte riconducibili allo stesso Cimino. Un’indagine, quella del commissariato di Cefalù, durata oltre un anno. Intercettazioni e pedinamenti avrebbero fatto emergere l’ennesima storia di corruzione fatta di abusi, favori e atti illegittimi di funzionari “infedeli” per soddisfare ogni richiesta dell’imprenditore cefaludese mentre tanti esercenti di lidi balneari attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione. E’ proprio dalle denunce di uno di questi operatori balneari, esasperato dal comportamento di equivoco di questi funzionari, che avrebbe tratto origine l’intera inchiesta.

Come emerso dalle intercettazioni, il funzionario regionale voleva regolarizzare e sanare ogni presunto abuso che aveva portato al sequestro dello stabilimento balneare Poseidon di Cefalù, il più esteso e noto lido balneare della spiaggia, che sarebbe riconducibile a Cimino. Per rimuovere i sigilli il responsabile del demanio di Palermo si sarebbe servito del funzionario istruttore Salvatore Labruzzo. Insieme avrebbero concordato con i legali dell’imprenditore la linea difensiva da adottare, contribuendo alla stesura delle relative richieste di dissequestro.

In cambio Cimino avrebbe assunto il figlio di Di Franco e poi avrebbe trovato la sistemazione per la figlia in un lido balneare di Palermo. Le indagini e i riscontri dei poliziotti hanno accertato che per il Poseidon e per Cimino c’era una corsia preferenziale mentre tanti esercenti di lidi balneari, di Cefalù ma anche della provincia palermitana attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione o, più semplicemente, per ottenere il sub-ingresso in un’altra.

Questo oltre alle assunzioni per i figli consentiva a Di Franco di frequentare liberamente gli stabilimenti ottenendo trattamenti da vip per sé e i suoi parenti, e atteggiandosi, a “capo del demanio”, come sarebbe stato significativamente definito al telefono da un gestore di un lido balneare. Dalle indagini emergerebbe che all’imprenditore Cimino farebbe capo l’80% dei lidi e degli stabilimenti sulla spiaggia cefaludese.

L’indagine è partita dalla denuncia di un operatore balneare esasperato dal comportamento equivoco dei funzionari in questione che agevolavano l’imprenditore considerato il “padrone”, in rinnovi e concessioni per le sue attività. In effetti dall’indagine è risultato che l’80 per cento delle strutture balneari operanti sulle spiagge di Cefalù fossero di proprietà dell’uomo e gestite per suo conto da familiari e prestanome.

 

3 Maggio 2016

Autore:

redazione


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