– di Guido Schillaci –
Un piccolo negozio quasi dissimulato, (ma vedremo subito che il termine “negozio” non è appropriato) un po’ fuori strada, volutamente discosto dalla S.S. 113 e da Via Vittoria, dove si affacciano tutte le sgargianti esposizioni dei ceramisti di Santo Stefano. Mi avevano insistentemente segnalato il suo nome: e sono finalmente andato a conoscerla. Credo che la gratitudine per la mia amica Laura Esposito
non avrà mai fine, perchè grazie a lei ho conosciuto un’artista straordinaria.
Jana Merlo è una piccola signora stefanese che è stata alunna prediletta del maestro Ciro Michele Esposito, il fondatore dell’Istituto d’arte per la Ceramica di Santo Stefano di Camastra che oggi ne porta il nome. Una borsa di Studio le permise giovanissima di andarsi a perfezionare a Faenza, la capitale della ceramica artistica italiana dove si è giovata dell’ insegnamento di altri illustri maestri e si è laureata. Tornata nel suo paese, ha a lungo insegnato progettazione ceramica proprio nell’ istituto che l’aveva vista nascere come ceramista e ora che è in pensione si dedica alle sua arte.
Tanti oggetti affastellati nelle bacheche. All’inizio quasi non ci fai caso e poi quando li osservi ad uno ad uno ti accorgi che sei capitato in un posto straordinario, incantato. Jana Merlo è una ceramista singolare che da anni produce soprattutto con la tecnica Raku che è un modo di creare ceramiche molto raffinato e affascinante originario del Giappone. Gli oggetti Raku sono molto particolari per le iridescenze metalliche che vengono ottenute attraverso una lavorazione molto complessa che in pratica prevede che si bruci l’oggetto appena cotto: è proprio questa bruciatura che produce le iridescenze. Ma il Raku di Jana Merlo è davvero molto particolare: intanto per i colori. Non troverete mai un pezzo con accostamenti sgargianti o pacchiani eppure ognuno ha un caleidoscopio di colori cangianti. Quelli che l’artista predilige sono neutri, eleganti, tenui e in singolare contrasto col bruno caratteristico della cottura dello smalto.
Particolarissimi sono anche i temi ornamentali con cui arricchisce le sue opere. Geometrici e minuziosi fanno pensare a una sintesi geniale tra l’arte azteca e quella egizia. Talvolta evocano forme arcaiche dell’arte primitiva, ma nel contempo vi si affiancano suggestioni di un design modernissimo. Ed è strana e affascinante anche la sintesi tra astratto e figurativo che ci si può trovare: sono figure geometriche che per così dire riecheggiano temi naturalistici: Danno pensare a fiori, semi piante, squame di pesce e ali di farfalla. Ti emozionano, ma sempre in modo indiretto meditato e mediato. Se vogliamo sono (ma questo l’ho capito poi) una sintesi del carattere di Jana la cui dolcezza e forse la cui timidezza di fondo, sono protette e difese da un ferreo autocontrollo e da un assoluto riserbo.
Ma nelle sue opere assai particolare è anche il biscotto cioè la ceramica di base che poi viene ricoperta dagli smalti. La Merlo utilizza forme morbide, flessuose e levigate che hanno una quasi sensuale armonia, un’eleganza che più che alla ceramica fa pensare a stoffe preziose, a drappi di velluto. In questo il Raku della Merlo è davvero unico perché solo la sua maestria tecnica le permette di creare oggetti così lievi ed eleganti quando la difficoltà di cottura è assai notevole in quanto solo le alte temperature permettono di raggiungere la brillantezza voluta dei colori e le tinte stesse desiderate. Ma la cottura di oggetti così delicati è rischiosa perché è facile che si rompano o si deformino. Ceramista completa, la Merlo padroneggia magistralmente tutte le diverse fasi della manifattura: sa lavorare al tornio, sa plasmare, sa decorare, dipingere e cuocere come i maestri antichi.
I suoi oggetti non solo sono una gioia degli occhi e della mente: lo sono anche del tatto. Una ceramica lieve e sottile, leggera, quasi eterea che è già bella prima di essere decorata, e la cui materia sembra dettare i colori e i temi stilistici della ricopertura. Mi ha spiegato infatti che idea inizialmente le forme e poi le dipinge quasi in “trance”. Non ha un progetto iniziale per la decorazione. Tutto viene creato man mano come se la forma stessa le ispirasse i temi, i colori e i disegni.
Sono rimasto incantato da questo caleidoscopio di forme e di colori. E sono rimasto affascinato anche dall’autrice di questi che sono più che ceramiche, autentici gioielli. Una donna apparentemente semplice e tranquilla cui è difficile strappare le parole, che offre i suoi manufatti all’ammirazione di chi ha la fortuna di scoprirli, quasi con timidezza e con uno sguardo da bambina che nel mostrare le sue opere sembra scusarsi di avere fatto una birichinata.
La Merlo non lavora solo con questa tecnica rara che è il Raku. Anche le sue ceramiche realizzate con la tecnica tradizionale sono stupende: per la forma sempre classica ed elegantissima e per gli isoliti (per la ceramica siciliana) tenui colori pastello. Il beige, il verde acqua l’azzurro che vira verso il carta da zucchero sono quelli da lei prediletti. Anche in questo si rivela l’alunna certo più rappresentativa di Michele Esposito di cui ha ereditato il gusto severo, il controllo della forma e la capacità di trasfondere la cultura artistica in motivi e disegni che pure essendo originali e sempre nuovi, hanno tutto un mondo di richiami e rimandi a temi culturali della tradizione classica.
Jana Merlo non si mostra, non è competitiva, non è neppure interessata a vendere i suoi preziosi oggetti. Li crea solo per la gioia di crearli. E’ più facile che te ne regali uno che non accetti di vendertelo. Quando si accorge che hai “capito” la sua arte, nei suoi occhi si accende uno sfavillio tra il divertito e il timido e avviene che mentre stavi osservando un meraviglioso vaso, va a prenderne un’altro che teneva nascosto in un armadio e te lo porta soddisfatta, senza dire una parola, e tu ti accorgi che è più bello del precedente. Hai appena finito di ammirarlo che subito tira fuori un’oggetto ancora più prezioso. E poi mentre tu sei senza fiato, aggiunge con un’ aria ingenua che però i pezzi più belli li tiene a casa sua. Il che detto per inciso è vero: Le cose più belle non le vedrete nel suo laboratorio-negozio. Le sue ceramiche sono i suoi figli. Impossibile per lei pensare di privarsene. E non hanno mai un titolo. Sono solo le sue “cose”
E’ schiva. Tutti a Santo Stefano sanno che è bravissima e tutti ne parlano con rispetto, ma in fondo pochi conoscono la sua produzione e pochissimi secondo me, hanno compreso la portata estetica e culturale della sua opera così originale e unica.
Intendiamo però farle una piccola violenza nei prossimi mesi: Bisogna assolutamente che il suo paese e magari quelli vicini e se possibile qualche grande galleria cittadina la onorino con una mostra antologica, che venga fatto un catalogo adeguato, un grande libro illustrato delle sue creazioni migliori e che il suo nome e la sua arte straordinaria vengano adeguatamente fatti conoscere a un pubblico più vasto. E che desideriamo che venga filmata la sua preparazione del raku e la cottura e bruciatura finale che per la complessità dell’operazione e per la sua maestria nell’effettuarla, devono assolutamente essere documentate in video.
Nel frattempo ci consoliamo di avere scoperto un’artista straordinariamente affascinante e speriamo frequentandola di strapparle sempre più notizie sul suo mondo creativo, sulle sue motivazioni estetiche e anche sull’ iter artistico che ha compiuto, perchè man mano che abbiamo preso nota della data di creazione delle sue opere, ci siamo resi conto della sua evoluzione lenta, costante e significativa, nei temi nelle forme e nei colori. Speriamo che la cara Jana ci faccia dono di qualche commento a quanto ha creato e ci renda un poco più partecipi del suo prezioso universo interiore.