Dopo 26 anni il suo coraggio vive ancora… Una scelta simbolo quella che Brolo ha fatto dedicandogli un luogo, la sala multimediale, dove passa il confronto civile.
Il 26 luglio 1992, Rita Atria, disperata per ciò che era accaduto una settimana prima in via d’Amelio a Palermo, si uccide.
“Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita – scrisse Rita in una pagina di diario – Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi. Ma io senza di te sono morta”.
Il suo gesto fu una sfida e si gettò dal balcone della sua nuova casa, a Roma in via Amelia 23, dove avrebbe potuto costruire un nuovo futuro.
Rita nacque a Partanna, piccolo comune del Belice nel trapanese dove oggi la manifestazione in suo ricordo è statadiserata, vergognosamente, da tanti, ma non dai ragazzi di Libera e dalle donne dell’associazione che porta il suo nome.
Rita era la figlia di un boss di quartiere, don Vito Atria.
Il 18 novembre 1985, la ragazza si scontrò con la violenza mafiosa nel momento in cui uccisero suo padre, troppo “antico” per comprendere il business del narcotraffico. Da quel momento l’unico pensiero di Rita e del fratello Nicola fu quello di vendicare il loro padre. Vendetta che però portò Nicola incontro alla morte, mentre lavorava nella pizzeria di un amico, di fronte agli occhi della moglie Piera Aiello (oggi deputata del M5S che si batte per ottenere maggiori tutele per i testimoni di giustizia,e cittadina onoraria di Brolo).
La giovane di Partanna seguendo le orme della cognata Piera inizia a collaborare con i magistrati di Marsala fornendo informazioni più dettagliate, essendo a conoscenza di molte più cose rispetto a Piera.
La madre la ripudiò lasciandola sola e lei si legò a Paolo Borsellino, al tempo procuratore della Repubblica di Marsala facendo entrare la “picciridda” di Partanna, nel programma di protezione testimoni.