L’epopea dell’uomo moderno in forma di diario per il primo disco della band perugina: pulsioni, tormenti e aspirazioni del genere umano tra progressive e canzone d’autore “Diario d’un uomo qualunque: il prog d’autore dei Red Onions!”
I RED ONIONS sono lieti di presentare:
DIARIO D’UN UOMO QUALUNQUE
…”Tutto questo non ti tange o è solo vetro che piange”…
Diario d’un uomo qualunque è il primo album ufficiale dei Red Onions, attivissima band che finalmente ha dato forma al suo nuovo progetto concettuale. Il quartetto perugino, attivo dal 2004, dopo il singolo Libero Fuori (2009) pubblica Diario d’un uomo qualunque, un concept album che possiede la struttura di un diario, dove ogni episodio può “garantire ad ogni canzone una autonomia propria e, allo stesso tempo, far sì che ogni episodio rimandi ad un livello superiore della narrazione rappresentato dall’intero racconto del nostro uomo qualunque” – come afferma lo stesso Leone Pompilio.
Progressive-rock, atmosfere blues e psichedeliche e richiami alla canzone d’autore per 11 pagine di un diario capace di contenere l’alto e il basso dell’uomo. Il genere progressive (interpretato con la peculiarità delle sole chitarre) è il punto di partenza della band: “proponiamo prog rock d’autore, spoglio delle tastiere, tagliente e appassionato, impreziosito dalla forza evocativa della parola, caratteristica della lingua usata: l’italiano”. Prezioso è il taglio cantautorale: “la base prog che ci caratterizza è continuamente contaminata da escursioni in territori psichedelici o cantautoriali, o addirittura dalle due cose insieme, a seconda delle esigenze”.
I Red Onions nel corso del 2010 con “Libero Fuori” sono stati inclusi nella compilation internazionale Rock 4 Life vol. 25 della statunitense Quickstar Production. Con un’intensa attività live alle spalle la band confeziona un disco tanto sognante quanto reale. Per gli amanti di Fernando Pessoa il protagonista potrebbe somigliare a Bernardo Soares, l’uomo qualunque capace di osservare il mondo da una finestra e allo stesso tempo di parteciparvi. Per i cultori del prog italiano i Red Onions rimandano all’esperienza di PFM, Osanna e Claudio Rocchi.
Red Onions:
Davide Grillo: chitarra,voce
Leone Pompilio: chitarra,voce
Ali Adamu: basso,voce
Marcello Mangione: batteria
Intervista
Red Onions: perché questo nome? Leone: È all’alba d’un mattino di maggio del 2004, dopo una notte insonne passata a discuterne, che una “robusta colazione” a base di frittata di cipolle ha fornito lo spunto per il nome che avrebbe distinto il duo acustico che fondammo con Davide. Niente poteva rappresentarci meglio se non questo appellativo in cui il frutto caratteristico della nostra terra d’origine – la Calabria (chi non conosce la famigerata cipolla rossa di Tropea!) – viene accostato ad uno dei pezzi più accattivanti del blues anni ’60, Green Onions. L’originario “Rolling Red Onions”, che ebbe una breve vita della durata d’un quarto d’ora, si tramutò nel più semplice e incisivo “RED ONIONS”: eravamo pronti a calcare le scene. Quali sono i connotati stilistici della vostra proposta? Leone: Le scelte fatte fin qui si dimostrano coraggiosamente à rebours: in un’ epoca in cui la musica viene intesa come bene di consumo, prodotto squisitamente commerciale destinato ad essere fruito semplicemente e senza una particolare attenzione da parte dell’ascoltatore (mi arrischio a definire questo “uditore della domenica”), noi, seppur col pericolo di riferirci ad un esiguo numero di intenditori e col fine messianico di rieducare all’ascolto, proponiamo prog rock d’autore, spoglio delle tastiere, tagliente e appassionato, impreziosito dalla forza evocativa della parola, caratteristica della lingua usata: l’italiano. Nonostante scrivere in inglese risultasse più agevole, l’uso della lingua italiana permette di attingere a una tavolozza di colori e a una quantità di sfumature potenzialmente illimitati. Allo stesso modo, “l’universo progressive” racchiude in sé infinite combinazioni compositive e matematiche (ad esempio relative alla scelta del tempo concernente la battuta), o spunti citazionistici che allontanano lo spettro di una mera imitazione. Se il sapore esotico di tempi passati aleggia nelle nostre composizioni, esse vivono e scalpitano nel presente urlando sottovoce all’indirizzo di chi, accondiscendente alle regole di mercato, non sa più ascoltare. Quali sono i generi e i gruppi che più di altri hanno segnato l’esperienza dei Red Onions? Davide: Le influenze sono decisamente varie e distinte. Sono tante le band che formano il nucleo da cui trae gusto ed ispirazione il gruppo Red Onions, ed ancora più disparate risultano se si contano le influenze dei singoli componenti. Leone: Risparmiando al lettore chilometrici elenchi che dai Beatles giungono a De Andrè, passando per Pink Floyd, Dream Theater e PFM, posso affermare che la base prog che ci caratterizza è continuamente contaminata da escursioni in territori psichedelici o cantautoriali, o addirittura dalle due cose insieme, a seconda delle esigenze. Davide: Ciò che ne viene fuori è difatti un’eccezionale varietà. Qual è la definizione che date del genere prog?
David: Il genere Rock Progressivo nasce alla fine degli anni ’60 come musica “colta”, sviluppando, dal punto di vista musicale, le radici blues della musica rock, articolandola secondo gli stilemi della musica classica e della musica tradizionale, sfruttando a pieno le potenzialità teoriche e tecniche ad esse legate. Così facendo, il genere riesce a sopperire a un sentito bisogno di maggiore espressività, perfettamente in linea con una rivoluzione culturale di spessore. Anche i temi trattati nei testi si spostano verso un lirismo epico ed universale, letterario e filosofico, lontano dai temi sociali e quotidiani del movimento popolare. Un genere così strutturato non riesce a varcare vincente la soglia semplicistica degli anni ottanta, sfuma così senza aver manifestato tutte le sue potenzialità. È per questo che crediamo che ora sia nell’aria una voglia di riallacciare i fili di quell’arazzo per continuare a tessere un manifesto di un dimenticato pensiero artistico. Come nasce un brano dei Red Onions e come è nato Diario d’un uomo qualunque ? Leone: Varie sono le modalità attraverso le quali un brano degli Onions viene alla luce: le canzoni interamente scritte da un solo autore, vengono proposte al gruppo sostanzialmente come prodotto finito; a quel punto il pezzo si trasforma e si arricchisce sotto l’influsso stilistico dei singoli componenti che lavorano all’arrangiamento. Differente, invece, il procedimento che sta alla base delle collaborazioni: quando l’autore del testo è diverso da quello delle musiche, il primo si attiene al brano preesistente e scrive il testo in base a questo; il momento che vede collaborare più strettamente i diversi autori è la composizione delle musiche a quattro o sei mani: durante queste sedute – tra le mura di casa e in acustico – è interessante notare come un riff, un tema o un giro armonico proposto da uno di noi, faccia scaturire nell’altro una risposta immediata, in senso compositivo, che approda a soluzioni originali e impensabili da parte di un singolo autore. È questa alchimia che ci ha portato a partorire l’Album Diario d’un uomo qualunque. L’idea prende le mosse dalla canzone che dà il titolo all’album e che viene affiancata, nello stesso periodo, da Epitaffio per la prima morte di un sogno e dal testo Serpenti. Fu subito chiaro che in maniera del tutto individuale io, Davide e Ali, stavamo scrivendo diverse pagine della stessa storia. Immaginato il sig. Beta come protagonista di questo diario – il quale non viene mai nominato in quanto autore fittizio – il passo successivo è stato semplice. Le pagine del Diario si moltiplicavano, la storia di Beta si ampliava racchiudendo in sé l’intero dramma del genere umano, l’epopea dell’uomo moderno all’interno della società asservita alle opinioni di massa indotte dallo stato di regime mediatico. Sfruttando la struttura minima della forma diaristica, rappresentata dall’episodio, è stato possibile garantire ad ogni canzone una autonomia propria e, allo stesso tempo, far sì che ogni episodio rimandasse ad un livello superiore della narrazione rappresentato dall’intero racconto del nostro “uomo qualunque”. Nel Diario d’un uomo qualunque si sente anche una forte vena cantautorale, qual è il vostro rapporto con la canzone d’autore? David: le nostre influenze non si limitano al rock ed al prog inglesi ed italiani. Ciò che prendiamo dalla musica d’autore è la cura per il linguaggio usato nei testi e l’attenzione verso tematiche tante volte tralasciate dalla musica popolare o dal rock classico. Caratteristiche che ben si sposano con un genere come il nostro. Non dimentichiamo poi che questa non è una novità nel nostro paese, è anzi parte di ciò che ha caratterizzato la storia della nostra scena prog. Avete partecipato con il vostro brano “Libero Fuori” nella compilation internazionale Rock 4 Life vol. 25 della statunitense Quickstar Production (Baltimora, MD). Com’è nata quest’esperienza? Davide: La pubblicazione del brano Libero Fuori all’interno della compilation americana è stata, ed è tuttora, una grossa soddisfazione. Ali: La cosa è nata in maniera abbastanza casuale. Il motore è stato, come sempre più spesso accade, la nostra presenza su internet attraverso lo strumento del Myspace. Siamo stati avvicinati dalla QuickStar con un messaggio che ci invitava a vagliare la possibilità di partecipare alla loro compilation internazionale con il brano “Libero Fuori” che avevano già ascoltato e potuto apprezzare sullo space. Ci hanno spiegato che era un’iniziativa che raccoglieva brani di band talentuose da tutto il mondo per aiutare la diffusione della musica emergente. Ci siamo informati e abbiamo costatato che l’iniziativa era seria, reale e forte di ben 24 edizioni passate. Il passo finale è stato semplice. Abbiamo mandato il nostro brano e abbiamo aspettato l’uscita del disco. È stato piuttosto interessante vedere e ascoltare il nostro brano in mezzo a lavori di gruppi inglesi, giapponesi, russi, turchi e molti altri. Una bella esperienza che ci ha permesso di ottenere dei fans sparsi in giro per il mondo senza neppure muoverci da casa e di confrontarci con un orizzonte davvero largo. Siete nati nel 2004 e Diario d’un uomo qualunque esce sei anni dopo. Quando arriva il momento giusto per una band per confezionare un disco? Davide: In effetti, i brani che compongono il Diario d’un uomo qualunque, non sono i primi lavori dei Red Onions. È da sei anni ormai, da quando le “cipolle” erano solo due, che raccogliamo materiale. Avevamo già pensato ad una produzione, ma è venuta fuori solo ora. Non penso ci sia un momento giusto; quando arriva bisogna riuscire a coglierlo. Leone: Trattandosi di un’autoproduzione è facile capire che tipo di problemi abbiamo dovuto affrontare. Malgrado ciò, l’impossibilità di fare tutto e subito ci ha permesso di affinare stile e capacità tecniche, fugando così ogni pericolo di incappare in madornali errori dettati dal facile entusiasmo. Le idee originarie non sono cambiate, ma si sono arricchite; l’esperienza ci ha portati ad affrontare le sedute di registrazione con intelligenza e rigore. Avete all’attivo moltissimi live, quale esperienza è stata più toccante? Ali: È vero, a rifletterci bene abbiamo all’attivo un numero enorme di esibizioni. Molte ci sono rimaste nel cuore e molte sono state altamente formative. La più toccante è stata sicuramente quella del concerto a Piazza Navona (RM) in occasione della manifestazione “Coraggio Laico”. Un’esibizione che ci ha segnato molto. È stata la prima volta che ci siamo trovati di fronte ad un pubblico composto da migliaia di persone, molte delle quali non erano affatto pronte o consce di ricevere del progressive-rock nei padiglioni auricolari. È stato il primo grande palco calcato e il nostro battesimo del fuoco delle grandi manifestazioni. All’inizio ci ha fatto tremare le ginocchia ma la risposta della gente e la sensazione di trasmettere le proprie emozioni a così tante persone in un colpo solo e stata impagabile. Sicuramente è stata l’esibizione che più di altre ci ha dato il coraggio e lo stimolo per proseguire un progetto difficile nel suo insieme ma che può trovare nel pubblico una risposta molto lusinghiera. Una risposta che ci ha fatto capire che per quanto la nostra musica possa apparire “di nicchia” in realtà là fuori ci sono molte orecchie che sono pronte ad ascoltare e scoprire il mondo del prog e dell’art rock. Solo che ancora non lo sanno. I Red Onions si esprimono meglio in studio o dal vivo? Davide: È una cosa diversa. Il lavoro in studio e la performance live richiedono due approcci totalmente differenti. Amiamo entrambe le situazioni, l’intimistica e sperimentale sala di registrazione e il caloroso e fumoso palcoscenico. Forse però, i Red Onions vivono i live in maniera particolarmente sentita, passando e ripassando di continuo attraverso quella che in teatro viene definita “la quarta parete”. Il rapporto diretto, allo stesso livello, con il pubblico è un qualcosa di impagabile, un carburante potentissimo. Cosa unisce i Red Onions? Marcello: E’ banale dire che siamo uniti dalla passione per la musica, in effetti è così. C’è però ben altro; oltre ad avere empatia nelle esibizioni live (può essere confermato da chi ci segue da anni), c’è un vero e proprio rapporto di amicizia che va al di là del gruppo musicale. Siamo un gruppo di amici che fuori dal palco e dalla sala prove condivide nuove idee e nuove esperienze. Tutto ciò influisce in maniera determinante sulla produzione musicale. Ascoltiamo con umiltà e senza presunzione le proposte di ciascun membro della band, tra cui ,una molto recente è stata quella di ingaggiare un cantante. La proposta è diventata realtà con l’arrivo nella band di Nicola il quale si è integrato repentinamente. Com’è la scena musicale di una città come Perugia? Ali: È una città particolare. È piccola ma piena di persone che vengono da tutta Italia e da tutto il mondo grazie alle due università (una per gli stranieri). Di conseguenza s’incrociano sentimenti, aspirazioni e tradizioni diverse che convogliano in uno scenario musicale molto stimolante e contaminante. Non per nulla noi Red Onions ci siamo incrociati qui provenendo da regioni diverse. Per contro, proprio perché è una città piccola, possiede un circuito musicale abbastanza ristretto con pochi grandi palchi e pochi eventi nei quali esibirsi. In questo scenario emergere diventa abbastanza difficile e bisogna lottare anche con una certa chiusura rispetto a chi non appartiene da sempre al territorio. C’è una punta di campanilismo di troppo, anche se bisogna ammettere che anche qui s’incontrano persone in grado di apprezzare la musica a prescindere da chi la elabora e la propone. A questo bisogna aggiungere che il genere che facciamo non è dei più diffusi e conosciuti, soprattutto all’interno di confini così ristretti. È una situazione piuttosto faticosa.
Biografia Red Onions
Nel settembre 2004 l’incontro casuale dei chitarristi Leone Pompilio e Davide Grillo genera una sperimentazione sonora frutto della commistione dei due diversi stili peculiari delle rispettive identità musicali. Sarà proprio questa fusione di anime e di generi a dare vita ad una produzione molto personale e “psichedelica”. Dopo un faticosa gavetta il duo si trasforma in trio con l’annessione di un’altra anima inquieta, il bassista Ali Adamu . Da quel momento il progetto Red Onions si manifesta concretamente con una crescente maturazione, spostando il proprio baricentro verso architetture di gusto più strettamente progressive. Il trio prosegue la sua corsa collaborando con numerosi artisti ed esibendosi in molteplici locali, portando all’attenzione di un pubblico esterrefatto un repertorio estremamente originale e inquieto. Nel 2007 si unisce stabilmente alla formazione il batterista Kevin Rogg che, oltre a completare la sessione ritmica, caratterizza i successivi lavori e le rielaborazioni dei precedenti con un timbro decisamente “duro” di ispirazione progressive metal. È questa la formazione completa delle cipolle rosse che d’ora in poi partecipa a numerose manifestazioni, tra cui il concerto del 12 Maggio 2007 a Piazza Navona (RM) in occasione della manifestazione “Coraggio Laico”, riscuotendo un inaspettato successo anche tra i non affezionati al genere.
Nell’aprile 2008 il gruppo si rinnova: a Kevin subentra il batterista Marcello Mangione che influenza il timbro delle composizioni dirottando il tono metal verso ambientazioni di respiro maggiormente riflessivo. Nel giugno dello stesso anno i Red Onions registrano il primo demo, dal titolo One Different One, negli studi della Mami Records di Perugia. Successivamente partecipano alla manifestazione “Percorsi d’acqua” di Deruta (Pg), al concorso “Fuori Tempo” tenutosi a Fabriano (An), alle semifinali del concorso nazionale “Rock targato Italia”, al concorso on-line Telesonica indetto dalla Centoroitaliatv.tv ed al concorso G.R.I.F indetto dalla Galli Records di Chieti.
Nel corso del 2010 il brano “Libero Fuori” viene incluso nella compilation internazionale Rock 4 Life vol. 25 della statunitense Quickstar Production (Baltimora, MD). Nello stesso anno la band viene selezionata per la partecipazione a concorsi e manifestazioni quali Suoni in Movimento (PG), MarteLive e Tour Music Fest. Queste e altre vetrine sono l’officina nella quale viene ideato e sviluppato il nuovo lavoro dal titolo “Diario d’un uomo qualunque”: un viaggio introspettivo nelle visioni dell’essere umano attraverso la sua percezione della realtà e degli eventi che lo circondano, che lo coinvolgono e che a volte lo ignorano. Una elaborazione che nasce direttamente dalle sensazioni che la band prova sul palco, che si trasforma e matura attraverso lo scambio “fluido” che avviene tra la musica ed il pubblico di cui i quattro sono tramite e traccia tangibile. Un vero e proprio concept-album che è diventato, nel novembre 2010, il primo LP della band.