“Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale” cantava nella sua canzone più famosa Enzo Jannacci, e tanti orlandini, insieme ai “ragazzi di un tempo” di tutti i Nebrodi, agli amici di Catania, ai compagni di scuola di Marco – il figlio -, ai colleghi di Maria, la moglie, ieri era proprio là, al funerale di Enrico, nella Chiesa di Cristo Re, dove un prete-amico, padre Nello, a stento, teneva a bada la sua commozione, come in tanti, in chiesa, dove le lacrime per altri erano incontenibili.
Una partecipazione popolare, commossa, anche di tanta gente, quella comune, quella che Enrico amava incontrare, in piazza, al bar e che anche in questi anni, in giro nel variegato mondo dello spettacolo, dell’effimero, del far cultura attraverso le pellicole cinematografiche, sulle note del blues e delle discoteche aveva sempre rispettato e da cui si era fatto volere bene.
C’erano i dj’s, quelli che da ragazzi avevano iniziato a lavorare nei suoi locali; i componenti delle band di blues che si erano esibiti al Doc; c’era Ursus il più mitico dei suoi buttafuori; c’erano gli amici di sempre – Antonio, Tanino, Nino, Franco, Massimo, Donatella, Roberto…. – quelli che gli erano stati vicini in ogni momento, anche nel freddo di una morgue.
Generazioni: dai compagni di gioco, quando era ragazzo, lungo la trazzera marina, a quelli che hanno corso con lui in bicicletta ai tempi dell’Uisp, o giocato a tennis contro i suoi possenti lungolinea, o fatto politica. C’erano anche i “nuovi” amici come Gabriele e Luca, giovanissimi, che avevano da subito imparato a volergli bene.
C’era chi ha condiviso l’amore per la buona tavola – anche quella delle bettole davvero messe male -, amato i Blues Brothers, la motocicletta, il cinema.
Arriva trafelato “Titta” – da Patti – l’aveva saputo tramite il tam tam di facebook, poi attimi prima, a sorpresa da Catania appare anche Manlio, mentre da Torino Roberta e Maurizio, virtualmente, sono insieme agli altri a piangere un amico.
La chiesa è piena, Francesco, “il Giaguaro”, Saro, Silvio, Claudia, Piera, Nino, Maria, Betty, Maurizio, Franca, Dominga e Salvo, Donatella, Nuccio – tanto per citarne alcuni e non se la prendono a male chi non è elencato – c’è anche un disorientato “Massimeddu”, qualcuno dice anche che c’è tanta gente, forse è anche una scusa per evitare l’emozione, sfuggire a quell’appuntamento che nessuno aveva messo in conto.
Dentro la chiesa, intorno alla bara è un via vai di strette di mano, di abbracci, di pianto, anche gli amici incassano le condoglianze, come i parenti più stretti, tanto per loro è morto un fratello.
In prima fila la famiglia – ci sono anche i nipoti che adoravano questo zio burbero e buono, un vero punto fermo. Sono circondati, avvolti dall’affetto di chi ha voluto bene e stimato Enrico Caruso, 58 anni il prossimo 5 maggio.
Troppo giovane per andarsene con il suo ottimismo, la sua voglia di fare.
C’è Enzo Sindoni, il sindaco di Capo d’Orlando, Maria Ricciardello, presidente del consiglio di Brolo, c’è gente di Piraino e Caronia, di Milazzo e Sant’Agata, c’è anche Tano Grasso, l’amico di sempre.
“‘Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale“ avrebbe cantato Enzo Jannaci
E siamo molti al funerale di Enrico, e siamo in tanti, e siamo tutti e “la gente poi piange davvero”.
Parola di lupetto.
La gente voleva bene a questo imprenditore geniale, che non si tirava indietro neanche a guidare una betoniera, e gli vorrà bene sempre, mentre siamo diventati più umani, più autentici durante una cerimonia funebre semplice, sommessa, dove tutti eravamo già più soli.
Poi ancora le ultime parole, gli applausi, il ricordo diventa forte, ed infine gli amici che ti accompagno a spalla, fuori della chiesa, per un ultimo e mai troppo lungo abbraccio, mentre per te scorrono i titoli di coda, ritorni a casa… lasciandoci un sorriso che ci riporta, in silenzio, all’essenziale, all’interiorità, al mistero della vita.
La nota del Cross Road
L’ultimo blues per il mio amico Enrico.
Solo ora trovo la forza per scrivere (di parlare ancora non se c’è verso) del mio amico Enrico Caruso.
Lo farò tenendo solo per me e pochi altri amici i ricordi più personali che ho di Lui, voglio piuttosto soffermandomi sull’aspetto “pubblico” di Enrico.
Penso che se Enrico fosse una canzone la si potrebbe registrare alla SIAE come di “pubblico dominio”, una composizione che tutti conoscono ma di cui non è possibile risalire al compositore.
Parlo di Enrico imprenditore culturale, figlio di operaio comunale e con licenza di terza media (eravamo compagni di classe), perché intendo riconoscergli il giusto merito: quello di avere aggiornato l’agenda culturale della città di Capo d’Orlando, che si trovava ancora ferma ai tempi della mostra di pittura “Vita e paesaggio di Capo d’Orlando” e della celeberrima “sapore di sale, sapore di mare”, siamo agli anni ‘60/’70.
L’attività imprenditoriale e culturale di Enrico parte con la gestione del vecchio cinema Odeon, nell’ultimo periodo di esistenza di quella struttura, egli seppe subito dare nuovo impulso ospitando in prima nazionale alcuni film di Vittorio Sindoni, programmando le pellicole dei migliori film in uscita in contemporanea con le proiezioni nelle città capoluogo siciliane.
Alla chiusura e demolizione dell’Odeon egli, col geniale intuito dell’imprenditore di razza, diede vita a quella formidabile esperienza dell’Alter Doc, nei primi anni ’90, un locale poliedrico che di volta in volta si trasformava in cinema, in discoteca, in pub con musica dal vivo; e che musica!
Ricordo solo alcuni dei nomi che transitarono sul palco dell’Alter Doc: Banco del Mutuo Soccorso, Rossana Casale, Lino Patruno, Franco Cerri, James Senese, Sergio Caputo, Romano Mussolini grande jazzista e figlio di Benito Mussolini, e che Enrico ospitò senza alcun indugio nel suo locale definito da qualcuno “un ritrovo di comunisti…” E poi tanti musicisti gospel e blues americani, che portarono quel locale a diventare punto di riferimento in Sicilia per la musica di qualità.
Mi piace ricordare il ruolo decisivo che Enrico, con cui condividevamo assieme ad altri amici la passione per la musica blues, ebbe nella costituzione dell’associazione Cross Road Club (1994) in qualità di socio fondatore, e nella nascita del Festival Capo d’Orlando Blues. Ricordo le tante puntate fatte al Pistoia Blues Festival per ascoltare i nostri beniamini: B.B.King, Jerry Lee Lewis, Buddy Guy, Taj Mahal, Richie Havens, Albert Collins, James Cotton, Bo Didley…e le grandi abbuffate di fiorentine (intendo le bistecche) che gli piacevano al pari del blues. Fu Enrico durante uno di quei viaggi a pronunciare la fatidica frase: ma perché non organizziamo un festival blues a Capo d’Orlando? E da li partimmo per i successivi 19 anni consecutivi, senza più fermarci.
Organizzò sui Nebrodi la prima eroica tournèe di un gruppo blues (Model T. Boogie) primi anni ’90, con la conseguente produzione di relativa maglietta con la foto dei Blues Brothers e scritta “lunga vita al rhythm & blues” ( quella della foto).
Tanti gli altri viaggi, come quello a Lipari per incontrare il suo idolo Fats Domino celeberrimo pianista americano di colore, al quale consegnò un ciondolo a forma di pianoforte che fece appositamente confezionare da un orafo, con l’oro proveniente dalla fusione di una sua collanina.
Nel frattempo continuava la sua attività con le sale cinematografiche, con l’invenzione sui nebrodi delle arene estive “cinema sotto le stelle” portando anche nei piccoli paesini, dove non c’era e non c’è il cinema, le grandi pellicole cinematografiche, al pari della trama di “nuovo cinema paradiso”.
Poi l’apertura dell’Alter Cinema a Gliaca di Piraino dove insediò una multisala e dove proprio in questi giorni si stava attrezzando per portare la tecnologia 3D; ed infine, l’apertura del cinema di Brolo.
Ricordo l’attività di intrattenimento che Enrico seppe intraprendere al Lido S.Gregorio, con la gestione contemporanea di tre locali: la Tartaruga discoteca, il Pub Movida, il ritrovo Mama Papi, attività che movimentò enormemente il movimento estivo in quel Borgo. Aprì la prima balera dei nebrodi qui in via Bruca, con tanto di orchestra dal vivo e centinaia di coppie giovani e meno giovani che volteggiavano a ritmo di valzer o tango.
Con la sua incessante attività di imprenditore culturale, nelle diverse forme, diede lavoro a centinaia di giovani, diede opportunità di sano divertimento e svago a tutti. Non un imprenditore con in testa unicamente lo scopo di lucro, ma un imprenditore illuminato con grandi intuizioni e con una propria etica sia nel rapporto con il personale che con i fornitori, e con il pubblico.
Il lavoro lo portò a distaccarsi dall’intervento diretto nell’associazione Cross Road Club, ma la sua presenza ed il suo sostegno non mancarono mai in nessuna edizione del Capo d’Orlando Blues, al quale piaceva assistere indossando la maglietta dedicata, ascoltando la sua musica preferita seduto al tavolino e nel contempo sorseggiando una birra fresca.
Se mai assieme ai miei amici del Cross troveremo la forza di far partire questa 20° edizione del Capo d’Orlando Blues, lo faremo nella consapevolezza che non sarà mai più lo stesso festival, quella sedia resterà metaforicamente sempre vuota e noi tutti saremo un poco più soli.
Enrico “the bear” Caruso, questo era per tutti noi, l’orso, la roccia, era immortale, e sempre questo per me resterà.
Permettetemi quindi di dedicargli l’ultimo blues, sperando che ovunque egli sia, si troverò seduto ad un tavolino, con la maglietta del Capo d’Orlando Blues, ad ascoltare la sua musica preferita sorseggiando una birra fresca…
Cross Road Club
Nino Letizia