– di Corrado Speziale –
A Piazza Duomo, in una fredda serata messinese, il cantautore di Bagnoli è riuscito a “riscaldare” il pubblico, accorso in numero discreto solo all’ultimo momento e nel corso dell’esibizione. Bennato, con mezzo secolo di musica d’autore alle spalle e la grinta e la voglia di sempre, ha alternato brani vecchi e nuovi, molti dei quali passati alla storia, rievocando le tematiche che hanno ispirato la sua vita musicale. Il cantautore partenopeo è stato accompagnato dalla sua collaudata Be Band: Giuseppe Scarpato e Gennaro Porcelli alle chitarre, Raffaele Lopez alle tastiere, Arduino Lopez al basso, Roberto Perrone alla batteria.
Il concerto, ad ingresso gratuito, era inserito nel cartellone degli eventi “Luci su di Me – Il Natale della Rinascita”, organizzato dal Comune di Messina.
“Speriamo, non dico in primavera, ma almeno in estate, di poter fare dei concerti come quello di stasera, magari con meno freddo…”. Questo, il saluto del cantautore partenopeo, alla fine di un’esibizione non semplice, ieri sera a Piazza Duomo.
All’inizio veniva da pensare: “La realtà non può essere questa…”, dal testo del brano scritto da Edoardo Bennato col fratello Eugenio in periodo di Covid. Super green pass, raccomandazioni, controlli, la serata particolarmente fredda, sembravano fattori determinanti a far restare la gente a casa. Invece, alla fine, nonostante le tante difficoltà, una certa risposta c’è stata.
Certo, gli anni 80 sono lontani per tutti, in particolare per chi, come Edoardo Bennato, con la sua chitarra e la sua armonica, riusciva a riempire gli stadi. Ma ogni momento ha le sue peculiarità, e proprio Bennato, a suon di rock e di blues, dall’acustico all’elettrico, negli anni d’oro della musica d’autore italiana ha scritto incancellabili pagine di storia che non smette mai di rievocare in ogni concerto.
Anche ieri sera, in piazza Duomo, l’inizio è stato dei più tradizionali, all’insegna della semplicità e della passione senza tempo che contraddistingue il cantautore napoletano, da “one man band” acustica: chitarra, kazoo e grancassa. Abbi Dubbi, Sono solo canzonette, e Il Gatto e La Volpe, fanno da apripista al concerto. A seguire, entra la band ed esplode il rock: La Torre di Babele, Meno male che adesso non c’è Nerone, Bravi Ragazzi. Ogni brano è accompagnato da video che riportano disegni, animazioni e didascalie con i temi trattati nelle canzoni. Bennato rievoca con attenzione alcune specialità che l’hanno reso grande, come le favole elaborate e musicate magnificamente come metafore per raccontare in senso critico la realtà: Pinocchio e Peter Pan, ovvero, “Burattino senza fili” e “Sono solo canzonette”. “Cinquant’anni fa ho descritto l’Italia di oggi – dice Bennato – ci sono i gatti e le volpi, i mangiafuoco, il grillo parlante, ci sono tanti personaggi…” Da qui, annuncia ed esegue in maniera intensa e coinvolgente Quando sarai grande: “Siamo tutti iscritti nel gioco bellissimo della vita e da bambini poniamo delle domande ai grandi che restano evasivi”.
Mangiafuoco, esalta l’anima rock di Bennato e della sua band, con un assolo di batteria finale. Prima del sempre emozionante e tanto atteso appuntamento col sogno de l’Isola che non c’è, rigorosamente in acustica, Bennato fa un break con la provocazione: Magari sì Magari no, nel senso che “l’unica regola è non dire mai la verità…”. A seguire, il clou dell’ultimo Bennato, particolarmente ispirato: A Napoli 55 è a musica. Pezzo particolarmente articolato con le chitarre di Porcelli e Scarpato in grande evidenza. Quest’ultimo, si vestirà addirittura da David Gilmour sulle note di “The Wall”. Tra i temi non poteva mancare il Bennato architetto, sempre attento alle criticità e alle contraddizioni della sua Napoli, veicolate attraverso le vibrazioni del rock blues di Joe Sarnataro:
Sotto viale Augusto che ce sta? A seguire, la dedica a chi “ha preso il posto di San Gennaro”, dunque Diego Armando Maradona: E’ asciuto pazzo ‘o padrone. Dagli anni 90, un tuffo agli inizi: Rinnegato. E ancora, un brano simbolo, Cantautore, ottima proposta con due chitarre elettriche ed una acustica. Dopodiché, una dedica speciale alle donne, con tanto di video riferito a coloro che hanno subito violenza. Il cantautore: “Credo che in questo pianeta il buonsenso femminile sia importante, un ingrediente fondamentale…”. La fata è una metafora straordinariamente calzante: “C’è chi ti urla che sei bella, che sei una fata, sei una stella, poi ti fa schiava, però no, chiamarlo amore non si può”. Ed era il 1977.
A Bennato non è mancata neppure una certa sensibilità geopolitica: “L’Asia del futuro è il destino incerto dell’umanità”, 1985. Il salto nell’attualità: periodo di lockdown, i fratelli Bennato, insieme. Edoardo scrive una ballata e la passa ad Eugenio. Un percorso acustico nella loro brillante storia, da cui nasce La realtà, una presa di coscienza sui sentimenti, con al centro la rete virtuale, riproposta in piazza con due chitarre acustiche, una elettrica e l’armonica. Sul finale si rivolge al pubblico come fosse una ciurma: “Siete solidali con me…e mi difenderete”, e con un nuovo salto nel passato si veste da Capitan Uncino col suo Rock.
L’uscita e il rientro, con altra dedica: “Dicono di noi” di tutto… Ma siamo semplicemente, fortunatamente, Italiani.
Come tali, ci riconosciamo anche l’invettiva e la contraddizione che Bennato aveva cantato con tanta enfasi, ironico e pungente in “Burattino senza fili”, con cui ha chiuso il concerto: “Tu andrai In prigione… e che ti serva da lezione…”