IL PALLONE E LE ELEZIONI – Tra metafore e verità profonde
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IL PALLONE E LE ELEZIONI – Tra metafore e verità profonde

A Barcellona la metafora del calcio nelle elezioni

Prima puntata… dedicata a Calabrò, seguiranno le altre due dedicati agli altri candidati
Una serie di articoli sui singoli candidati… giusto per dire.
Spesso i lapsus riconducono a delle verità profonde, pregne di significato: la dialettica sul calcio che in questi giorni si sta imbastendo nella campagna elettorale barcellonese ha investito i tre candidati a sindaco della città del Longano, mettendo in luce le fragilità psicologiche di chi viene catapultato in una competizione elettorale di cui non aveva piena contezza.
Da qui vengono fuori e si delineano i caratteri e si affermano le personalità dei contendenti.
Il primo che viene alla ribalta è l’avvocato Pinuccio Calabrò che in almeno tre occasioni fa notare che lui sostanzialmente non aveva mai pensato a candidarsi:
1) la prima davanti a Rino Piccione, direttore editoriale de “Il Tirreno” e giornalista di chiara fama e di lunghissimo corso, quando il candidato pensa di mettere in cattiva luce il giornalista tentando di fornirgli un’anticipazione in ordine al sistema rifiuti e Piccione lo redarguisce dicendo che aveva dato la notizia almeno due giorni prima.
2) La seconda nel comizio di domenica scorsa in cui sempre il candidato del centro/destra ribadisce che se dovesse essere sconfitto tornerebbe a fare ovviamente il penalista, che è la sua professione forense.
3) Ma nell’occasione parla di rifiuti e del sistema Daro (rectius: ARO), quando invece si tratterebbe in realtà di un sistema ibrido che, nella versione applicata a Barcellona P.G., coniuga maldestramente per una parte del territorio la raccolta differenziata mediante il porta a porta, mentre per la rimanente porzione viene effettuata la raccolta differenziata, mediante appositi mezzi scarrabili che vengono trasferiti di volta in volta secondo un sistema di calendarizzazione con la fissazione di orari per ciascun quartiere e per ciascun tipo di rifiuto.
Certo viene fuori che il Calabrò, così manifestandosi, non è messo bene in termini di conoscenza del territorio, né di contratti in essere presso il comune di Barcellona P.G., né dei servizi che devono essere resi con una attenta misurazione del grado di efficacia e di monitoraggio dei costi.
Di qui si perviene che sul fronte rifiuti il candidato non percepisce che aumentando la quota di raccolta differenziata è possibile ridurre il costo complessivo del servizio, che grava, per obblighi di legge, tutto sul cittadino mediante la corrispettiva tassa della TARI. Per cui risulta che più inefficiente si rende il servizio, più questo viene a costare.
E più costa il servizio inefficiente più si induce il cittadino all’evasione, giustificata dai mancati controlli del comune e dalla poca vigilanza sul territorio.
Ma la polemica che rende esiziale l’atteggiamento del candidato Calabrò si riscontra quando fa di tutto per allungare i tempi del confronto pubblico con gli altri contendenti. Si dimostra cioè preoccupato, forse perché non conosce bene i temi o forse perché i suoi addetti alla comunicazione arguiscono la necessità di una maggiore prudenza, perché reputano più utile centellinare le uscite pubbliche?
Calabrò ancora una volta, nel finale di questa vicenda, impiega arditamente la metafora calcistica, secondo cui quando si è piccini c’è sempre stato il bambino più ricco che porta la palla e stabilisce le regole del gioco, ma se vede che sta per perdere la partita si riprende la palla ed interrompe il gioco.
A quante esperienze di questo tipo abbiamo avuto modo di vivere nella vita adolescenziale… quando il figlio viziato di turno imponeva la sua prepotenza mettendosi, quando stava per perdere la partita, la palla sotto il braccio ed abbandonando il campo lasciando, delusi, i suoi compagni di gioco, perché non voleva perdere battendo capricciosamente i piedi per terra.
Se questo era comprensibile a quella età, l’odierna esperienza elettorale, interpretata in questa maniera, evoca solo inadeguatezza, incompetenza ma soprattutto una immaturità che non rende il soggetto affidabile per quel ruolo di responsabilità: in questi casi ricordiamo a tutti che un sindaco non può vivere di nervosismi, cadute di stile e risentimento, invece è chiamato ad assolvere al suo specifico compito mettendosi al servizio degli altri, così semplicemente, senza superbie e senza arroganza.
La politica non è gioco per ragazzini è una responsabilità che comporta un impegno serio, non certo disinvoltamente affrontato solo per ambizione personale.
A questo ritratto seguiranno altre due puntate che verranno dedicate ai 2 rimanenti candidati.
MSM
16 Settembre 2020

Autore:

redazione


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