Nino Ricciardello, scrive, dice, afferma, sentenzia, analizza e dice la sua sul voto in Sicilia. Ovviamente alza il tiro sulla realtà locale. E parla di Laccoto, del gruppo dei sostenitori di Luigi Genovese a Brolo, di Nino Germanà e dell’amministrazione comunale attuale.
Ecco la nota.
Caro Direttore, con colpevole ritardo ma a bocce ben ferme ecco anche la mia modesta e personale analisi del voto di giorno 5.
Partiamo dal risultato Regionale.
Una competizione di basso livello, caratterizzata dal quel chiacchiericcio ipocrita e fuorviante su “presentabili ed impresentabili” che ha finito per spegnere del tutto i già modesti contenuti politici e programmatici.
Fino a quando lo facciamo al bar noi “del popolino” ci può anche stare, ma che il curtigghio venga alimentato da quegli stessi politicanti che hanno la facoltà ed il potere di fare le leggi o quanto meno di presentare delle proposte che diano forma di legge alle loro proposizioni, sottraendole alle speculazioni “ad uso e criteri ove convenga”, dà il segno di quanto sia caduta in basso la politica di questi tempi.
Al netto di tale stucchevole contesa a cui un uomo come Nello Musumeci avrebbe potuto e dovuto sottrarsi osservando semplicemente “chiunque sia candidabile ed eleggibile per la legge attuale, è anche presentabile per definizione e se questo non ci piace, visto che siamo i politici e ne abbiamo la facoltà, cambiamo la legge o quantomeno proponiamo di cambiarla”, la vittoria è senza “se” e con l’unico “ma”, trasversale, dell’astensionismo. Musumeci è conosciuto come uomo e politico di spessore.
Vincono i “rossi” che in Sicilia, regione tutt’altro che “sinistra”, al di là del mero dato numerico, hanno battuto un colpo e pure forte!
Prova ne sia che il sopravvalutato Renzi dopo averli sfanculati e praticamente cacciati dal partito ed essersi confezionato l’ennesimo flop con quella sconcezza di legge elettorale nota come “rosatellum”, ora è costretto a venire a più miti consigli per ritrovarseli da alleati.
Ma i vecchi soci fondatori defenestrati da via del Nazzareno nel frattempo (ammesso che ciò sia possibile) si sono ulteriormente incattiviti e sicuramente presenteranno un conto assai più salato di quello che avrebbero potuto spuntare a suo tempo dall’interno. L’alternativa per il chiacchierone di Rignano è un bagno di sangue elettorale, soprattutto nei collegi.
Perdono i M5S.
Non tragga in inganno il dato di Cancelleri il quale ha beneficiato di un voto trasversale e disgiunto che non è mera leggenda metropolitana.
“Meglio i M5S sperando che facciano come la Raggi a Roma, piuttosto che un politico di esperienza e caratura personale, che potrebbe radicarsi”, il ragionamento nemmeno tanto velato di molti big del Piddì. Di tutta la campagna elettorale dei pentastellati, che pure ha presentato anche elementi apprezzabili, sopravvive soltanto l’intemerata pretesa di attribuire patenti di impresentabilità.
Agli altri.
Straperde il Piddì insieme ai suoi alleati, Alfaniani in primis.
La misura la offrono le dichiarazioni a caldo di quel tale Faraone, sottosegretario, già ideatore della “buona scuola” e principale concessionario Renziano in Sicilia.
La pretesa di appioppare la sconfitta a Pietro Grasso, “reo” più che altro di non aver accettato di immolarsi al suo posto, si commenta a sé. A ben vedere, semmai, è proprio al leader designato a livello Romano che sarebbero toccati l’onore e l’onere di candidarsi, per legittimare sul territorio l’investitura e mantenere la Presidenza in mani Piddine, ma tant’è.
Sconfitta secca, senza se e senza ma, e non illuda il mero dato percentuale.
L’apparente tenuta rispetto al voto del 2012 è dovuta ai 5 anni di “governo” e di piena occupazione dei posti di potere e di gestione del consenso ma nonostante ciò….
Andiamo al dato che ci riguarda da vicino, quello Brolese.
Qua il responso è ancora più facile.
“Quelli di prima” e quelli che verranno, chi più chi meno, vincono praticamente tutti.
Perdono, anzi straperdono, soltanto “quelli di ora”: Ninetto Germanà insieme alla sua amministrazione in carica.
Pippo Laccoto perde il seggio, arretra di circa 1.400 voti, becca “solo” 3.600 voti di scarto dal debuttante Franco De Domenico ma soprattutto resta schiacciato tra Pietro Navarra, leader della nouvelle vague del Piddì Messinese e Beppe Picciolo che allo stato manca il seggio per un centinaio di voti ma evidenzia una significativa performance tanto a livello personale quanto a livello di lista.
Laccoto insieme alla faccia ed alla nomea di politico abile, vede svanire anche la fugace leadership provinciale ereditata dall’uscita di Genovese.
Eppure il “Professore” che tutti (lui compreso, salvo un certo nervosismo dell’ultima ora) all’inizio davano comodamente primo, avrebbe dovuto ricordare che una trentina d’anni fa quando le elezioni universitarie erano occasione di confronto tra i partiti e tra le correnti democristiane il giovane Pietruccio Navarra, con i suoi candidati metteva sistematicamente in riga quelli dei figli d’arte dei capicorrente messinesi della DC. La mano evidentemente è rimasta buona…
Laccoto si consola con il dato locale, per ora. Un risultato, quello Brolese, che grazie alla collaudata organizzazione e complice la capacità di incarnare a livello locale il voto concorrente tra onorevoli, va oltre la semplice tenuta. I segnali del dopo voto ad incominciare da una entusiastica sopravvalutazione del numero 838, dicono che realisticamente c’è già il primo candidato a sindaco alle amministrative del 2019. La riprova si avrà all’esito delle prossime politiche.
A Brolo vincono bene anche i sostenitori di Francantonio Genovese, che nonostante una campagna elettorale in salita ed il fuoco incrociato dei due deputati locali strappano quasi 400 voti per il giovane Luigi.
Il ragazzo merita una menzione per lo spirito e la determinazione con cui è sceso nell’arena elettorale affrontando tanto i competitori quanto il pubblico inferocito ed assetato di sangue. Luigi, checché se ne dica, oltre alla disponibilità di mezzi fa intravedere quella stoffa che è nel patrimonio genetico della famiglia.
La scelta e la forza di rinunciare ad alcuni anni di comoda spensieratezza giovanile per anticipare una complicata discesa nell’agone, che comunque era scritta, meritano considerazione.
Tornando a Nino Germanà, il disinvolto trasformismo che oramai è diventato una sorta di marchio di fabbrica, dopo avergli portato in dote un assessorato nel governo di centro sinistra di Crocetta non gli ha impedito un disinvolto e repentino ritorno al seguito di Musumeci, nonostante l’abbandono di 4 anni fa.
Ma nonostante la compartecipazione al fallimentare governo Crocetta abbia pagato in termini di voti personali, ciò non è stato sufficiente a garantirgli il ritorno a Sala D’Ercole ove, più che altro, si era fatto notare per un assenteismo da primato.
Germanà, i cui sostenitori a livello locale non nascondevano ambizioni da primo posto, nonostante la solita campagna elettorale in grande stile arriva soltanto terzo surclassato anche dall’ottimo Tommaso Calderone, sostenuto a Brolo dall’Avv. Carmelo Occhiuto, autentica rivelazione di questa competizione.
I Rumors dicono che la particolare benevolenza di Musumeci e le note aderenze salottiere potrebbero portargli comunque in dote l’agognato assessorato, ma anche se fosse non sarà la stessa cosa.
Il buon Ninetto sfodera i suoi 11.000 voti ma i due che lo hanno messo in riga, ne mettono sul piatto oltre 30.000, senza assessorati.
La sonora sconfitta sul campo della ostentata “presenza sul territorio” resta.
Se Germanà in generale perde, a Brolo come dicevamo, si procura un autentico bagno di sangue.
La portata del dato potrà sfuggire ai forestieri ma non ai Brolesi. 469 voti nel 2012 quando era all’opposizione, 603 oggi, dopo tre anni di “amministrazione”.
Il voto, scarso, diventa pessimo in relazione a quello degli altri ed in confronto ai numeri che in occasione di Regionali e Politiche, facevano le amministrazioni precedenti, espressione, al tempo, di ben altro gradimento nel paese.
Chi lo chiama fiasco, chi lo chiama flop, chi la chiama grandissima mala figura, fatto sta che Brolo, a stragrande maggioranza, ha decretato ciò che è nell’aria da tre anni e mezzo (praticamente dall’indomani delle elezioni amministrative) e di cui tutti, a parte Ninetto e gli intimi dell’amministrazione, hanno netta percezione, ovvero un sonoro “NON SIETE GRADITI”.
Punto.
L’articolo nelle sue espressioni e nei contenuti non sempre coincide con la linea editoriale. Ma in perfetta linea con la trasversalità del giornale, ricevendolo, lo abbiamo pubblicato integralmente aspettando eventuali puntualizzazioni, risposte, precisazione ed altri punti di vista.
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