Paolo Fresu compie 50 anni.
Musicando

Paolo Fresu compie 50 anni.

Paolo_fresu_2Auguri al “Trombettista di Jazz” con la “Musica dentro” by Corrado Speziale

 Paolo Fresu oggi spegne la sua cinquantesima candelina.

E in occasione del compimento di uno splendido mezzo secolo di vita, tutto il mondo gli si stringe intorno in un affettuosissimo abbraccio rivolto all’artista, al grande musicista che ha elevato a rango internazionale il jazz italiano, ma in particolare all’uomo, al “ragazzo” di Berchidda, che divide la propria vita tra il paesino sardo, Bologna e Parigi, che viaggia suonando in giro per il pianeta e che sa stupire ed appassionare grazie alle sue eccellenti qualità.

Il trombettista sardo completa così, oggi, la cinquantesima pagina di un diario di un’esistenza speciale, vissuta con l’intensità di chi associa l’arte, il talento ed il consequenziale successo, ad uno stile di vita fondato su comportamenti sinceri, autentici, propri della terra dove è nato e di cui è profondamente innamorato. Berchidda e la vicina Tucconi sono villaggi del sassarese – o meglio, del Logudoro – immersi in una campagna suggestiva, incontaminata, dove la natura dei luoghi, l’umanità, e le forme di vita della gente, creano un insieme di situazioni che Paolo Fresu, con il suo genio e la sua straordinaria sensibilità, riesce a trasporre in musica, e non solo.

Perché proprio oggi, piuttosto che tracciare bilanci sulla sua vita artistica, forte degli oltre 350 album incisi, delle innumerevoli esibizioni con centinaia di artisti di tutto il mondo e dei numerosissimi riconoscimenti ricevuti, egli merita delle attenzioni riferite specificatamente al suo libro, “Musica dentro”, edizioni Serie Bianca Feltrinelli, 2009.

In esso l’artista costruisce un bellissimo racconto di sé, mettendo insieme i frammenti più significativi di una ricca biografia a tutto campo, ispirata ed alimentata da storie, sentimenti, emozioni, riflessioni, il tutto arricchito da aneddoti che appassionano e fanno vivere e rievocare, nel lettore interessato, mezzo secolo di eventi nei quali ci si può riconoscere e collocare.

L’arte e le suggestioni che il trombettista sa esprimere in musica, qui le traduce in narrazione, dove una biro e la tastiera di un computer prendono il posto di tromba e flicorno, e dove i fogli di un pentagramma assumono forme e contenuti di un appassionante volumetto di 180 pagine, suddiviso in capitoli corrispondenti a spazi tematici che ne segmentano la lettura.

Per il resto si legge il pensiero, l’animo, la sensibilità poetica e descrittiva del Paolo Fresu che conosciamo in musica, con un incredibile arricchimento di elementi che avvantaggiano la cultura e la capacità di comprendere e decifrare personalità, gesti, ed emozioni dell’artista che tra l’altro, in varie occasioni, bene innesta elementi tecnici e funzionali, conoscitivi del suo operare con lo strumento.

Paolo_fresuE’ un testo che esprime grandi significati del tempo passato, al quale è facile ricondursi con semplici ricordi d’infanzia, o con altri più specificatamente legati ad eventi musicali. Una sensazionale funzione dello scritto sta nella retrospettiva che produce nel lettore momenti di “amarcord”,  che vanno letti e vissuti da chi è già appassionato, ma anche da chi intende conoscere bellissime storie di musica e d’amicizia, avvincenti “jazz tales” di casa nostra.

“Trombettista di jazz” è la sola indicazione che aveva di lui Roberto “Billy” Sechi, amico batterista, quando andò a trovarlo per la prima volta a Berchidda. Tra loro, in gioventù, nacque una ferrea amicizia che Fresu racconta con struggente narrazione, dedicando dei bellissimi passaggi all’amico che non c’è più. Stessa cosa per uno dei suoi più cari ed importanti maestri, Massimo Urbani, di cui apprezzava le grandi qualità, ed al quale resterà per sempre grato, rievocandone la memoria.

All’importanza dell’amicizia, letta sotto il profilo sia umano che artistico, Paolo Fresu dedica ampi spazi distribuiti in tutto il lavoro, non facendo mai distinzioni di sorta, e ponderando bene il ruolo di coloro che gli furono vicini da ragazzo, con i quali ha condiviso infanzia, studi e passioni tra Berchidda e Sassari, e coloro i quali, dalla scuola di Siena in poi, hanno vissuto e continuano a vivere con lui esperienze artistiche che lo collocano sul tetto del mondo.

Sua madre Maria, il dolce sapore del “su’ccamele”, il pane messo a lievitare nel letto dal quale doveva necessariamente sloggiare di primo mattino, il gioco del calcio con il quale Paolo doveva, malvolentieri, uniformarsi agli altri, sono alcuni degli elementi che caratterizzano la sua infanzia, prima, ovviamente, che suo fratello trascurasse una vecchia tromba “Orsi”, di cui egli prontamente si impossessa e con la quale si avvia, a partire dalla partecipazione nella banda del paese, verso una strepitosa carriera.

Da qui il trombettista incrocia il proprio destino con quello di svariati artisti, dalla condivisione del sogno alla estemporaneità della vita reale, dove la musica jazz è maestra di vita in ogni latitudine. Ed ecco affiorare nomi eccellenti, come il già menzionato Massimo Urbani, Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Giovanni Tommaso, con cui “conquistò” l’America, la poetessa Patrizia Vicinelli, con la quale realizzò reading di poesia condividendone anche l’impegno civile e politico, Ornella Vanoni, con cui intraprese un importante rapporto di lavoro ed amicizia.

Queste e tante altre figure di spicco, nel caso specifico straniere, accompagnano le ultime fasi della sua carriera. Tra esse brillano le stelle Carla Bley, Ralph Towner, Uri Caine e Omar Sosa. Naturalmente meritano una menzione a parte gli amici e colleghi, con i quali condivide ancora oggi, da tanti anni, uno speciale rapporto di lavoro continuativo: quelli del suo quintetto, lo stesso da 25 anni,  Roberto Cipelli, Tino Tracanna, Attilio Zanchi ed Ettore Fioravanti;  quelli del trio P.A.F., Antonello Salis e Furio Di Castri, ai quali è fortemente legato, e gli altri del “Devil” quartet, Bebo Fera, Paolino Dalla Porta e Stefano Bagnoli .

Tra i tanti musicisti sopra menzionati, manca tuttavia chi più di tutti, seppur a distanza – considerata, oltretutto, la sua scomparsa nel ’91 – ha segnato il destino artistico di Paolo Fresu, ossia Miles Davis, il più geniale, colui che ha tracciato le svolte più importanti del Jazz, cambiandone il corso della storia.

Ed è chiaramente positiva l’influenza che Miles esercita su Fresu, facilmente riscontrabile, tra l’altro, nel perfetto utilizzo della sordina.

Al mitico trombettista dell’Illinois l’autore-musicista dedica un capitolo a sé, caratterizzato da significativi aneddoti e dal racconto dettagliato della trascrizione e dell’interpretazione di Porgy & Bess,  capolavoro di Gershwin, riproposto nel ’58 da Miles Davis e Gil Evans, divenuta una sfida impegnativa alla quale Fresu, tra tante vicissitudini, non si è voluto sottrarre.

Il volume prosegue con i viaggi in giro per il mondo, dei quali descrive l’aspetto geografico e le esperienze vissute, in un racconto in cui traspare tutto ciò che gli è rimasto dentro, come il patrimonio umano, i suoni, gli odori, i colori, la poesia dei luoghi, la bellezza degli occhi dei bambini.

E’, ovviamente, enorme, l’amore che prova verso la “sua” Sardegna, della quale tiene a difenderne le tradizioni culturali, specialmente laddove si parla di “contaminazioni”, comprese quelle musicali. Sull’argomento egli considera, a viso aperto, l’operato di vari artisti, tra cui Ralph Towner e Ornette Coleman, di cui descrive, in dettaglio, i fattori e gli atteggiamenti che hanno inciso, nel bene e nel male, alla realizzazione dei loro rispettivi lavori, dal risultato sostanzialmente opposto.

Con il sentimento che era facile prevedere, non poteva mancare Berchidda ed il suo festival “Time in Jazz”, eccezionale rassegna di eventi che ogni anno vede la presenza di numerosissimi artisti ed appassionati, ricevendone un plauso planetario. Progetto che ha mosso i primi passi ben 23 anni fa, nella piazzetta del paese, tra mugugni e sorsi di “filuferru” – l’acquavite prodotta dal papà Lillino – e che adesso apre il suo sipario alla platea del mondo, offrendo l’originalità della sua musica in un contesto di rara bellezza e suggestione, in cui il suono degli artisti si fonde con quello della natura e dell’antica arte dei luoghi, producendo stupore.

“Il jazz mi ha cambiato la vita – scrive nell’ultima pagina del libro – perché mi ha dato modo di respirare attraverso le note la bellezza che c’è intorno a noi e la speranza che sia possibile cambiare con la poesia e la creatività ciò che bello non è”.

Intanto il neo-cinquantenne musicista stasera “festeggerà”, com’era d’altronde prevedibile, esibendosi sul palco di Nizza con il “Devil” quartet, ma ha fatto conoscere il proprio progetto che sta portando avanti, in cui a festeggiare con lui saranno tutti i più grandi musicisti con i quali ha lavorato.

Si chiama “50 50”, ossia tanti concerti, tutti consecutivi, uno per sera, ognuno diverso dall’altro con artisti differenti, per quanti anni ha compiuto.

Un’operazione stratosferica, che si svolgerà in Sardegna a partire da metà giugno per concludersi a fine agosto, che vedrà impegnati i luoghi-simbolo della regione, ancorché difficili da raggiungere, tra cui, sembra, un’isoletta accanto ad Alghero, dove il tutto si dovrà svolgere su delle barche.

Auguri, Paolo.

 

 

10 Febbraio 2011

Autore:

admin


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