FOIBE – La “Rauti” di Messina ricorda Norma Cossetto
Cronaca Regionale

FOIBE – La “Rauti” di Messina ricorda Norma Cossetto

 

il documento

 

Parlare di Foibe, al giorno d’oggi, lascia il tempo che trova.

Spesso non se ne conosce l’esatta natura del termine, o per lo più, si ignora, che tra il 1943-45, il massacro perpetrato per mano partigiana, affonda le proprie radici in un genocidio massiccio di italiani, possibili oppositori, secondo gli epuratori titini, al comunismo.

Vi sono tracce indelebili, storie nella memoria collettiva, che per troppo tempo, sono rimaste in silenzio, proprio per non intaccare il mito della Resistenza, quei liberatori che in nome del Proletariato, fecero razzia di ogni sorta, eccidi efferati, che non necessitavano di essere studiati e approfonditi neppure a scuola, perché è più facile omettere e dimenticare, il ruolo di vittime e aguzzini.

Nessun equilibrio di civile Memoria, nonostante la legge del 30 Marzo 2004 n.92 poiché la trattazione di certi fatti, deve svolgersi ai fini di apologia democratica, pacifista e antifascista.

Ma oggi, basta guardarsi attorno, per comprendere bene quante Foibe sociali, urbane, e morali aggradano la nostra città, le periferie, il totale abbandono dei villaggi. Strade trasformate a voragini, soldi stanziati per la riqualifica dell’asfalto, lavori mai iniziati, ponti decadenti alla mercè del tempo, scuole poco sicure, luoghi simbolo divorati dall’incuria generale.

E’ strano, rendersi conto di quante Foibe ci trasciniamo dietro giorno dopo giorno, insieme a quei volti sconosciuti dell’Italia del 1943-45.

E ci fermiamo qui, anche perché, vorremmo affidare il nostro Ricordo per il 10 Febbraio, a Norma Cossetto, una bellissima ragazza di 24 anni di Santa Domenica di Visinada, laureanda in Lettere e Filosofia.

In quei maledetti giorni, nel settembre del ’43, la giovane girava per i comuni dell’Istria per porre a compimento la tesi di laurea “Istria Rossa”, ma la sua vita venne stravolta per sempre  da un gruppo di partigiani che irruppero nell’abitazione Cossetto, prelevando Norma, in nome di “espropriazione proletaria”.

La ragazza non volle aggregarsi a loro, e rinchiusa in un ex Caserma dei Carabinieri di Visignano con parenti e altre persone, fu trasferita alla scuola di Antignana, dove legata e fissata sul tavolo, fu seviziata e violentata ripetutamente da 17 aguzzini.

Poi, denudata e con le braccia legate da un fil di ferro, fu gettata ancora in vita in una foiba.

Il  macabro ritrovamento del corpo, svelerà la ferocia dei partigiani: i seni della giovane pugnalati, parti del corpo smembrate, e un pezzo di legno conficcato nelle parti intime.

Per oggi, cercate un momento per soffermarVi a ricordare i crimini delle Foibe, una prece, dentro una Parrocchia qualunque, senza bisogno di eclatanti manifestazioni.

Perché sia fatta Luce, alle tantissime migliaia di vite strappate con violenza, colpevoli solamente di essere Italiani.

…                                                …

Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale con un ingresso a strapiombo.

È in quelle voragini dell’istria che fra il 1943 e il 1947 sono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.

La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell?8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano ‘nemici del popolo?. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima del terrore titino che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’italia e la Jugoslavia. Ma il dramma degli istriani e dei dalmati non finisce.

Nel febbraio del 1947 l’italia ratifica il trattato di pace che pone fine alla Seconda guerra mondiale: l’istria e la Dalmazia vengono cedute alla Jugoslavia. Trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scappano dal terrore, non hanno nulla, sono bocche da sfamare che non trovano in Italia una grande accoglienza. La sinistra italiana li ignora: non suscita solidarietà chi sta fuggendo dalla Jugoslavia, da un paese comunista alleato dell’uRSS, in cui si è realizzato il sogno del socialismo reale. La vicinanza ideologica con Tito è, del resto, la ragione per cui il PCI non affronta il dramma, appena concluso, degli infoibati. Ma non è solo il PCI a lasciar cadere l’argomento nel disinteresse. Come ricorda lo storico Giovanni Sabbatucci, la stessa classe dirigente democristiana considera i profughi dalmati ‘cittadini di serie B?, e non approfondisce la tragedia delle foibe. I neofascisti, d’altra parte, non si mostrano particolarmente propensi a raccontare cosa avvenne alla fine della seconda guerra mondiale nei territori istriani. Fra il 1943 e il 1945 quelle terre sono state sotto l’occupazione nazista, in pratica sono state annesse al Reich tedesco.

Per quasi cinquant’anni il silenzio della storiografia e della classe politica avvolge la vicenda degli italiani uccisi nelle foibe istriane. È una ferita ancora aperta ‘perché, ricorda ancora Sabbatucci, è stata ignorata per molto tempo?. Il 10 febbraio del 2005 il Parlamento italiano ha dedicato la giornata del ricordo ai morti nelle foibe. Inizia oggi l’elaborazione di una delle pagine più angoscianti della nostra storia.

10 Febbraio 2015

Autore:

admin


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