il Decreto Sicurezza approvato dal Parlamento non ci piace
un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione della protesta sociale
La recente approvazione del Decreto Sicurezza da parte del Parlamento, su proposta del Governo Meloni, rappresenta un passaggio di estrema gravità per il sistema democratico italiano. Non si tratta di una semplice riforma normativa, ma di un vero e proprio cambio di paradigma nella gestione della protesta sociale, della libertà di dissenso e del ruolo dei servizi di sicurezza.
Un attacco diretto al diritto di manifestare
Il primo e più evidente motivo di preoccupazione è rappresentato dall’inasprimento delle pene previste per ogni forma di manifestazione pubblica, in particolare per chi si oppone alle cosiddette “Grandi Opere”, a partire dal controverso Ponte sullo Stretto. Non si tratta solo di repressione post-fatto: il decreto introduce misure preventive e indiscriminate, tese a silenziare il dissenso ancor prima che possa essere espresso. Un vero attacco al diritto costituzionale di manifestare, che rischia di criminalizzare ogni voce critica.
Il potere opaco dei Servizi Segreti
Ancora più inquietanti sono le disposizioni contenute nell’articolo 31 del decreto, dedicate ai Servizi Segreti. È vero, è stata eliminata la norma che prevedeva l’obbligo per università e pubbliche amministrazioni di fornire dati riservati ai Servizi, ma la facoltà di collaborazione rimane. Una “facoltà” che, in un sistema già fortemente gerarchizzato, potrebbe facilmente trasformarsi in pressione o prassi consolidata.
Ma ciò che desta maggiore allarme è la legittimazione e il potenziamento delle operazioni sotto copertura: viene data possibilità agli agenti infiltrati di non solo operare all’interno, ma addirittura di dirigere associazioni eversive e mafiose. In un Paese come il nostro, segnato da stragi di Stato, connivenze oscure e ambiguità storiche nella gestione dei Servizi, questa norma rischia di consolidare un modello di “controllo” autoritario, in cui la linea tra legalità e devianza diventa sempre più sfumata.
Dal diritto alla verità al pericolo dell’oblio
A fronte di tutto ciò, l’idea di verità e giustizia – tanto per il passato quanto per il futuro – sembra svanire. Il decreto, nella sua essenza, sancisce la regressione verso un modello di sicurezza repressivo e opaco, in cui la trasparenza delle istituzioni viene sacrificata in nome del controllo.
Altro che giustizia e democrazia: siamo di fronte a un regime strisciante, che rischia di spegnere ogni speranza di luce.