CRISI – Decrescita felice!
Dal Palazzo

CRISI – Decrescita felice!

 

 

 

La crisi che ha messo in ginocchio l’Europa è, nonostante le rassicurazioni di Monti, ben lontana dalla fine.

Quello che è certo è che dopo questa tempesta numerosi saranno i cambiamenti e in molti dovranno rimboccarsi le maniche per scavare tra le macerie di un vero e proprio terremoto che ha colpito alle fondamenta il sistema europeo e non solo.

La crisi non è solo economica, anzi quest’ultimo fattore e solo la logica conseguenza di una totale saturazione di molti settori (politico, industriale e bancario) che erano alla base del sistema geopolitico occidentale.

Non bisogna però perdere di vista il principio per cui se si è arrivati all’attuale situazione è perché, forse, si è fatto il salto più lungo della gamba, perché la crisi ha minato nelle sue fondamenta quel concetto di progresso che si sviluppato dagli anni ’60 in poi. L’errore fondamentale dell’ultimo mezzo secolo è stato pensare che si potesse crescere a dismisura in un pianeta finito, che si potessero sfruttare allo stremo quelle risorse territoriali e ambientali non tenendo conto degli equilibri naturali.

È perciò necessario, se si vuol fare qualche passo in avanti, fermarsi un attimo e magari fare un bagno di umiltà e tornare indietro prima che sia troppo tardi.

I concetti di modernità e progresso sono stati destabilizzati proprio nelle loro idee  basilari e cioè quello che per creare lavoro era necessario rifugiarsi  nell’industrializzazione selvaggia e nel consumo perché, solo così, può aumentare il PIL e quindi il benessere collettivo. Siamo arrivati al punto che si preferisce produrre in maniera smisurata in quei settori ormai saturi, quale quello delle automobili, pur di non fermare la fermare la catena di montaggio pur sapendo che molte delle auto prodotte rimarranno invendute creando un esubero difficile da colmare.

Questo passo indietro potrebbe essere rappresentato dalla decrescita felice, un concetto che tende a capovolgere il principio che il benessere collettivo è legato al consumo e quindi al PIL e che vede nel famoso “passo indietro”, citato poc’anzi, una vera e propria via d’uscita dalla crisi e dalla schiavitù del consumo. Il Movimento per la Decrescita Felice, nato dalle idee di Maurizio Pallante esposte nel suo libro, sta aumentando a dismisura i propri consensi non solo per le tematiche ambientali, ma per il modo in cui affronta delle problematiche sociali di quelle categorie che più di tutti hanno patito le conseguenze economiche e lavorative della crisi. il cambiamento auspicato dal Movimento per la Decrescita Felice sembra ardito proprio perché culturale e radicale in quanto prevede un modo diverso di vivere la propria quotidianità.

Uno dei primi a sposare il progetto del Movimento per la Decrescita Felice è stato il Presidente nazionale dell’Associazione Ambientalista Fare Verde Massimo De Maio  che spiega come due concetti apparentemente contrastanti, quello di decrescita e quello di felicità, possano stare tranquillamente l’uno accanto all’altro “l’errore fondamentale è stato basare lo sviluppo collettivo al concetto di Prodotto Interno Lordo. Credo che sia arrivato il momento – ha spiegato De Maio – di invertire questo principio non si può basare un’intera economia sul consumismo sfrenato. La politica non si deve occupare dell’uomo in quanto consumatore ma come padre garantendogli uno stile di vita dignitoso indipendentemente dalla sua possibilità di consumare. Se molti alimenti, invece di essere comprati venissero prodotti a casa in maniera genuina sicuramente avremmo uno stile di vita più sano, ma questo creerebbe un grave danno al PIL. Purtroppo ormai il concetto di crescita esclude quello del benessere fisico dell’individuo.

Basta capire questo principio per intuire come possa esistere una decrescita felice”. Per il principio della decrescita felice uno degli errori è stato quello di investire sulle grandi opere, che  hanno portato solo un’enorme sperpero di denaro pubblico “è arrivato il momento di sfatare il mito che l’industrializzazione ha portato lavoro e benessere al nostro paese- ha dichiarato De Maio – Come affermano i recenti dati ISTAT il numero di occupati nel nostro paese, attualmente, sono gli stessi del 1960 cioè l’anno in cui si è intrapresa la strada delle grandi opere. Noi non vogliamo certamente che si ritorni a situazioni ottocentesche, vogliamo solo che venga applicato il concetto di sostenibilità che troppo spesso è stato accantonato in nome di uno sviluppo, o presunto tale, che non ha portato alcun beneficio né economico né occupazionale. Lo Stato – ha poi continuato De Maio – ha speso miliardi di euro per acquistare dall’estero un macchinario necessario per la costruzione della TAV. Quei soldi potevano tranquillamente spesi per servizi essenziali che garantivano lo stesso numero di posti di lavoro.

Chi pensa che la decrescita non porta occupazione si sbaglia di grosso.”. Alla base della decrescita felice c’è il concetto di sostenibilità ambientale molto caro, naturalmente, a De Maio “per capire quanto ormai siamo andati oltre basta pensare che già dal 28 agosto abbiamo consumato tutte le risorse ambientali che il nostro pianeta ci mette a disposizione per un anno – ha spiegato De Maio – questo vuol dire che per i prossimi mesi dovremmo veramente inventarci nuove fonti di sostentamento, stiamo correndo più veloci del nostro pianeta e questo non è buono.

Non esiste crescita infinita in un pianeta finito questo mi sembra palese, bisogna solo capire che il futuro per i paesi sono le energie alternative e far uscire i propri cittadini dalla “schiavitù” del consumo attraverso l’autoconsumo stesso e gruppi di acquisto solidali. Bisogna fare una svolta culturale partendo da  piccoli gesti quotidiani che possono rendere l’uomo anche più libero. Io, per esempio, viaggiando spesso mi porto una borraccia con dentro l’acqua del mio rubinetto così non sono costretto a comprare l’acqua imbottigliata”.

Antonio Macauda

8 Ottobre 2012

Autore:

admin


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