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https://www.change.org/p/francesca-albanese-al-premio-nobel-per-la-pace
La voce scomoda di Francesca Albanese non si spegne. Nonostante gli attacchi, le critiche, le sanzioni del Dipartimento di Stato americano dopo il suo ultimo, coraggioso rapporto sulle complicità economiche del genocidio a Gaza, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi è oggi più che mai un simbolo per chi crede nella giustizia internazionale.
Mentre gli Stati Uniti la colpiscono per il suo lavoro, un’ondata di solidarietà attraversa l’Italia e il mondo.
«Sono commossa da quante persone stanno prendendo la parola in difesa del mio lavoro», ha dichiarato sabato Albanese, ribadendo la sua determinazione: «Stare uniti contro gli abusi è fondamentale, e ancor più fondamentale fermare il genocidio. Insieme possiamo».
Una mobilitazione civile e culturale
Accanto a lei, oggi, ci sono associazioni come Anpi e Auser, decine di artisti, scrittori, musicisti, registi che hanno firmato la lettera aperta promossa da Tlon (Andrea Colamedici e Maura Gancitano), rivolta anche alle istituzioni italiane. Un appello netto: difendere una cittadina italiana sanzionata non per un crimine, ma per aver adempiuto al suo mandato ONU, chiedendo al Parlamento una mozione unitaria per la sua protezione diplomatica.
Le firme sono migliaia, le petizioni a sostegno della Relatrice. E mentre a Gerusalemme Netanyahu propone Donald Trump per il Nobel per la Pace, in Italia c’è chi candida Francesca Albanese allo stesso riconoscimento: la sua candidatura è stata formalmente proposta da Avs, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo, mentre una mozione per la sua protezione e candidatura è già stata presentata alla giunta di Roma, che la discuterà a breve.
«Questa mobilitazione – ha commentato Enrico Calamai – ha avuto un successo non immaginato e dimostra che c’è tanta gente che sostiene chi fa il proprio lavoro, chi difende la giustizia internazionale e non dimentica ciò che sta accadendo a Gaza».
Durissimo, invece, il giudizio sul Governo italiano, che finora non ha speso una parola per difendere la propria connazionale: «È contraddittorio il comportamento del Governo, che resta in silenzio davanti a una cittadina sanzionata per aver svolto il suo mandato internazionale», denuncia Calamai.
Una voce per Gaza, una voce per la verità
Francesca Albanese non si è piegata alle intimidazioni e ha continuato a denunciare le violazioni dei diritti umani, le responsabilità dirette e indirette di chi fornisce armi, tecnologie e copertura politica a una guerra che ha già devastato migliaia di vite civili palestinesi.
In un mondo in cui la verità è spesso scomoda, e chi la dice paga un prezzo altissimo, la sua figura incarna la forza di chi non si arrende alla logica del più forte. «Insieme possiamo», ha ripetuto lei stessa, rivolgendo il suo appello non solo a chi la sostiene, ma a chiunque abbia a cuore la dignità umana e la legalità internazionale.
Oggi, più che mai, le sue parole risuonano come un monito: stare uniti contro gli abusi è fondamentale. E fermare il genocidio, lo è ancora di più.