MESSINA – Presidio antirazzista dinnanzi alla Prefettura contro la “sanatoria truffa”. Fotogallery
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MESSINA – Presidio antirazzista dinnanzi alla Prefettura contro la “sanatoria truffa”. Fotogallery

immigrazione_manif_500_x_375– di Corrado Speziale

“Siamo tutti sulla gru” è lo slogan che sintetizza il significato della manifestazione che ieri sera ha unito almeno dieci città italiane, oltre Messina, nel gesto di protesta in segno di solidarietà ai giovani immigrati, in questi ultimi giorni protagonisti delle clamorose contestazioni di Brescia, dove alcuni di loro sono rimasti per giorni arrampicati su una gru, e Milano, dove la stessa azione è ancora in atto sulla torre di via Imbonati.
Un centinaio di persone, di varie origini e nazionalità, si sono riunite ieri alle 18.00 dinnanzi alla Prefettura di Messina, per testimoniare il proprio disappunto nei confronti della famigerata “sanatoria” per gli immigrati, messa in atto dal Governo lo scorso anno, con la Legge 102. A promuovere ed organizzare la contestazione in riva allo Stretto è stata la R.A.M. – Rete Antirazzista Messinese, formata da varie associazioni con a capo l’Arci – Circolo “Thomas Sankara”, che da tempo si batte in difesa dei diritti dei migranti, anche attraverso azioni a carattere legale e amministrativo, condotte dalla responsabile territoriale Carmen Cordaro. Una cosa alquanto nuova è che nel presidio non si è registrata la presenza di alcuna bandiera di partiti o movimenti politici, né sindacali. Ciò non ha comunque condizionato la presenza di attivisti della sinistra messinese ed esponenti della Rete No Ponte, che non hanno fatto mancare il proprio sostegno. Una nota diffusa dagli organizzatori attraverso un volantino, definiva senza mezzi termini “sanatoria truffa”, l’ambiguo provvedimento del Governo che alla scadenza del 30 settembre 2009, ha fatto raccogliere circa trecentomila istanze di regolarizzazione per colf e badanti, con ovvia e conseguente discriminazione e criminalizzazione di coloro che, invece, operano in altri settori tra cui l’agricoltura, l’edilizia ed il commercio. Irregolari, costoro, in virtù del cosiddetto “Decreto flussi”, provvedimento emanato nel 2007 e reiterato successivamente, definito a buona ragione, con dati alla mano, “anacronistico, demagogico e fallimentare”. Ma l’indignazione circola anche tra i 50.000 che, a causa di precedenti, semplici, provvedimenti d’espulsione, quantunque si tratti di “sanatoria”, hanno visto rigettata la propria istanza. Si denunciano, così, “presupposti razzisti”, nei provvedimenti del Governo, culminati con una circolare emanata nello scorso aprile dal Ministero dell’Interno.
In concreto, i lavoratori migranti chiedono: il rilascio del permesso di soggiorno a tutti coloro che hanno partecipato alla sanatoria ed a chi denuncia il datore di lavoro in nero o lo sfruttamento del suo lavoro; il prolungamento dello stesso per chi ha perso il lavoro; l’emanazione di una legge che garantisca il diritto d’asilo; il riconoscimento del diritto di voto a chi vive in Italia da almeno 5 anni, e della cittadinanza a chi nasce o cresce nel nostro Paese.
Sul marciapiede antistante la Prefettura, si notava la grinta, la determinazione e la presa di coscienza di tanti migranti che reclamavano i propri diritti, tra cui spiccava Edward Kinsley, liberiano, rifugiato politico; Ferizai Isuf, kosovaro, portavoce dell’Ass.ne “Baktallo Drom”, Drame Thierno, presidente dell’associazione senegalese e Sefora Adamovic, graziosa e spigliata ragazza italiana. Sì, proprio “italiana”, classe 1989, nata a Taormina, studente di Chimica, figlia di genitori serbi, che ha ottenuto la cittadinanza con il raggiungimento della maggiore età, non senza, tuttavia, aver superato numerosi ostacoli burocratici. Dimostrando di seguire attentamente le vicissitudini della sua famiglia, scendendo dal gradino, dove aveva tenuto, come altri, il suo breve intervento con il megafono, ci dice, con indignazione, che “il costo del permesso di soggiorno è aumentato vertiginosamente ed in modo ingiustificato”. Dragana, la madre, segue passo passo Filip, l’altro figlio, un simpatico giovanotto affetto da sindrome di Down, riferendosi al quale dice: “A causa di disguidi amministrativi – incongruenze con il permesso di soggiorno –  per 17 anni, non ha avuto alcuna agevolazione”. Il padre, Danilo, che fa il pittore, lavora vendendo i suoi quadri, ed è quindi regolarizzato come commerciante. Ispirato dalla sua sensibilità di artista, egli esprime così un concetto con cui esterna la propria opinione sulla situazione in atto: “Non mi va di essere ingabbiato, mi sento cittadino del mondo e difendo i valori della vita”. Ad un passo da lui, appeso alla transenna del marciapiede, campeggiava uno striscione con su scritto: “La clandestinità non è reato, ma la persecuzione sì”.

 

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21 Novembre 2010

Autore:

admin


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