testo e foto di Corrado Speziale.
Il sole ed il clima che ci accompagnano a Giampilieri sono gli stessi dello scorso anno, qualche giorno dopo il disastro….
Il luogo si presenta invece sotto i nostri occhi con le sembianze di una normale vita quotidiana che custodisce fondamenti di dignità difficilmente riscontrabili altrove.
La scuola del paese, allora quartier generale della Protezione civile, è ritornata ad essere tale con una denominazione che ci riporta immediatamente a quella tragica notte di una anno fa: “Simone Neri”, militare della Marina, indimenticabile “eroe”, deceduto nella catastrofe dopo aver salvato 9 vite umane.
Una troupe di Sky Tg 24 riprende i bambini appena usciti da scuola che giocano a palla nella piazzetta recentemente restaurata.
Un container – l’unico rimasto in paese – sostituisce il vecchio chioschetto reso inagibile, mentre il tabacchino, trasferitosi a Santa Margherita, è fruibile quassù solo ad orario part time, nelle ore mattutine.
Per il resto hanno potuto aprire i battenti solo ed esclusivamente i piccoli esercizi commerciali ricadenti nelle zone ritenute sicure dalla Protezione civile, le cosiddette “zone verdi”.
Ma non è poco, considerata la catastrofe di un anno fa. E poi, i volti, le parole e gli sguardi degli interessati, manifestano una cauta ma al tempo stesso straordinaria soddisfazione: è questione di dignità, appunto.
Lungo la via Chiesa, ripulita dall’immane quantità di detriti che l’avevano sepolta, non passano inosservate molte, troppe porte realizzate con rudimentali assi di legno, segno di abitazioni “tombate”, case tristemente abbandonate.
Ma non passa inosservata neppure qualche porta in ferro a fare da uscio alle abitazioni di chi non si è arreso e continua a crederci, non intendendo più dare scampo ad eventuali, malaugurate, colate di fango assassine.
Cogliamo, inoltre, molte case le cui finestre “piangono” ancora lo stesso fango dell’anno scorso, come fossero occhi di chi non trova conforto alla visione di tanta disgrazia. Piace poi, notare la “riconquistata” altezza, valutabile in oltre tre metri, di un’antica lapide che all’atto dell’alluvione era stata quasi sommersa dalla massa detritica.
Lasciata la via Chiesa, testa e gambe dirottano verso via Puntale, zona – simbolo della sciagurata notte di un anno fa, quella che ha pagato il tributo più alto in termini di vite umane.
Allora, fu tale la distruzione in quest’area che molti corpi furono recuperati, pietosamente, alcuni giorni dopo.
Al di là della rimozione di macerie, massi e detriti, e di qualche puntellamento atto ad evitare ulteriori crolli, si può testimoniare la permanenza delle medesime condizioni di allora: tutto distrutto, con la differenza che stavolta la devastazione, superato lo shock iniziale, dà il senso di un vuoto indefinibile e quindi incolmabile, avendoci riconsegnato un luogo dove il tempo si è fermato e la vita non trova forma oltre i ricordi, i sentimenti e la pietà che lo stesso emana.
Un incredibile, religioso silenzio, avvolge quest’area che può essere considerata la “Ground Zero” delle zone alluvionate, un luogo della memoria di tante vite spezzate in cui fiori, oggetti ed altre testimonianze, assumono un carattere sacro ed inviolabile.
Ad accentuare questo aspetto, in concomitanza con l’anniversario, contribuiscono anche due file di lumini rossi che, posti ai margini della scalinata, faranno da cornice alla commovente fiaccolata di stasera. Ma in prossimità e dentro l’area non mancano neppure sane e convinte forme di sdegno e di proposta verso enti e classe politica, manifestate attraverso numerosi volantini attaccati ai muri, in cui un nuovo comitato chiede che vengano predisposti interventi che contemplino la tutela e la valorizzazione del borgo medievale. Intanto, lungo i versanti della montagna che causò la tragedia, si colgono i primi interventi strutturali di messa in sicurezza, un segnale ovviamente rasserenante, ma che nell’animo e nella mente di chi piange i propri morti ha un sapore comunque amaro, di quelli che non lasciano terreno a considerazioni benevole dinnanzi ad un così tragico destino affiancato da incurie e manchevolezze del passato.
Oggi ricorre il primo anniversario della tremenda alluvione che colpì Giampilieri, Scaletta Zanclea, Molino, Altolia e Briga Superiore, causando un disastro che ha lasciato dolori e ferite indelebili, uccidendo 37 innocenti, 6 dei quali sono ancora dispersi, e forse lo saranno per sempre.
Ieri mattina, nel ricordo della tragedia, nei locali della scuola, è stata allestita una mostra di pittura del “Museo del FANGO”, mentre oggi pomeriggio, alle vittime, verrà dedicato un monumento a forma di lira, l’antico strumento la cui musica accompagnava il dolore.
Ci saranno incisi sopra i loro nomi, con la speranza che ciò avvenga nella mente nella coscienza di tutti.