Tommaso Buscetta, che dichiara sin dall’inizio di essere e di rimanere un uomo d’onore, ma Favino, in un’interpretazione magistrale lo rende talmente umano da farne accettare le contraddizioni.
Il nuovo film di Marco Bellocchio, film in concorso al Festival di Cannes appena concluso, conquista pubblico e critica ma non la giuria.
Il tema, tipico ormai di molti film e serie tv, la mafia, viene qui declinato in maniera assolutamente originale. La Sony ne ha acquisiti i diritti per la distribuzione americana, e l’uscita italiana ha contato 543mila euro d’incasso solo nei primi tre giorni di programmazione dall’uscita del 23 maggio.
Ma stavolta si vedrà qualcosa di diverso.
I personaggi sono disgustosi per come deve essere, e Bellocchio rinuncia ai suoi deragliamenti onirici, salvo qualche scena dove proprio di sogni si tratta, rendendo fedeltà alla storia e mostrandoci cosa è la mafia. Certo lo fa attraverso un personaggio controverso come Tommaso Buscetta, che dichiara sin dall’inizio di essere e di rimanere un uomo d’onore, ma Favino, in un’interpretazione magistrale lo rende talmente umano da farne accettare le contraddizioni.
Il paragone con Buongiorno notte, sull’omicidio Moro, non è fattibile dunque se non in una scena, quella finale: Moro libero che se ne va via, Buscetta che uccide un uomo dopo aver aspettato decenni. Queste due scene ribaltano i film, e devo dire in maniera antitetica ma straordinaria.
Il racconto ne “Il traditore” è molto lineare, con flash back e didascalie facili, e pochissime digressioni.
Nella prima scena lo vediamo a una festa per il giorno di Santa Rosalia del 1980, mentre si aggira con aria preoccupata e pensierosa per i saloni della grande villa che ospita la festa che avrebbe dovuto segnare la pace tra palermitani e corleonesi, e che poi è stata preambolo per la Seconda guerra di Mafia, e lo seguiamo fino al momento della sua morte, avvenuta vent’anni dopo.
Il rapporto col giudice Falcone lo rende quasi simpatico, ed è un rapporto che lo segnerà. Non sapremo mai se la sua testimonianza è un modo per difendere la famiglia o una vera e propria vendetta, le scene in tribunale sono magnifiche di una brutale concretezza, ma lui è lì sulla sua sedia, di spalle agli avvocati e non guarda nessuno se non il presidente. Ci sarà un confronto con l’amico di sempre Giuseppe Calò, un bravissimo Fabrizio Ferracane, ed è lì che si sente tutto il dolore e la rabbia di Buscetta a cui hanno ucciso tanti parenti, ma soprattutto i due figli e per mano proprio di Calò, dirà un altro testimone.
Da sottolineare anche la bellissima e credibile interpretazione di Lo Cascio che fa Totuccio Contorno, che al contrario di Buscetta nel suo interrogatorio guarda tutti, risponde agli insulti dei processati.
La ricostruzione storica è rigorosa e documentata.
E poi l’umiliazione dell’interrogatorio contro Andreotti spenge per sempre l’animo combattivo di Buscetta.
Mi permetto di dire che dopo “I pugni in tasca” e “Vincere”, questo è il più bel film di Bellocchio e l’interpretazione di Favino rimarrà nella memoria storica cinematografica.
Concludo con una chicca personale: nel ruolo della moglie di Riina c’era mia cugina Nunzia Lo Presti, che dopo i due anni della dura scuola di Emma Dante, e diverse tournée nei teatri maggiori d’Italia, debutta al cinema, e nel grande cinema. Congratulazioni.
Italo Zeus
Il Film è ancora oggi in programmazione all’AlterCinema di Gliaca di Piraino