Brolo, i funerali, i silenzi, le folla, le lacrime di tutti, il dolore di chi resta. Il lutto e la sua difficile se non impossibile elaborazione. Brolo piange – ancora una volta – la sua meglio gioventù che andata via.
A volte non si trovano le parole, a volte è difficile comprendere come una piazza che si riempie per spettacoli e concerti diventi cavea per raccogliere il lutto, il dolore, di un intera comunità, anzi di altro e oltre.
Poi si vedono due bare, le maglie sopra, i ragazzi che si stringono intorno, gli sguardi nel vuoto di chi li ha amati.. tutto è più chiaro, ma non comprensibile.
Brolo, nel giorno dopo i funerali dei due ragazzi rimasti vittime nell’incidente del curvone di Capo Skino, all’alba del passato lunedì, è ancora in silenzio.
Come quello, irreale, che si avvertiva in un’assolata piazza Annunziatella dove – di fatto – si è radunta una folla immensa per salutare , per l’ultima volta, Antonio Caporlingua e Antonio Pizzuto, amici … per sempre.
Solo singhiozzi, occhi umidi ad ascoltare le parole di chi ha ricordato, quelle di Gabriele che piange i “fratelli” e che ha fatto piangere tutti, o quelle del sindaco, e poi il rito della comunione, otto tra diaconi e preti sul palchetto diventato altare, che ha accomunato tutti, nel dolore, come non mai.
Si comprende come s’intenda che il lutto sia la reazione emozionale che si sperimenta quando perdiamo una persona significativa della nostra esistenza. Come sia il tempo che segue alla sua morte.
Si comprende come Brolo sia da giorni a lutto.
Sentiamo di aver perso una parte di noi stessi e, com’è naturale, sappiamo che sperimenteremo un periodo di sofferenza e difficoltà.
Non si può amare qualcuno e perderlo, senza sentirsi soli e deprivati del suo affetto, della sua esistenza, senza diventare vulnerabili e provare dolore.
Il lutto è come una ferita, il cui processo di cicatrizzazione e di guarigione richiede tempo e fatica, e tante volte queste ferite non si cicatrizzano più .. diventano “Assenze”… per sempre.
I palloncini bianchi, volati in cielo, diventano allora un simbolo, mentre le famiglie rientrano in case senza più sorrisi.
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