L’APPELLO CONGIUNTO ANFFAS, ANGSA, UNITI PER L’AUTISMO, SIMA, CNR PER L’ATTIVAZIONE DI UN MODELLO DI SORVEGLIANZA ATTIVA PER TUTELARE LE FASCE PIÙ A RISCHIO
La tanto preannunciata “Fase 2” è ormai alle porte e mai come ora è fondamentale tutelare le persone con disabilità intellettive e con disturbi del neurosviluppo, le loro famiglie e coloro che lavorano con loro e per loro, affinché non vengano ancora una volta dimenticate e abbandonate a loro stesse come purtroppo accaduto nelle settimane e nei mesi passati.
Per questi motivi, nei giorni scorsi Anffas, Angsa, Uniti per l’Autismo e la Società Italiana di Medicina Ambientale – SIMA, con il supporto dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR, hanno siglato una lettera appello condivisa da una crescente parte della comunità scientifica, con l’obiettivo di portare l’attenzione sulla forte criticità delle residenze, per un urgente intervento sia nelle strutture già coinvolte sia in quelle finora risparmiate da COVID-19.
A seguito di tale lettera appello e del comunicato stampa relativo, le associazioni di cui sopra hanno ora redatto una lettera congiunta che è stata inviata all’On. Roberto Speranza, Ministro della Salute, al Dott. Claudio D’Amario, Direzione Generale Della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, al Dott. Andrea Urbani, Direzione Generale Della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute, al Prof. Silvio Brusaferro, Presidente Dell’ISS, al Dott. Paolo D’ancona, Gruppo di Lavoro ISS Prevenzione e Controllo delle Infezioni, e per conoscenza al Dott. Antonio Caponetto, Capo dell’Ufficio Per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità, in cui sono state poste in evidenza alcune criticità emerse in maniera evidente rispetto alle strutture residenziali in questo periodo di emergenza per il Coronavirus, con il fine di strutturare una proposta di intervento da poter mettere in atto.
In particolare, la lettera riporta la proposta di attivare urgentemente un modello di sorveglianza attiva per le RSD (1,2) e in generale per tutte le strutture residenziali per persone con disabilità, che prevede nel dettaglio:
- l’esecuzione di tampone nasofaringeo e orofaringeo a tutte le persone residenti e agli operatori delle strutture
- l’immediato isolamento delle persone risultate positive, indipendentemente dalla sintomatologia, l’allestimento di strutture/settori di isolamento per le persone residenti positive
- per le persone residenti sintomatiche l’impiego dei protocolli approvati (e continuamente aggiornati) per l’assistenza domiciliare
- l’attivazione di applicativi e percorsi di telemedicina, monitoraggio e training per operatori e familiari
- l’adeguamento del personale in forza nelle RSD e nelle varie strutture residenziali per persone con disabilità.
Considerata l’importanza del tema trattato nella lettera, che si allega alla presente, chiediamo la massima diffusione della stessa soprattutto ai fini della piena tutela delle persone con disabilità, in particolare intellettive e con disturbi del neurosviluppo, delle loro famiglie e di tutti coloro che operano nelle residenze sanitarie a vario titolo, che in questa grave situazione di emergenza sono stati, ancora una volta, dimenticati.
Il testo della lettera
OGGETTO: ATTIVAZIONE DI UN MODELLO DI SORVEGLIANZA ATTIVA PER TUTELARE LE FASCE PIÙ A RISCHIO: APPELLO DI ANFFAS, ANGSA, UNITI PER L’AUTISMO, SIMA, CNR.
Pregiatissimi,
le sottoscriventi Organizzazioni ed Enti desiderano portare alla Vostra attenzione alcune criticità emerse in maniera evidente rispetto alle strutture residenziali in questo periodo di emergenza per il coronavirus, col chiaro
fine di strutturare altresì una proposta di intervento da poter mettere in atto.
La prima fase della pandemia ha messo fortemente alla prova la tenuta del sistema sanitario, con conseguenze più gravi per le persone fragili. L’elevato numero di contagi tra le persone residenti nelle ridette strutture e gli operatori, sanitari e non, delle stesse ha dimostrato la necessità di adeguare le norme di sorveglianza e assistenza sanitaria alle caratteristiche della pandemia. La gravità della situazione nelle strutture colpite dal contagio ha destato grande preoccupazione nelle associazioni dei familiari, che hanno lanciato un appello congiunto attraverso Anffas, ANGSA e Uniti per l’Autismo, con il supporto scientifico di SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) e scientifico-tecnologico dell’IRIB-CNR (IIstituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche), proponendo di attivare urgentemente un modello di sorveglianza attiva per le RSD (1,2) e in generale per tutte le strutture residenziali per persone con disabilità.
Segue il razionale scientifico e il contenuto della proposta. RAZIONALE SCIENTIFICO
L’esperienza italiana offre importanti spunti di riflessione per ottimizzare l’intervento nella fase di emergenza e per pianificare le strategie per le prossime fasi della pandemia da SARS-CoV-2. Oltre ad affrontare le gravi conseguenze di COVID-19 nell’elevato numero di soggetti contagiati, occorre contemporaneamente pianificare e attuare strategie per prevenire l’ulteriore diffusione della pandemia. Quest’ultima richiede una gestione sul territorio (3,4), risparmiando i presidi ospedalieri dal contagio ed evitando che diventino essi stessi amplificatori della diffusione (5).
La nota esperienza di Vò Euganeo, piccolo comune in provincia di Padova, consente di trarre alcune importanti considerazioni per la prevenzione e la gestione dei focolai all’interno di comunità chiuse.
Il riscontro del primo caso di COVID-19 è stato immediatamente seguito dall’esecuzione di tampone naso/orofaringeo a tutti gli abitanti di Vò, con isolamento dei soggetti positivi (circa il 3% della popolazione) seguendo percorsi di sorveglianza attiva precedentemente predisposti (6). Questo modello ha consentito un tempestivo ed efficace controllo del focolaio locale. La positività del tampone in numerosi soggetti asintomatici ha dimostrato che il criterio clinico (febbre e sintomi respiratori) non consente di individuare molti dei soggetti contagiati e potenzialmente in grado di diffondere l’infezione, riscontro – in seguito ampiamente confermato dalla letteratura scientifica – che deve necessariamente essere tenuto in considerazione nella pianificazione delle strategie di contenimento delle prossime fasi della pandemia.
Il “modello Vo’” risulta particolarmente rilevante in situazioni in cui non è pienamente realizzabile il rispetto delle comuni misure di contenimento, soprattutto se si tratta di persone fragili, maggiormente esposte alle conseguenze di COVID-19. È il caso delle persone che risiedono nelle Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) o in altre strutture residenziali, anche socio-sanitarie o socio-assistenziali, molte delle quali con disabilità intellettiva grave, pertanto non in grado di osservare le norme igieniche e di distanziamento.
La diffusione del contagio di SARS-CoV-2 all’interno di comunità chiuse rappresenta la principale modalità di trasmissione (7).
Pertanto, la tutela delle persone con disabilità che vivono nelle strutture residenziali dipenderà dalla: 1) efficienza delle misure di prevenzione; 2) tempestività dell’isolamento dei casi positivi e 3) gestione medica secondo i protocolli attualmente disponibili per l’assistenza domiciliare.
La riorganizzazione dell’assistenza sanitaria del prossimo periodo si focalizzerà sulla prevenzione della diffusione e sulla gestione medica territoriale.
Le strategie di prevenzione ed intervento dovranno tener conto non solo delle caratteristiche del virus, ma anche delle peculiarità dell’ospite, molto importanti nel determinare la gravità di COVID-19.
Le persone anziane e i soggetti con malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete e obesità hanno finora riportato la più alta letalità. Una iperattivazione immunologica e fenomeni tromboembolici hanno un ruolo patogenetico rilevante nel danno d’organo da COVID-19, soprattutto in soggetti con una preesistente situazione di stress metabolico, nonostante apparente buon compenso sul piano clinico. Oltre agli anziani e alle categorie già ricordate, occorre valutare il rischio dei singoli gruppi di fragilità, individuando le possibili strategie per la messa in sicurezza.
Attualmente non sono disponibili dati relativi alle conseguenze di COVID-19 nelle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo. Tuttavia, alcune caratteristiche lasciano ipotizzare conseguenze più gravi in caso di infezione per questo gruppo di persone. Oltre alle caratteristiche comportamentali che possono rendere l’intervento medico e la prevenzione sanitaria assai complesse, alcune caratteristiche metaboliche (in primis, anomalie della risposta allo stress ossidativo, obesità, sindrome metabolica) e anomalie immunitarie potrebbero concorrere ad un decorso più grave (8-11). Il possibile interessamento neurologico in corso di COVID-19 (12), costituisce un ulteriore motivo di rischio per le persone con preesistenti disturbi del sistema nervoso (13).
Sono attualmente disponibili dati circa la gravità di COVID-19 nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) (14). In attesa di dati ufficiali, le allarmanti notizie che giungono dalle strutture residenziali per persone con disabilità italiane (15) confermano l’ipotesi di maggiore fragilità di questi soggetti. Per tale motivo, Anffas ONLUS ha diffuso un articolato documento, per favorire conoscenze e facilitare l’assistenza delle persone con disabilità intellettiva e disordini del neurosviluppo (16).
Proposta per un modello di sorveglianza attiva per RSD
Le caratteristiche della vita comunitaria, l’alta probabilità di trasmissione all’interno di comunità chiuse, l’impossibilità di ottenere il rispetto delle misure di contenimento (impiego di dispositivi di protezione, lavaggio frequente delle mani, distanziamento sociale) da parte di persone con disabilità intellettiva, rendono prevedibile la rapida diffusione del contagio all’interno delle strutture residenziali, con effetti sulla salute assai più rilevanti rispetto alla popolazione generale. Un modello di sorveglianza attiva consentirebbe di intercettare e risolvere i focolai già presenti e prevenirli nelle strutture ancora risparmiate. Da tale modello è attesa la massima efficacia, non solo in termini di risparmio di vite umane, ma anche di spesa sanitaria: l’investimento di risorse per mantenere in salute le persone con disabilità delle strutture residenziali, verrebbe ampiamente compensato dalla mancata spesa per l’assistenza in caso di contagio. A ciò si aggiunge la protezione degli operatori e la prevenzione della diffusione nei loro contatti.
Il modello di sorveglianza attiva prevede:
1-esecuzione di tampone nasofaringeo e orofaringeo a tutte le persone residenti e agli operatori delle strutture. Dal momento che si tratta di una situazione evolutiva, dovrà essere previsto un monitoraggio della situazione, con periodica rivalutazione dell’indagine (almeno nelle fasi iniziali, sarebbe opportuno un controllo settimanale del tampone nasofaringeo per tutte le persone residenti e per tutti gli operatori). Dovrà essere previsto un percorso psicoeducativo affinché le persone disabili collaborino all’esecuzione del tampone ed una formazione agli operatori coinvolti relativa alle peculiari caratteristiche e necessità della popolazione coinvolta. Le indagini sierologiche dovranno essere prese in considerazione appena saranno disponibili test validati.
2-immediato isolamento delle persone risultate positive, indipendentemente dalla sintomatologia (febbre e/o sintomi respiratori). Dunque, allontanamento immediato degli operatori risultati positivi e trasferimento delle persone con disabilità positive in settori o strutture dedicate a COVID.
3-allestimento di strutture/settori di isolamento per le persone residenti positive (asintomatiche o sintomatiche) con efficaci zone filtro. L’intervento prevede la riorganizzazione degli spazi interni delle residenze (es padiglioni dedicati) o utilizzo di altre strutture messe a disposizione da AST o Comune di appartenenza.
4-per le persone residenti sintomatiche, impiego dei protocolli approvati (e continuamente aggiornati) per l’assistenza domiciliare. Gli organi di vigilanza sanitaria e i gestori delle RSD dovranno concordare in modo inequivocabile le norme per la sicurezza, fornitura e modalità di impiego di dispositivi di protezione individuale, strumenti per diagnostica e farmaci. Il coordinamento della diagnostica e terapia medica sarà supervisionato dalle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) équipe mediche che si occupano dell’assistenza a domicilio delle persone positive.
5- attivazione di applicativi e percorsi di telemedicina, monitoraggio e training per operatori e familiari per il supporto necessario durante l’emergenza sanitaria al fine di garantire la continuità degli interventi terapeutici.
Per i pazienti COVID-19, inoltre, può risultare opportuno attivare App di telemedicina per facilitare il monitoraggio a distanza ed il controllo dei sintomi. L’App dovrà essere gratuita, personalizzabile da ogni RSD o Centro e gestibile in autonomia per quanto riguarda la gestione dei dati. Contemporaneamente ed indipendentemente, andranno formati gli operatori e i familiari, attraverso strumenti di teleconferenza, per aiutare nella delicata situazione legata all’emergenza.
6-adeguamento del personale in forza nelle RSD e nelle varie strutture residenziali per persone con disabilità. L’allontanamento degli operatori,sanitari,sociosanitari e socioassistenziali, risultati positivi, pone la questione del rispristino di un organico adeguato alle necessità di assistenza, sia nel settore delle persone residenti in struttura risultati negativi, sia del settore COVID, in cui sono ricoverate le persone positive (sintomatiche e asintomatiche). Per l’assistenza medica delle persone residenti in struttura con COVID, il personale medico e infermieristico potrà acquisire in breve tempo competenze per l’applicazione di protocolli delle USCA, da cui potrà essere formato e supervisionato. Sarà inoltre necessario adeguare e formare il personale educativo e psicologi per aiutare i pazienti a sostenere il cambiamento di routine, abitudini e le novità introdotte dalla situazione.
Il rigore delle misure di protezione potrà favorire le migliori condizioni di lavoro e, se necessario, la partecipazione di personale volontario, fino ad ora comprensibilmente frenato dall’elevata possibilità di contagio per sé e per la propria famiglia per la mancanza di garanzie di sicurezza (17).
Conclusioni
La Fase 1 della pandemia sta per concludersi. L’evidenza scientifica consente di razionalizzare e ottimizzare l’intervento sanitario in vista delle prossime fasi. La messa a punto di strategie coerenti, volte sempre più a “tagliare la strada” al virus, piuttosto che a ad inseguirlo, sarà il presupposto della ricostruzione di un sistema multidimensionale, in cui lo stato di salute della popolazione e la ripresa economica dovranno necessariamente viaggiare insieme.
La tutela della fragilità costituisce un valore inalienabile, che caratterizza profondamente una società civile. Pertanto, la messa in sicurezza delle persone più fragili ha un valore di elevata portata sociale. La possibilità di razionalizzare l’assistenza sanitaria delle strutture residenziali è attualmente supportata da evidenze scientifiche che richiedono la tempestiva correzione delle strategie che si sono dimostrate improprie. Il solo criterio clinico (febbre e sintomi respiratori) si è dimostrato inadeguato per seguire le vie di diffusione e può essere assai fuorviante se considerato da solo. Pertanto, il potenziamento della diagnosi (tamponi e indagini sierologiche) appare questione centrale, eventualmente con il supporto delle numerose strutture che hanno offerto la collaborazione per potenziare la processazione dei tamponi sul territorio nazionale.
La riorganizzazione delle RSD, secondo un modello di sorveglianza attiva per COVID-19, rappresenta un modello di tutela delle persone con disabilità. Sarebbe un importante messaggio, in uno scenario internazionale che ha mostrato preoccupanti segnali di discriminazione per l’accesso alle cure delle persone con disabilità. Si rimane in attesa di riscontro e si dichiara la più ampia disponibilità a fornire eventuali ulteriori chiarimenti e la collaborazione che il caso richiede, onde poter veder accolta la proposta sopra esplicitata.
Grati per l’attenzione che sicuramente si darà alla presente, porgiamo cordiali saluti.