CINEMA – Riapre l’Alter di Gliaca di Piraino
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CINEMA – Riapre l’Alter di Gliaca di Piraino

locandina_apprendista_stregoneAndare al cinema è sempre bello, e dire che la chiusura estiva della multisala di Gliaca di Piraino, quest’annno nenache supportata dalla “solita” arena, è mancata tanto a chi ama il grande schermo. Ma ora si ricomincia: L’Apprendista stregone e Toy Story 3 aprono il cartellone.

Quindi dal prossimo venerdì l’AlterCinema di Gliaca di Piraino riapre la stagione autunno-inverno 2010\2011 con due film importanti “L’apprendista stregone” con Nicolas Cage, Monica Bellucci, Jay Baruchel, Alfred Molina, Teresa Palmer, Toby Kebbell, Omar Benson Miller, Jake Cherry, Peyton List, Jabari Gray, e “Toy Story 3 – La grande fuga”, una grande produzione d’animazione Walt Disney

I film saranno in programmazione sino al 16 settembre, per poi lasciare spazio alla già annunciata programmazione:

The Twilight Saga- Eclipse con Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner, Billy Burke, Ashley Greene, Jackson Rathbone, Nikki Reed, Kellan Lutz, Elizabeth Reaser, Peter Facinelli, Catalina Sandino Moreno

The Karate Kid- La Leggenda Continua con Jackie Chan, Jaden Smith, Taraji P. Henson

Nightmare con Jackie Earle Haley, Rooney Mara, Kyle Gallner, Katie Cassidy, Thomas Dekker, Kellan Lutz, Clancy Brown, Connie Britton, Lia D. Mortensen

Shrek ….e vissero felici e contenti, altro film d’animazione.

Giustizia privata con Gerard Butler, Jamie Foxx, Colm Meaney, Viola Davis, Bruce McGill, Leslie Bibb, Gregory Itzin, Regina Hall, Christian Stolte, Michael Kelly”

L’orario delle programmazione è nei giorni feriali alle ore 20,00 ed alle ore 22,00, neiu festivi, uno spettacolo in più alle ore 18,00.

Maggiori informazioni su www.altercinema.it

la scheda dei film tratte da http://www.mymovies.it

L’apprendista stregone

nicolas_cage“Prendendo spunto da Fantasia, la Disney inventa una mitologia creando una trama in perfetto stile disneiano”
Gabriele Niola    
L’eterna lotta tra Balthazar Blake e Maxim Horvath, stregoni una volta amici e poi rivali a causa (come sempre) di una donna il cui amore li ha divisi, dopo essersi dipanata per secoli tra incantesimi, trappole e prigionie in bambole russe è arrivata al giorno d’oggi a Manhattan, dove Balthazar ha trovato quello che probabilmente è la nuova incarnazione di Merlino. Il grande mago è stato il maestro di entrambi ed è l’unico a poter fermare la strega Morgana, che Horvath mira a liberare dal giogo cui l’ha costretta Balthazar. Certo, la nuova incarnazione di Merlino non è proprio quello che si direbbe un avventuriero, Dave infatti nasconde molto bene (anche a se stesso) i propri poteri e le proprie doti ed è più interessato a vivere una vita normale, magari con una ragazza, che a combattere maghi dal passato. Sarà necessario un lungo percorso di apprendistato presso Balthazar per scoprirsi erede di Merlino.

Come il titolo lascia intuire tutto nasce dall’omonima ballata composta da Wolfgang Goethe, poi diventata poema sinfonico grazie alle musiche di Paul Dukas e infine arrivata al cinema come segmento di Fantasia con protagonista Topolino (seguendo sia la storia di Goethe che le musiche di Dukas). Da questo spunto sempre la Disney ha ora deciso di trarre un lungometraggio, allargando la storia, inventando una mitologia, dei precedenti, altri personaggi e creando una trama in pieno stile disneiano (ovvero il percorso classico di un eroe che si scopre tale tra l’amore per una ragazza e la conquista del proprio ruolo). Non manca, ovviamente, la scena delle scope con uno score musicale che riprende e ricorda molto quello di Dukas.

Lo sforzo fatto purtroppo non nasconde la realtà dei fatti: L’apprendista stregone, è uno spunto allargato a dismisura, una storia slabbrata per quanto è stata tirata per le lunghe, seguendo pedissequamente ogni moda in materia di film d’azione e fantasia senza criterio. Dal montaggio esageratamente frenetico realizzato senza coscienza che impedisce di comprendere le scene più caotiche, fino alla fotografia a colori saturi e contrastati, tutto appare una scelta dettata dalla produzione e non dalla direzione. Non bastasse questo anche le scelte di casting contribuiscono a levare plausibilità al racconto, con la notevole eccezione di Jay Baruchel e Alfred Molina, il resto del cast suona fuori parte, svogliato e mal diretto. Da Nicolas Cage al piccolo ruolo di Monica Bellucci il film è un continuo trionfo del falso, dell’implausibile e del fuori parte.

In un momento in cui il fantasy riempie le sale con saghe (Harry Potter e Le cronache di Narnia) o film singoli (Percy Jackson, Scontro tra Titani, Ember), l’inserimento di un’altra pellicola centrata su una dimensione magica e mitologica nella modernità sembra trovare senso solo nella maniera in cui cerca un’inedita commistione tra la magia tradizionale e la magia moderna, ovvero la tecnologia e la fisica. In L’apprendista stregone gli incantesimi sono per metà frutto di manipolazione della fisica e per metà imponderabile metafisica, perfetta rappresentazione dell’incastro razionale causato dalla crescente presenza nella quotidianità di forze reali che per la loro complessità appaiono inspiegabili all’uomo comune e quindi in tutto e per tutto simili alla magia.

toy_story_3Toy Story 3 – La grande fuga

“Una trama più complessa per un terzo capitolo vitale, spassoso e mai così commovente”
Gabriele Niola    

Andy è in partenza per il college, sta svuotando la sua stanza e la madre lo obbliga a scegliere che fare dei vecchi giocattoli. Loro, i giocattoli, già conoscono il proprio destino, da anni Andy non gioca più come lo vediamo fare nella fenomenale sequenza d’apertura (un gioiello di racconto caotico infantile), volubili come sono però rimangono offesi dal trattamento riservatogli e quando un malinteso li fa finire nello scatolone destinato all’asilo di Sunnyside prendono l’evento di buon grado. Solo Woody, testardo, irriducibile e affezionato, continua a credere che il loro posto sia con il padrone. Gli altri lo capiranno quando scopriranno come in realtà Sunnyside sia una prigione dalla quale è impossibile evadere, gestita con pugno di ferro da una congrega di giocattoli feriti dall’abbandono dei propri padroni.

Ancora una volta un road movie, l’impianto che sottende quasi ogni film dello studio di John Lasseter, ovvero la riconquista del proprio spazio vitale e di un nuovo equilibrio attraverso un clamoroso quanto improbabile “ritorno”, compiuto per amore di qualcuno. Un viaggio che come sempre è anche movimento interiore e la cui imponente distanza è metafora dei sentimenti che agiscono quegli esseri minuscoli inseriti in spazi immensi. Woody e compagni già erano tornati a casa per ben due volte attraversando distanze impensabili per un giocattolo, questa volta devono anche evadere da un asilo che di notte diventa un carcere (bellissimo come elementi che di giorno hanno un senso con l’illuminazione notturna sembrino parti di una galera).

Potendosi permettere il lusso di non dover introdurre dei personaggi già noti il film si concentra sui nuovi comprimari, tutti dotati di personalità in linea con il genere carcerario (tranne Ken e Barbie straordinari outsider a modo loro), e affronta con più complessità la mitologia della serie, cioè quale sia il rapporto dei giocattoli con i propri padroni. Devono rimanergli accanto a tutti i costi? Possono ribellarsi? Hanno diritto a sentirsi feriti? La Pixar sembra sostenere di no, parteggiando a prescindere con i bambini e non con i protagonisti.

Al terzo film la serie di Toy story invece che afflosciarsi si dimostra ancora vitale, anche in virtù della maturità sempre maggiore dello studio di produzione, forse abbiamo visto film Pixar più solidi di questo ma dal punto di vista visivo si toccano nuove vette utilizzando le innovazioni raggiunte nelle opere precedenti come la ormai piena padronanza (tecnica ma anche espressiva) di diverse tipologie di filtri che scimmiottano gli obiettivi delle macchine da presa come si vede nelle scene di caos infantile all’asilo.

Nonostante sia parlato Toy story 3 è un film che comunica quello che conta solo visivamente, capace di smuovere lo spettatore con un raggio di sole al tramonto che entra dalla finestra o con lo sguardo colmo di sentimenti complicati, oscillanti tra paura e solidarietà, di un personaggio digitale posto di fronte alla sua ineluttabile fine, mano nella mano con i propri compagni. Sembra straordinaria abilità recitativa ma è in realtà scrittura per immagini e musica, non si tratta dell’espressività di sintesi di cui sono capaci i computer Pixar ma del culmine narrativo raggiungibile di un arte audiovisuale che non abbisogna di parole.

Portate i fazzoletti.


8 Settembre 2010

Autore:

admin


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