L’evento teatrale-culturale del 28 dicembre al convento San Francesco di Patti “Superstione. Religione, Guarigione” e lo spettacolo “le Majare” ha portato alla luce un’antica leggende pattese su Donna Villa che viveva in una grotta nel promontorio di Tindari e come Circe mangiava e uccideva i marinai quando questi non cedevano al suo canto e alla sua magia infilzava le dita nella roccia per la rabbia… Un articolo pubblicato nel giorno della Befana, quasi un’associazione del “magico” popolare, quando nella dodicesima notte dopo il Natale, dopo il Solstizio Invernale la vecchia Madre Natura dell’anno trascorso doveva essere bruciata come un ramo secco per far si che dalle sue ceneri risorgesse, con la luna nuova, la giovane natura feconda.
Un plauso per aver valorizzato questo posto tutt’oggi visitabile tra sentieri privati e non, va all’associazione culturale Tindari e al suo Presidente Daniele Giddio che coraggiosamente, come volontariato, organizza escursioni indimenticabili in questo posto da mozzafiato.
Un luogo – quello della Grotta di Donna Villa – dove il suono del canto dei gabbiani si mescola ai soffi eoliani del vento tindaritano, creando suggestie emozioni.
Tanto si è detto su questa Circe sicula – interessante quanto scrisse al tempo Nino Lo Iacono ch già nel lontano 1997 rivelò questa leggenda in Nauloco e Diana Facellina aprendo la strada ad archeologi e ricercatori sulla storia territorio pattese – che seduce con richiami e canti gli incauti viaggiatori che affascinati la raggiungono perdono i propri averi, il bene dell’intelletto e anche la vita.
Se qualcuno ha l’animo di resisterle – scrive Carmelo Micalizzi, medico messinese con la passione per la storia – Donna Villa diviene una furia.
Folle di rabbia percuote le pareti della caverna. Le sue dita bucano la roccia e vi lasciano le impronte.
Le ricchezze delle vittime, ammassate infine nel più recondito anfratto, sono un favoloso tesoro che però non si trova poiché è legato a un sortilegio.
Nell’immaginario della gente del luogo Donna Villa è una donna necessariamente bella nell’aspetto e il nome riassume funzione e semantica di quelle speciali qualità estetiche.
Infatti Villa < Velia < Bella, da cui, ad esempio, i cognomi Di Velia, Divella (Di Bella), La Velia (La Bella) e il toponimo Villezzi (Bellezze).[…]
E continuando scrive ancora
[…] L’antro di Donna Villa sporge a picco sul mare di Tindari. Vi si accede per la contrada Roccafemmina, toponimo dal trasparente rinforzo semantico, attraverso un ripido e stretto sentiero reso impraticabile dalle frane e dai cedimenti subiti nei secoli.
L’interno si articola su due differenti livelli separati da un pavimento in amalgama di roccia e frammenti fossili di ossa d’animali.
Le pareti appaiono diffusamente bucherellate da tanti piccoli e irregolari fori, segno delle colonie di litodomi del pleistocene, epoca in cui quelle rocce erano ancora sommerse dal mare, gli stessi che la leggenda vuole invece provocati dalle violenti ditate della folle Donna Villa.
Spingendosi con difficoltà attraverso un angusto cunicolo dai variegati frammenti stalagmitici si giunge ad una seconda grotta di più modeste proporzioni e in successione ad una terza ancora più piccola che mostra al centro un pozzetto profondo alcuni metri e sparsi ai lati antichi frammenti di corde e di legno come gradini di improvvisate scalette forse da qualcuno portate per la ricerca del tesoro incantato.
Nella lettura popolare, la destrutturazione della leggenda, individua in Donna Villa un trasparente simbolo di morte.
È Sirena che effonde malia e seduce col fascino del canto e delle movenze.
È Medusa poiché pietrifica di orrore riflettendo la colpa della vittima e riduce in ossa come sassi.
È Fata perché determina il destino, il fato degli uomini e ne fila, tesse e recide la trama dell’esistenza.
È Morgana, signora del miraggio, incantatrice delle acque che illude e da l’oblio.
È Donna di locu e Donna di fora, poiché abita un alto e scosceso promontorio frammentato dai terremoti, proteso sul mare, corroso dal mare, che è finis terrae, limite e confine, è quasi isola.
Come le Donne di fora volano sul litorale jonico, verso i promontori di Scaletta e Schisò giungendo da capo Sparti vento, così Donna Villa spazia sulle acque del Tirreno tra le cale di Oliveri e Patti e le Eolie, bella signora di quel tratto di mare.[…]
Per giungere alla grotta:
Lo stretto sentiero, si diceva, è indicativo di un percorso iniziatico che si reitera e completa nella caverna articolata su due livelli a picco sul mare e che si snoda in più antri terminando con un pozzo.
Percorso esoterico quasi come labirinto che nasconde il tesoro legato da sortilegio con il sangue delle prede di Donna Villa.
I frammenti delle ossa sparse sono infatti retaggio di sacrificio oppure orrida traccia di chi ha fallito nella ricerca del tesoro.
Per leggere tutto l’interessante articolo di Micalizzi su MessinaIerieOggi ecco il link
http://www.messinaierieoggi.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1734:la-leggenda-di-donna-villa&catid=52:carmelo-micalizzi&Itemid=2519
Ecco una rara carrellata di foto gentilmente concesse dall’associazione stessa.
per leggere sull’evento:
http://scomunicando.hopto.org/notizie/majare-quadri-evocativi-un-passato-presente-nella-cultura-popolare/
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