Lo scorso 21 marzo la dottoressa Serena Andaloro, Giudice del lavoro, ha condannato l’Istituto Comprensivo Brolese, per una sanzione disciplinare ingiustamente applicata. “Non vi è alcuna certezza che i fatti si siano svolti come descritti nella nota disciplinare; né sussistono elementi presuntivi atteso che la sola contestazione, o l’attività istruttoria svolta da parte del Dirigente Scolastico, in assenza di contraddittorio, non è sufficiente per riconoscere gli addebiti in capo alla ricorrente, in mancanza di qualsivoglia riscontro probatorio nel presente giudizio.” si legge ora nell’atto del tribunale pattese. A promuovere l’atto di censura era stata l’attuale dirigente scolastici Maria Ricciardello. Quindi niente censura per la docente mentre il Comprensivo brolese le pagherà 3.513,00 rimborsando le spese generali del procedimento nella misura del 15%.
Il procedimento si era instaurato nell’agosto 2016, quando un’insegnate – G.A – della scuola primaria, con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato, con sede di titolarità e servizio presso l’Istituto Comprensivo di Brolo, contestando alcuni addebiti disciplinari, relativi a comportamenti tenuti in occasione della seduta del consiglio di classe nel febbraio 2016 ed in altre occasioni, si rivolgeva al Giudice
All’insegnante veniva contestato, in violazione dell’art. 92 CCNL, di avere avuto alterchi verbali con i colleghi e con i componenti dell’UONPIA di Patti – che è un Servizio specialistico che svolge attività ambulatoriale e territoriale, nell’ambito della tutela della salute e del “benessere” nell’infanzia e nell’adolescenza – durante una seduta di lavoro.
Punta dell’iceberg di incomprensioni varie maturate tra le mura di quell’istituto?
Le si contestava che la stessa aveva assunto atteggiamenti oppositivi rispetto all’operazione di verbalizzazione, obbligatoria per i docenti, nonché opponendo rifiuto di adeguare quanto verbalizzato alla richiesta del responsabile dell’Uonpia.
Successivamente alla docente era stato notificato il provvedimento disciplinare, con il quale il Dirigente Scolastico, Maria Ricciardello, dopo aver constatato che “comportamenti quali quelli posti in essere” sono contrari ai principi di diligenza propri del profilo professionale del docente, aveva ritenuto “lesivo per l’immagine d il decoro della Scuola discutere animatamente con i colleghi e con i componenti del gruppo H, senza curarsi della presenza dei componenti dell’UONPIA di Patti che aveva l’unico scopo di verificare l’efficacia del PEI dell’alunno disabile”.
La dirigente scolastica contestando anche altro alla fine, considerava che i suddetti comportamenti erano contrari alle norme vigenti sul pubblico impiego e al codice di comportamento dei pubblici dipendenti, e quindi decretava la sanzione disciplinare della CENSURA.
Una decisione certamente grave, ad un passo dalla sospensione dall’insegnamento temporaneo.
Lesa maestà, ha per molti il sapore del provvedimento, in altri tempi si sarebbe rischiato anche il patibolo.
L’insegnate oggetto di tale censura, non si perdeva d’animo, impugnava la sanzione disciplinare, adducendo la nullità della stessa per vizi formali, nonché l’illegittimità della stessa per infondatezza ed insussistenza dei fatti contestati. Chiedeva l’annullamento della sanzione disciplinare, insomma la sua piena riabilitazione formale e sostanziale, anche agli occhi dei colleghi.
Una tesi risultata vincente e corretta in quanto il Giudice ha decretato fondata quell’istanza.
Nella sentenza ora si legge che “L’Amministrazione convenuta non ha articolato alcun mezzo di prova al fine di provare in questa sede l’effettiva ricostruzione dei fatti come addebitati alla docente. In particolare, non è stata chiesta la prova testimoniale su capitolati articolati ai sensi dell’art. 244 c.p.c., né sono stati indicati nominativi dei testi da escutere (vedi comparsa di risposta dell’Istituto scolastico). In questo senso, si è ritenuto inutile ammettere la prova orale chiesta dalla ricorrente, in quanto l’onere probatorio non grava sul lavoratore, ma sul datore di lavoro che, nella specie, nulla ha chiesto di provare in questa sede nelle forme di rito previste. Né tali circostanze risultano dal verbale della riunione del Consiglio d’Istituto del 17 febbraio 2016.
Per il Tribunale non vi è alcuna certezza che i fatti si siano svolti come descritti nella nota disciplinare; né sussistono elementi presuntivi atteso che la sola contestazione, o l’attività istruttoria svolta da parte del Dirigente Scolastico, in assenza di contraddittorio, non è sufficiente per riconoscere gli addebiti in capo alla ricorrente, in mancanza di qualsivoglia riscontro probatorio nel presente giudizio.
A fronte della contestazione da parte del ricorrente del fatto posto a fondamento della sanzione disciplinare, parte resistente non ha provato le modalità di accadimento del fatto, da cui è scaturita la sanzione, né l’elemento soggettivo dell’azione contestata.”
Sulla base di ciò è stata accolta la tesi dell’insegnante ed è stata dichiarata l’illegittimità della sanzione disciplinare alla stessa irrogata.
Quindi quella Censura va disapplicata.
Il Tribunale ha disposto anche la cancellazione della stessa dal fascicolo personale della ricorrente; condannando il Comprensivo brolese al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite che liquida in euro 3.513,00 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso spese generali nella misura del 15%.
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