L’INTERVISTA – Un grido di rabbia che risuona da Gazzi !
Dal Palazzo

L’INTERVISTA – Un grido di rabbia che risuona da Gazzi !

 

 

E’ arrabbiatissimo G. P., 25 anni, di cui gli ultimi sette trascorsi tra vicende giudiziarie che l’hanno visto entrare ed uscire più volte dal carcere, adesso in attesa dell’appello.

All’apparenza sembra avercela col mondo intero, perché non nasconde certo il suo grande temperamento, ma è simpatico, vivace, affabile e rispettoso nel dialogo, dal quale traspare umanità e desiderio di riscatto.

In particolare, porta con sé quel chiaro sentimento di giustizia e quella voglia di far valere i sacrosanti diritti di chi, per un motivo o un altro, è costretto a trascorrere le proprie interminabili giornate dietro le sbarre in una cella.

messina_gazziGli sorridono gli occhi, poi, quando ci dice che a casa l’aspetta sua figlia, una bimbetta di appena tre mesi, di cui va fiero.

Egli, al fine di far valere le proprie istanze, ha deciso di “irrompere”, fuori tema, in qualche assemblea cittadina delle tante che se ne stando svolgendo nell’ambito del “Teatro Pinelli occupato”, uno spazio straordinariamente libero, dove gli argomenti a carattere umanitario “regnano” quotidianamente.

Neanche a farlo apposta, la mattina successiva è arrivata, per l’Italia, la condanna, da parte della Corte Europea di Strasburgo, dovuta all’annoso problema del sovraffollamento delle carceri, in violazione alla Convenzione dell’U.E.

Il caso specifico riguarda dei detenuti di Piacenza e Busto Arsizio, ma l’Italia è tristemente famosa in questo senso, perché la media dell’indice di sovraffollamento delle sue carceri è del 142,5% (dato Antigone), con punte che superano anche il 200%.

E Messina, come si sa, di record negativi se ne intende. E’ sufficiente, a tal proposito, far dare i numeri al giovane detenuto che da pochissimo tempo ha lasciato la “casa” di Gazzi, il quale si esprime tra domande e risposte: Sapete quanti detenuti ci sono a Messina? Più o meno 668, e sapete quanti ce ne entrano? 300!

messina_gazzi_2A dargli ragione interviene Clelia Marano, assistente sociale che in quel carcere ci lavora: “A Gazzi, adesso, anche la condizione delle donne è diventata disumana”. E ridà lo spunto a G: “Ci stanno circa 200 detenute – dice lui – in ambienti con la muffa. Tra loro ce n’è 5 con bambini e che pertanto necessariamente devono stare in un posto decente.”

Passa dunque alle descrizioni: “Al piano di sopra c’è il centro clinico, operativo dal 2007 per piccoli interventi chirurgici, ma sapete chi ci hanno messo dentro? I pedofili!

E qui apre una breve parentesi l’assistente sociale: “L’hanno fatto nell’assoluto silenzio, senza prima interpellare, neppur minimamente, il servizio di assistenza sociale”.

Il giovane ex detenuto, ripresa la parola, prosegue nella sua descrizione: “Hanno dovuto chiudere la sezione destinata ai reati comuni, come spaccio, furti, rapine ed altro, e spostare i detenuti sopra, nel reparto di coloro che sono gravati dell’ associazione mafiosa. Pensate un po’ –  prosegue G.– ci sono oltre 400 detenuti tutti da una parte mentre le donne risiedono nel reparto degli ammalati”.

Entra, poi, nel merito di quest’ultimo aspetto, accennando alla carenza di assistenza: “Accanto a 30 ammalati ci stanno solo due piantoni e due infermieri. Ad un detenuto, su una ferita, per errore, è stato applicato un cerotto di morfina dal dosaggio triplicato”.

E qui non resiste ad un pepato racconto in dialetto messinese: “Appena l’ho notato – dice – ho reagito ghiavannu sgabelli all’aria, tutto questo per aiutare lui e far valere i nostri diritti”.  

Secondo il detto “di necessità, virtù”, G. si è fatto anche una cultura farmaceutica: “Qualunque sia il tipo di influenza che manifesti – dice – danno solo amoxicillina e paracetamolo”.

Se la prende, quindi, con i messinesi, colpevoli di parlare senza produrre nulla, attribuendo loro il più folcloristico degli aggettivi: “Nessuno va dietro i cancelli a protestare, qui sono tutti buddaci. E lancia il suo appello: “Non voglio restare solo e non voglio essere abbandonato com’è stato sino ad ora. Immaginate quanto fa salire la rabbia vedere una persona gettata a terra mentre sei dietro una grata senza potergli dare alcun aiuto”. G., in questi anni, oltre Gazzi, è stato in cella a Mistretta e Nicosia. “Assolve”, per così dire, la struttura carceraria della prima cittadina, ma ha di che lamentarsi, in parte, della seconda, quantunque ci sia stato solo qualche giorno, denunciando un paradosso: “A Nicosia hanno ancora i cessi alla turca, e i detenuti stanno in mezzo al fetore, ma in compenso c’è un reparto medico eccezionale”.

In separata sede gli abbiamo posto qualche domanda, colloquiando con lui, affinché chiarisse meglio qualche aspetto.

 

–       Ci descrivi qualche ambiente in cui stanno i detenuti?

Il gabbiotto, ad esempio, è un corridoio con delle stanzette una di fronte all’altra ciascuna di circa 3 metri per 3 metri, in cui all’interno ci stanno da 6 a 8 persone una accanto all’altra. Si sta 20 ore al giorno rinchiusi là dentro con due ore d’aria di mattina e due di pomeriggio, rispettivamente dalle 9 alle 11 e dall’una alle 3. Quelle non sono ore d’aria, ci si può prendere solo un po’ di sole…

–       Quale potrebbe essere la soluzione per un’immediata, migliore vivibilità?

Il problema è il direttore. Se lui facesse ristrutturare l’altra sezione destinata ai reati comuni, sistemerebbe 200 detenuti, così invece è disumano, veramente disumano. Gli ammalati di cervello arrestati per pedofilia li fanno stare in chirurgia al posto di metterli in un’altra sezione. Un detenuto comune non vuol stare con chi ha commesso simili reati, è come far convivere il leone con l’agnello.

–       Com’è la situazione per quanto riguarda il cibo?

C’è sovraffollamento, per cui quando si preparano centinaia di chili di pasta, questa arriva in sezione tutta sfatta. Occorrerebbe che la scolassero cruda…

–       E la cura dell’igiene personale?

 Il bidet solitamente si fa con la bottiglia dell’acqua, ad eccezione dei camerotti, che all’interno sono invece forniti dei sanitari occorrenti per docce e bidet.

–       Chi sta nei camerotti?

–       I detenuti fortunati…

–       Come sono i rapporti tra chi è stato già condannato e chi spera di non esserlo? Esiste tra i detenuti solidarietà, umanità?

 Sì, certamente, tra di noi sì. L’importante è non far pesare la galera a chi ti sta accanto. Non puoi metterti a piangere ogni mezz’ora o ogni ora. Non che per questo, comunque, ti odiano, o ti cacciano fuori dalla cella. Il solo problema è non far stare male gli altri. Questo non lo si fa capire con le botte, come alcuni dicono, ma solo con le parole. C’è sempre un po’ di tolleranza là dentro, dico la verità.

–       C’è violenza tra i detenuti?

No. Anche se stai accanto ad un extracomunitario, non c’è alcun problema se lui è nero. Puoi essere bianco, nero, giallo, di qualunque colore. Se ti sai comportare non c’è nessun problema, sei rispettato per la persona che sei, tutto qua.

–       In base al reato che ti ha fatto entrare in galera, sei trattato in modo differente, suppongo.

No, no. Gli unici reati che fanno provare disprezzo verso chi li ha commessi sono la pedofilia e gli scippi.

–       Anche gli scippi? Come mai?

Può capitare che la vittima sia un mio, tuo o suo parente. Là dentro hanno una certa mentalità…

 

corrado speziale

 

 

13 Gennaio 2013

Autore:

admin


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