OMAGGI AD UN GRANDE FOTOGRAFO – Sebastião Salgado ci piace ricordarlo a Favignana
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OMAGGI AD UN GRANDE FOTOGRAFO – Sebastião Salgado ci piace ricordarlo a Favignana

Nei suoi scatti tutta la la spiritualità dei pescatori di Favignana: l’anima dietro l’obiettivo

Nel suo infinito pellegrinaggio tra le pieghe dell’umanità, Sebastião Salgado, gigante del reportage sociale, ha saputo vedere là dove gli altri guardano soltanto.

E tra le tante geografie che ha attraversato con la sua lente, c’è anche Favignana e la sua antica tonnara: un piccolo punto nel Mediterraneo, diventato epica visiva grazie allo sguardo profondo e umano del fotografo brasiliano scomparso lo scorso 23 maggio 2025, a 81 anni.

Salgado, che ha sempre raccontato il mondo con la luce e l’ombra del bianco e nero, ha trovato nell’isola trapanese un pezzo d’anima.

Un momento cristallizzato nella memoria collettiva: la mattanza dei tonni, rito arcaico e struggente che ha immortalato nel suo celebre progetto “Le mani dell’uomo”, realizzato tra il 1986 e il 1993, un omaggio al lavoro manuale in un mondo che stava già virando verso la digitalizzazione e la meccanizzazione di massa.

La foto che diventa preghiera

Scattata nel 1991 a Favignana, l’immagine più iconica di quel reportage ritrae il rais Gioacchino Cataldo, l’ultimo capopesca della tonnara, scomparso nel 2018, circondato dai suoi uomini all’alba, pronti a dare inizio al duro rituale marino. Il volto scavato dal sole e dal sale, lo sguardo concentrato, teso ma sereno. Intorno a lui, sedici pescatori: nessuno guarda l’obiettivo. Tutti sono altrove, proiettati in uno spazio sospeso tra il sacro e il necessario.

“Quando non riesco a cogliere quello che vorrei – diceva Salgado – lascio la macchina fotografica e comincio a guardare”.

Ed è proprio questo lo stile che pervade la fotografia: non l’invadenza dell’obiettivo, ma l’abbraccio della visione. Non c’è estetismo, c’è umanità. Non c’è posa, c’è verità. Lo sguardo non è solo reportage, è partecipazione spirituale. Nonostante Salgado non fosse credente, ha sempre ammesso che in alcune storie “si sente una grande potenza dietro”. Come se la luce che usa fosse quella interiore, e non soltanto quella naturale.

La tonnara di Favignana – oggi pressoché scomparsa a causa dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici – viene rappresentata da Salgado non come barbarie o folklore, ma come lotta millenaria tra l’uomo e il mare, scandita da canti, gesti, silenzi e ritualità. Quella mattanza non è solo una battuta di pesca: è una cerimonia. Un atto quasi sacro. Una resistenza.

E Salgado, fedele alla sua missione di “scrivere con la macchina fotografica”, la racconta con contrasti decisi, con pellicola 35mm, con grandangoli stretti e luce naturale, donando a ogni scatto una profondità visiva ed emotiva che travalica il tempo.

Una vita in bianco e nero, oltre il colore

Salgado ha spiegato spesso la sua scelta del bianco e nero con parole illuminanti:

“Una foto a colori è un prodotto finito. In quella in bianco e nero, chi guarda deve ricostruire, mettere qualcosa di sé. Diventa parte della foto”.

È per questo che lo scatto di Favignana – come molti altri del maestro – non si dimentica. Perché non si limita a mostrare. Ci coinvolge, ci mette dentro.

una macchina fotografica come penna

Dalla povertà in America Latina, alle migrazioni in Africa, dalla tragedia del Mozambico all’epopea degli esuli nel Medio Oriente, Salgado ha narrato il dolore con rispetto, e la forza con dolcezza. Ha co-fondato l’Instituto Terra in Brasile per riforestare il suo Paese, ha ricevuto nel 2024 il Sony Outstanding Contribution to Photography Award, e ha chiuso la carriera poco dopo, dicendo: “Ho vissuto tanto. E visto troppe cose”.

È morto il 23 maggio, lo stesso giorno in cui l’Italia ricordava Falcone. Due uomini che, in modi diversi, hanno insegnato a guardare il mondo con responsabilità.

Salgado lascia libri imprescindibili, da Workers a Genesis, e un’eredità morale fatta di sguardi condivisi. E quella foto della mattanza di Favignana – con quegli occhi fissi sull’orizzonte, quella rete che separa il destino – resta una delle sue preghiere più potenti.

Perché non fotografava il mondo, lo ascoltava.

E nel rumore del mare di Favignana, aveva sentito il battito dell’umanità.

26 Maggio 2025

Autore:

redazione


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