– di Corrado Speziale –
In un dibattito a Palazzo Zanca, organizzato dalla sezione messinese Arcigay Makwan, si è parlato del Ddl Zan, al voto in Commissione Giustizia della Camera.
Il presidente Rosario Duca ha elencato i punti critici su cui migliorare la proposta: “Evitare mediazioni al ribasso. Siamo favorevoli all’approvazione della legge purché sia una buona legge. Contrari alle bandiere ideologiche”. La senatrice M5S Grazia D’Angelo: “Questa proposta è una buona sintesi tra i testi che erano stati depositati, frutto di un lavoro combinato tra Camera e Senato”. Il deputato Pd Fausto Raciti: “Un intervento sul testo della legge è sempre possibile, anche se io sento come priorità la sua approvazione”. L’appello della psicologa Maria Catena Silvestri: “Non abbiamo il tempo d’aspettare. Specialmente tra i giovani esistono disagi e rischi altissimi”.
Spiegare e comprendere motivi ed effetti della legge in base all’esigenza e all’emergenza sociale del fenomeno, con le criticità e le osservazioni sollevate dall’Arcigay di Messina e non solo. È questo il senso della discussione in atto, quando una legge così delicata passa al parere civico di chi l’aspetta da un quarto di secolo. Il presidente Rosario Duca, infatti, sul tema era intervenuto all’assemblea nazionale dell’Arcigay. E il giudizio sulla proposta che tra poche ore sarà votata in Commissione Giustizia della Camera è inequivocabile: “Se questa legge dovesse passare con le criticità da noi segnalate o con l’approvazione di altri emendamenti al ribasso, non sarà modificabile in tempi brevi e non sarà la legge che la comunità LGBT si aspettava”.
Per questo se ne è parlato in maniera approfondita nel corso di un dibattito tenutosi nel salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, al quale hanno partecipato la senatrice M5S Grazia D’Angelo e il deputato Pd Fausto Raciti, che in tempi differenti si appresteranno a discutere e votare la legge nei rispettivi rami del Parlamento. Al tavolo, anche l’importante contributo della psicologa Maria Catena Silvestri, in prima linea sull’argomento, essendo, tra l’altro, tra le responsabili dello sportello legale e psicologico dell’Arcigay. Il dibattito è stato moderato dal giornalista Marino Rinaldi.
L’introduzione del presidente Rosario Duca è stata incentrata su un decalogo di osservazioni che indicano in maniera palese la posizione dell’Arcigay sul Ddl Zan, che accorpa ben cinque testi presentati nel corso del tempo in Parlamento. “Si denotano lacune evidenziate in assemblea nazionale Arcigay”, annuncia Duca.
La condizione chiave posta dall’Arcigay: “Evitare mediazioni al ribasso”. Queste, in sintesi, le osservazioni alla proposta di legge. Il legislatore non entra nel merito della “propaganda di odio” che il mondo LGBT è costretto a subire. A seguire, c’è una considerazione fin troppo generica delle associazioni, il cosiddetto terzo settore, cui andrebbe l’assistenza alle vittime: senza le dovute valutazioni atte ad escludere chi è storicamente avverso ai soggetti LGBT, quest’ultimi non riceverebbero le dovute garanzie. Il rischio non è di poco conto: “Errato generalizzare sulle associazioni che potrebbero gestire a mezzo bando le case rifugio, si potrebbe incappare in associazioni omobitransfobiche”, denuncia Duca. E ancora sulle case rifugio, la garanzia sulla territorialità delle stesse: “È risaputo, per esperienza, che la persona LGBT non vuole essere allontanata dal proprio territorio, poiché anche se lì ha subito violenza il suo luogo gli è anche amico”. Domande e risposte: “Dove faremo ospitare queste persone? C’è la possibilità che ogni regione possa avere almeno una casa rifugio? Con questa legge, no”. Interferenze: secondo Arcigay, la proposta di legge in itinere riduce i casi di applicabilità del patrocinio gratuito. Un quesito nel rapporto tra soggetto e istituzione: manca l’obbligo di denuncia, ma come si procede d’ufficio? Ciò comporterebbe un compito arduo all’Istat cui viene assegnato il ruolo di redigere un report con cadenza triennale. “In tal senso non si spiega come l’Istituto possa indagare il fenomeno”, riflette Rosario Duca.
Dopodiché, stanziamento di 4 milioni di euro: secondo il presidente Arcigay sul fondo mancano le dovute garanzie. “Il ministro potrà di tanto in tanto decurtarli con una circolare o abolirli”. Le conclusioni di Duca: “Dopo quasi 25 anni siamo favorevoli all’approvazione della legge, purché sia una buona legge. Quando deve tutelare e garantire la vita delle persone, una legge o passa in quel modo o non passa. Siamo contrari alle bandiere ideologiche. Questa è una proposta incompleta che non risolve il problema e che non aiuta i ragazzi nel coming out, per cui in questo senso non ci fa sentire tutelati”. E riferendosi alla fiducia riposta in passato, cita un precedente che l’ha fortemente deluso: “Anche per le unioni civili si doveva ritornare sulla legge, ma ancora attendiamo la stepchild adoption…”.
Di ben altra idea, senz’altro più positiva sulla validità del testo, è la senatrice M5S Grazia D’Angelo, che intanto rassicura Duca su una procedura importante riguardo a quanto non espressamente specificato: “Tutto ciò che è scritto nella legge verrà perfezionato nei decreti attuativi”. E sul rischio delle associazioni inappropriate: “È ovvio che non si possa affidare un servizio a un’associazione omofoba…”. Dopodiché, sulle preoccupazioni espresse: “Il testo verrà migliorato e non svuotato. In ogni caso, c’è sempre la porta aperta a qualsiasi tipo di confronto e al recepimento di spunti utili al miglioramento del testo”.
Il suo giudizio sintetico: “Questa proposta è una buona sintesi tra i testi che erano stati depositati, frutto di un lavoro combinato tra Camera e Senato”. Le finalità: “L’obiettivo – dice Grazia D’Angelo – è prevenire e contrastare l’insorgere di condotte discriminatorie e violente motivate da ragioni di sesso, di genere, orientamento sessuale e di identità di genere. C’era l’urgenza dell’intervento legislativo a causa del moltiplicarsi, negli ultimi anni, soprattutto di episodi di violenza misogina e omotransfobica”. La senatrice fa una disamina del testo, ricollegandosi agli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale: “Questa proposta estende alle condotte motivate dal sesso, dal genere, dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere ad autonome fattispecie di reato già previste, non creando un’ipotesi delittuosa nuova, bensì estendendo quelle specie delittuose a questo tipo di reato specifico. Si vuole intervenire non solo dal punto di vista repressivo e penale, ma si previene l’insorgere di questi fenomeni di discriminazione e violenza.
C’è anche una fase successiva, che è quella di protezione e supporto alle vittime”. Qualche accenno alle sanzioni: “Si dà la possibilità, tra l’altro, di svolgere attività non retribuite a favore della collettività. Queste possono essere svolte anche presso associazioni che si occupano della tutela delle vittime di questi reati. Una sorta di attività compensativa”. Dopodiché, la risposta agli oppositori, circa il concetto di legge liberticida: “C’è piena compatibilità con l’art. 21 della Costituzione, proprio perché su questo tipo di testo si è mantenuta la giurisprudenza della Corte Costituzionale e di quella ordinaria sulla concreta espressività della condotta istigatoria. Qui non parliamo di reati d’opinione – sottolinea la senatrice pentastellata – ma di atti concreti che ledono la dignità dei soggetti, assimilabili ad atti violenti. Per cui, non esiste alcun profilo di legge bavaglio o liberticida”.
Il deputato Pd Fausto Raciti sulla possibilità di modifiche: “Un intervento sul testo della legge è sempre possibile, anche se io sento come priorità la sua approvazione”. Uno sguardo sugli interlocutori politici: “Attenzione a non dare per acquisito il risultato. Sarà un processo articolato”. Il problema della scelta delle associazioni a garanzia LGBT: “Si può provvedere dando ai bandi alcune caratteristiche, stringendo i criteri di partecipazione. Si può prevedere una forma di raccomandazione rispetto alla gestione di questi servizi, provando ad accompagnare la definizione generica, di terzo settore, impegnato sui temi”.
La psicologa Maria Catena Silvestri: “Uno studio recentemente pubblicato ci dice che il 98 per cento di adolescenti, giovani e adulti hanno subito almeno un episodio di bullismo dovuto all’orientamento sessuale di genere. La conseguenza è un tasso altissimo tra gli adolescenti di comportamenti suicidari”. Il suo appello: “Non abbiamo il tempo d’aspettare. Specialmente tra i giovani ci sono disagi e rischi altissimi. Un ragazzo che acquisisce consapevolezza si sente solo e vive un sentimento di spaesamento. Tra i ragazzi spesso si aprono una serie di comportamenti violenti, ansia, depressione, senso di impotenza, una visione negativa di sé, del mondo e del futuro. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione, partendo dalla scuola e dalla sanità, oltre che dalla famiglia”. La sua importante e condivisibile osservazione, tra il soggetto e la legge: “L’omosessualità non è una malattia, è un orientamento, ma ancora è vissuto come se fosse un disturbo. Siamo nel 2020 e ancora dobbiamo avere una legge per tutelare i ragazzi per il loro modo di essere…”.
Adesso, il voto in Commissione sul testo unificato che ha come relatore e primo firmatario Alessandro Zan. Poi, giusto il tempo per gli emendamenti e la proposta approderà in Aula.