Il “mercoledì culturale” di Messina diventa occasione per parlare di dignità umana, povertà e disuguaglianza sociale.
Ne abbiamo discusso con Turi Zinna.
Retronoveau e Querelle, nella loro rassegna “Chilometro Uno”, si mostrano ancora attenti alla cultura ed alle diverse tipologie d’arte: ospiti di questo 5 dicembre Turi Zinna e Giancarlo Trimarchi.
Contestualizzato nel periodo del fascismo italiano, in occasione della visita di Mussolini a Catania nel 1937, l’originale spettacolo “Il Muro – Cronachetta di una civile apartheid”, ha positivamente colpito il pubblico.
L’opera, brillante recital nato dall’incontro tra beat elettronici e prosodia, è l’adattamento teatrale del racconto dello stesso Salvatore Zinna “Una storia per errore”, dal volume “Catania sotterranea”.
Protagonista ed eroe comune della storia è Gioacchino, povero barbiere del quartiere di San Berillo a Catania. Il malcapitato, scambiato per un dissidente durante l’allestimento dei preparativi per l’arrivo del Duce nella città Catania, diventa l’obbiettivo delle angherie delle squadracce dei gerarchi locali.
Brutalmente picchiato e umiliato, costretto a ingollare il famigerato “quarto di litro di olio di ricino”, costretto in tutto questo a scusarsi e ringraziare per le manganellate, Gioacchino cerca disperatamente di tornare a casa, ma trova la strada che porta alla sua casa interrotta da un muro, una serie di palizzate alzate perché non fosse possibile vedere le condizioni di degrado e spaventosa povertà di una delle zone, ancora oggi, più povere di Catania. Una netta linea di demarcazione, posta a dividere la Catania “bene” da quella dei proletari, dei senza tetto, degli immigrati, degli straccioni.
L’espressività di Zinna e l’energia della musica di Trimarchi accompagnano lo spettatore all’interno della tragedia di Gioacchino, permettendo di sentire fin dentro le viscere il dibattersi di quello stesso “morto” che costituisce la tortura del barbiere.
Gioacchino non è un rivoluzionario, né un nemico del potere costituito, ma soltanto un uomo al posto sbagliato nel momento sbagliato. Con inconsapevolezza, raccoglie l’oltraggio e torna verso casa. Una vittima, senza ombra di dubbio. Ma anche un essere umano, che nel momento di massimo disagio, di vergogna, di malessere, mantiene la dignità di essere umano.
Tema quanto mai attuale, in un’epoca non estranea all’ampia forbice che divide una popolazione molto diversa per stato sociale ed economico. Una “società bene” che spesso ostenta opulenza e toni alti, ricchezza e benessere, che si vergogna della povertà e la nasconde, finge che non esista.
Una società e un potere, un paese che, in perenne competizione con gli altri stati, ha paura di fare cattiva figura con i suoi “morti di fame”, vorrebbe cancellare la propria realtà di miseria, come tentavano di fare i dittatori sudamericani, con i muri, brillanti di artistici graffiti, posti a nascondere le favelas, i sobborghi.
<<Tornando a casa, dopo mezzanotte, con la bocca spaccata di calci, la schiena mazziata di segni, la faccia cafuddata di pugni, le reni fracassate dai manganelli cazzuti del duce, non ci vuole molto a immaginare l’intestino come una cassa da morto col morto che cerca di scappare e il barbiere Gioacchino che cerca di trattenerlo dentro perché non gli scappi lì, in mezzo alla strada. Quel cadavere putrefatto. E gli vien da piangere, per quel morto, per quell’uomo che avevano ammazzato dentro di lui, gli vien da piangere. Ma non può farlo, perché non sa farlo. Non gliel’hanno insegnato. Un uomo adulto non piange, meno che mai in epoca fascista>>.
Alla fine dello spettacolo, Turi Zinna si è mostrato molto disponibile al confronto e si è pronunciato sui contenuti e sulle tecniche utilizzate nella rappresentazione appena presentata.
La mia prima domanda riguarda ovviamente lo spettacolo a cui abbiamo appena assistito.
Le volevo chiedere: principalmente cosa vuole comunicare attraverso questo spettacolo riguardo il fascismo e soprattutto ha scelto un personaggio non “principale” dal punto di vista storico, ma un povero, un barbiere, per parlarne?
Assolutamente non sono interessato a un racconto sul fascismo, non era questo l’intento, tutt’altro.
Il fascismo è stato una cosa che ha condizionato, è stato presente nella storia nostra, ma non è questo il punto della faccenda.
Questa è la storia di una separazione naturale che è avvenuta negli anni, soprattutto al sud, dove la storia ha “punito” oltremodo delle classi subalterne.
E allora, in una dimensione, che poi per me si è evoluta in un altro spettacolo che si chiamava “Ballata del San Berillo” in epoca assolutamente democratica, imperniata sullo smembramento del quartiere di San Berillo, esattamente dove abitava questo barbiere che rappresentavo stasera, questa era diciamo una premessa.
Già allora prima che avvenisse lo smembramento eccetera, c’era una separazione molto forte fra una città egemone e una città subalterna.
Questa la forza finale di questa lunga canzone, concepita così con Giancarlo Trimarchi, il musicista che ha composto con me questa performance.
È una sorta di possibile trascendenza, di libertà interiore che va oltre l’ingiustizia sociale, al giorno d’oggi per altro molto attuale, no?
Abbiamo comunque una divaricazione profondissima fra una classe media che si è impoverita in una maniera pazzesca e una élite piccolissima che in qualche modo mantiene dei privilegi o addirittura si arricchisce sempre di più.
Ora, in questa fase l’idea è che uno possa ritrovare, comunque, una forza interiore, una capacità di aderire all’umano al di sopra delle separazioni, al di sopra delle palizzate che ci impongono , palizzate che sono non contro la povertà ma contro i poveri veri e propri.
Potremmo dire che ci si vergogna…
La sensazione generale di impoverimento che si sta vivendo in Europa in questo periodo porta delle reazioni anche, io ho citato “Alba Dorata”, quasi per vedere alcune assonanze fra alcuni discorsi di Mussolini che ho messo prima e delle potenziali cose che adesso si richiamano a quello e che comunque hanno un’analogia…
In Grecia sta succedendo che dove più ci si impoverisce più succede che la gente reagisce chiedendo protezione di un certo tipo, chiedendo…
Nuovi punti di riferimento…
Nuovi punti di riferimento che facilmente vanno verso uno sbocco non democratico, verso poteri forti e autoritari. In questo senso si, c’è un’idea politica dietro, ma in realtà io credo che quello di cui si tratta in teatro, nello spettacolo, è la capacità di tornare ad una possibile “pienezza dell’umano”. Ora senza stare a dare messaggi, perché a me non interessa farlo, se è passata è passata, è una favola, cioè semplicemente una favola.
Potremmo dire che in questo il suo personaggio trova la salvezza alla fine no?
Si, la trova in un momento di dignità, letteralmente. Io credo che le persone abbiano un diritto alla dignità che spesso viene negato a livello sociale, ma questo non significa che ciascuna di esse non abbia un valore assoluto di dignità e umanità. A me non va mai di spiegare, perché è come spiegare una canzone, certo, ognuno interpreta e, soprattutto, sente a modo proprio lo spettacolo con cui entra in contatto.
Sì, se ha suscitato un’emozione e se ha dato una spinta che va al di là del contenuto, questo per me è importante e quindi abbiamo lavorato molto sulla forma.
La novità, se vuole, per me è lavorare su una potenziale ritmica del racconto, su una prosa che diventa prosodia, che ha un incalzare metrico abbastanza preciso, per star dentro a delle dinamiche musicali elettroniche, techno, l’uso dell’amplificazione, l’uso di queste cose qua che l’avvicinano, per assonanza, a dei modi di fluire contemporanei, ma che comunque è dilatata rispetto alla canzone.
Poter mescolare i linguaggi. L’incontro con Giancarlo Trimarchi è stato questo: nessuno di noi ha rinunciato alla propria specificità.
Non è un accompagnamento musicale, ma è proprio una costruzione musicale che abbiamo fatto.
È un tutt’uno, abbiamo composto le parti come se fosse una partitura, quindi, l’idea di fondo è di costruire la prosa come fosse una partitura musicale.
Perfetto, anche perché l’altra mia domanda sarebbe stata il perché voi abbiate scelto di rappresentare con questo metodo lo spettacolo, però lei ha già dato una risposta a questo.
Diciamo che è pensato così. L’idea di lavorare non su un verso, perché non è quello, anche se in alcuni momenti c’è proprio la ricerca del suono, delle parole, eccetera. Però c’è un livello di comunicazione che deve passare attraverso il coinvolgimento in maniera contemporanea che richiama però a cose antichissime.
C’è l’epica, il racconto epico che è cadenzato… quindi è una ricerca, nel contemporaneo, di ripensare a una tradizione.
Tutto sommato trovo che sia un metodo tradizionale, non solo un modo innovativo.
Diciamo che guardando a fondo è un metodo molto più “classico” di quanto possa sembrare a primo impatto. Perché normalmente uno vede la musica techno e pensa sia qualcosa di fortemente moderno e fuori dai canoni classici, in realtà il vostro è piuttosto un richiamo all’arte, ad un metodo di rappresentare classico.
Si, io sono rimasto molto affascinato, da tutto questo, però non mi andava di rifare il “cunto” come molti fanno.
Non di riproporre quella stessa dinamica, eppure un po’ l’ho studiata, ho cercato di andarci dentro.
In realtà ho pensato ad una situazione in cui comunque, vuoi o non vuoi, siamo tutti un po’ in una sorta di globalizzazione anche culturale: dalla cultura hip hop alla cultura tradizionale. Tra le due, tutto sommato, c’è molta più vicinanza di quanto si possa immaginare.
Ora io non mi sono messo a fare l’hip hop perché non era questo il caso, ma l’idea era anche di sfruttare delle dinamiche, o per lo meno di invocare quelle dinamiche.
Lo spettacolo è stato presentato da Chilometro Uno per Querelle, Gigi Spedale e Vincenzo Tripodo con la collaborazione di Retronouveau, da un’idea di Vincenza Di Vita.
Con il patrocinio di Latitudini e Regione Siciliana.
Retronoveau è in via Croce Rossa n°39 a Messina
Retronouveau è la parola composta per eccellenza.
Il vecchio e il nuovo che s’incontrano per intraprendere una sorta di dèjà vu scintilla dove le esperienze e la formazione di ognuno si sporgono fino a vedere il futuro luccicante, senza averne paura.
Retronouveau nasce dalla necessità di non avere vincoli temporali né di genere.
Dal concetto di avanguardia vista come ciò che verrà, perché qualcosa già c’è stato.
In anni in cui la cultura del nuovo strizza perennemente l’occhio al vecchio non potevamo non rendercene conto.Serviva un buco spaziotempo dove si mischiano le mode, il costume e i volti.
Retronouveau è diventato in questi anni un motore sociale, ha ospitato centinaia di artisti da tutto il mondo, ha cambiato il modo di concepire un prodotto, che finalmente gioca sulla trasversalita’ delle idee e sul confronto costante al di fuori dello spettacolo vero e proprio.
Retronouveau e’ il coraggio di mettersi in gioco, di rischiare, per capire.
Dare tanto a chi chiede molto.
Dare nulla a chi vuole niente.
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Retronouveau ha ospitato tra gli altri i concerti di:
A Toys Orchestra Adam Ficek (UK) Adels Albanopower Amor Fou Amycanbe Anelli Soli Appaloosa Atari Babyblue Bad Love Experience Bandabardo’ Be Forest Big Mimma Black Friday Bob Corn Bradipos 4 Brunori Sas Brusco Bud Spencer Blues Explosion Bugo Capputtini i Lignu Casa Del Mirto Cleo T Colle Del Fomento Criminal Jokers Dale Rocka & the Volcanoes Demo Mode Dente Di Martino Diaframma DID Doctor Com Drink To Me Edible Woman Eveline The Crazy Crazy World Of Mr.Rubik Fish in gods Acquarium Fitness Forever Frost Gentlemens Agreement Gentless 3 Green Like July Grimoon Guru Banana Guy & gli Specialisti Hank! Iotatola His Clancyness Honeybird and The Birdies Hugo Race (Australia) Il Cielo di Bagdad Jackie And His Loaders Jumpin Quails Kyle L’incompreso La Muga Lena Le Li Leggins Les Spritz Liz Green (UK) Lo Stato Sociale Low Frequency Club LowLine (UK) Man On Wire Management del Dolore Post Operatorio Mantra above the Spotless Melt Moon Maria Antonietta Marika & Milioni di Muschi Marlowe Massimo Volume Matrimia Mimi’ Sterrantino Miss Chain And The Broken Heels Missincat Mombu My Awesome Mixtape Nicolò Carnesi No Seduction Nobraino Non Linear Nordgarden Paolo Mei & Il Circo D’ombre Pepi Band Pink Holidays Plastic Made Sofa Pressione su Malta Radiochimica Rekkiabilly Roberto Angelini Royal Baths (USA) RUNI Sans Papier Sea+Air Sick Tamburo Soviet Soviet Strike Superpartner Surfadelics Sycamore Age Tapso II Ten Dogs Thank You For The Drum Machine The Audience (GER) The Branches The Cyborgs The Fire And I (Scozia) The Hacienda The Jackie-Os-Farm The Loud (UK) The Out Key Hole The Record’s The Second Grace The Walrus Thony Toti Poeta Trbant Underdog Une Passante Waines We Love Mamas Wild Strikes WOT Yori’s Eyes Zen Circus