Il corteo, indetto dall’Assemblea No ponte su proposta di Spazio No ponte, si è svolto tra le vie di Contesse e del Villaggio UNRRA, nell’ambito della maxi area che sarebbe maggiormente interessata dai cantieri, sia sotto l’aspetto logistico che infrastrutturale, per impatto ed estensione seconda solo a quella di Ganzirri – Faro.
Il senso: “Quella contro il ponte è una battaglia che unisce tutta Messina”
È stato un corteo No ponte “decentrato” rispetto agli usuali percorsi del centro e di Capo Peloro. Il senso: “Quella contro il ponte è una battaglia che unisce tutta Messina”. Un atto di sensibilizzazione per la gente del luogo già in preda ai disagi per lo stoccaggio del materiale proveniente dagli scavi del raddoppio ferroviario. Al tempo stesso, un’anteprima della manifestazione nazionale in programma a Messina il prossimo 9 agosto.
“Da Contesse a Granatari, ‘sti canteri nun s’hannu a fari…” è stato uno degli slogan scanditi nel corso del corteo No ponte di Contesse. Cosicché, anche la vasta area al sud della città, fortemente urbanizzata, che secondo il progetto sarebbe interessata da imponenti cantieri logistici e infrastrutturali, è stata coinvolta in una manifestazione come quella di un corteo in strada, dopo che in passato non si era andato oltre qualche semplice “passeggiata” con volantinaggio e quant’altro. Solo così si infrange la descrizione della mega opera che impatta sullo Stretto solo nel luogo dell’attraversamento: i 18 chilometri del ponte “a terra” partirebbero invece proprio da Contesse, popoloso quartiere di Messina, sulla carta “inghiottito” per buona parte dagli espropri. Zona che sta già “saggiando” disagi e anomalie a causa del deposito di materiali di scavo delle gallerie per il raddoppio ferroviario Giampilieri – Fiumefreddo. “Con le terre è arrivato l’arsenico e il sequestro dell’area, successivamente le rassicurazioni e l’invasione del camion. Ma è solo l’anticipo di quanto quella porzione di territorio subirebbe se, malauguratamente, dovessero avere inizio i cantieri del ponte”, scrivono gli organizzatori, motivando l’evento.
Il corteo è partito da Via Calispera, percorrendo la stessa in direzione sud, per poi risalire le vie del Villaggio e concludersi lungo la centralissima via Marco Polo, all’imbocco dell’area antistante il mercato ortofrutticolo. Al punto di partenza, esposte le tavole progettuali che rappresentano l’impatto dei lavori del ponte sul luogo.
“Difendiamo il nostro territorio”, era il titolo della manifestazione, che vale come senso di condivisione della lotta contro il ponte senza distinzione di zone cittadine, da nord a sud, passando per il centro. Dunque, non arrendersi all’avanzare della procedura, controversa e discutibilissima, portata avanti dal Governo e dalla Stretto di Messina. E, contestualmente, far valere come stimolo, voglia di sensibilizzazione della gente del luogo, chiamata nel futuro ad affrontare disagi oltremisura all’impatto con i cantieri: “Scendi giù, scendi giù, manifesta pure tu…”, si scandiva dal corteo all’indirizzo degli abitanti che dai propri balconi osservavano il passaggio dei manifestanti in strada.
Intanto, sul tavolo degli amministratori giacciono i fogli con sogni e bisogni concernenti più o meno probabili aspettative: “Il sindaco, la Giunta e il Consiglio comunale, salvo alcune voci critiche – scrivono ancora gli organizzatori – si stanno assumendo la gravissima responsabilità di cedere il nostro territorio agli innumerevoli cantieri del ponte in cambio di pochi spiccioli per le opere compensative. In cambio del misero 2% dell’investimento complessivo in opere a loro volta spesso impattanti, viene accettata l’invasione della città (così l’ha definita fino ad un certo punto il sindaco), la deturpazione irreversibile del panorama dello Stretto, il blocco della circolazione urbana, polveri e rumori senza sosta, la sottrazione di acqua in un territorio in piena crisi idrica”. Non per niente, “Vogliamo l’acqua dal rubinetto, No al ponte sullo Stretto”, è ormai lo slogan più diffuso.
Ma sull’appello di presentazione dell’evento, è questo il passaggio che “inchioda” a precise responsabilità: “Amministratori e consiglieri risponderanno, per la loro parte, dei disastri causati da cantieri infiniti che vengono spacciati come progresso e modernità, ma che favoriscono solo grandi società di costruzione e piccole lobby locali”.
Durante e alla fine del corteo, come sempre si è dato spazio a degli interventi.
“È un’opera che devasterebbe Messina da nord a sud”, ha rimarcato Massimo Camarata dall’auto che apriva il corteo. Sul problema terre di scavo e arsenico: “Questo è il rispetto che hanno verso i nostri territori. Per loro siamo solo colonie da sfruttare fino in fondo. Moltiplicate per decine di volte i passaggi di camion rispetto a quanto avviene adesso, per anni. Il problema non sta solo negli espropri e nelle demolizioni delle case, ma è un problema di tutte e tutti. Siamo qui perché quella contro il ponte è una battaglia che unisce tutta Messina. Il ponte non è né futuro né progresso. È la pietra tombale sotto la quale ci vogliono seppellire…Si tratta di resistere per poter continuare ad esistere”. In quanto grande opera, alla realizzazione del ponte è stata dedicata una misura restrittiva nella legge 80 del 2025, già “decreto sicurezza”. Daniele David: “Per questa mega opera lo Stato offre sia il volto militare che quello della sottrazione di risorse collettive. Mentre il Governo regionale taglia i posti letto e continua l’emorragia di giovani che qui non hanno prospettive, l’acqua arriva solo 4 o 5 ore al giorno e nelle stanze delle multinazionali si decide di sacrificare un intero territorio. Perché le vite di chi abita qui valgono meno degli interessi e delle vite di chi abita nelle aree privilegiate della società. Questa è espressione della società del privilegio. Il processo del ponte si interromperà solo con la resistenza dei territori”.
Andrea Zorzanello, giovane attivista proveniente da Catania: “Le promesse sul ponte sono prese in giro. Noi giovani siamo consapevoli dei soldi che ci stanno togliendo per lo sviluppo di Sicilia e Calabria. A loro interessa aprire i cantieri, immobilizzare la città, toglierci i sogni e continuare a sprecare soldi pubblici per decenni. L’opposizione al ponte innanzitutto è un atto di dignità che dobbiamo compiere come popolo. Usano soldi e risorse per armi e infrastrutture militari, per finanziare chi sta seminando morte in Medioriente, dove si stanno uccidendo decine di migliaia di bambini a Gaza”.
Alla fine della manifestazione è stato effettuato un collegamento audio per un breve saluto con i No Pedemontana della Brianza in corteo contemporaneamente ad Arcore: è il segnale dell’unità delle lotte in difesa dei territori.
Corrado Speziale
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