Quando un murales sintetizza e denuncia situazioni e degrado.(foto tratta dal blog di Oreste Scalzone)
Dal 22 febbraio scorso, gradualmente e a macchia di leopardo, sono state introdotte nelle carceri italiane misure restrittive imposte in nome dell’emergenza coronavirus: divieti di accesso ai volontari, sospensione delle attività formative e ricreative, sospensione di permessi e delle uscite per i semiliberi, fino ad arrivare alla sospensione dei colloqui, peraltro in un momento di così alta preoccupazione dei detenuti anche per la salute dei propri congiunti all’esterno. Queste misure, aggiuntive rispetto alla normale durezza della detenzione, hanno fatto letteralmente esplodere tutte le contraddizioni di un sistema che usa il carcere come “discarica sociale”.
Alla sospensione dei già rari colloqui con i familiari per “motivi di prevenzione sanitaria”, fa da contraltare la normale situazione delle carceri italiane che è la negazione stessa del diritto alla salute.
Nelle carceri italiane la promiscuità è forzata dal sovraffollamento, generato da decenni di gestione sicuritaria di ogni problematica sociale, e per il quale l’Italia ha già subito una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Sessantamila detenuti per cinquantamila posti, con penitenziari dove l’affollamento rasenta il doppio della capienza. Sarebbe interessante capire, in queste condizioni, come dovrebbero essere mantenute le misure di “rarefazione sociale”.
Le strutture carcerarie fatiscenti, l’insufficienza dei servizi igienici, la frequente mancanza di acqua calda, il sovrapprezzo per tutti i generi di acquisto – compresi quelli per l’igiene personale – le pesanti carenze dell’assistenza medica in caso di bisogno, fanno della condizione carceraria l’antitesi stessa, non solo delle misure sanitarie di emergenza il cui obbligo viene oggi tanto proclamato, ma anche delle banali misure igieniche di un periodo normale.
Facile comprendere come l’annullamento sostanziale di ogni rapporto con l’esterno, col relativo sovraccarico di sofferenza psicologica, abbiano scatenato una rabbia accumulata da tempo.
A questa rabbia, esplosa nelle rivolte degli ultimi giorni, lo Stato pensa di rispondere fornendo mascherine, come se potessero evitare l’espandersi di un contagio nelle condizioni descritte. L’unica prevenzione possibile a questa catastrofica eventualità è la sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane e l’adozione di un provvedimento di amnistia, l’unico in grado di ridurre sensibilmente la popolazione carceraria e, di conseguenza, i rischi connessi all’epidemia di covid-19.
Associazione Bianca Guidetti Sera