
Pubblichiamo qui sotto la sintesi di un’intervista di Adele Cambria ad Adriano Sofri sui tragici fatti di Reggio Calabria.
L’integrale è venne trasmessa su Raisat Album e qui se ne conserva copia in archivio. visibile a tutti.
.La mattina del quattro maggio scorso, sono entrata con una piccola troupe televisiva nel carcere di Pisa, per intervistare Adriano Sofri sui fatti di Reggio.
Avevo deciso di aprire con quella intervista la mia storia di Reggio Calabria, dalla rivolta al Professore, realizzata per RaiSat Album, perché Adriano, all’epoca – estate 1970 – era stata l’unica voce che si era levata dalla sinistra in difesa dei ragazzi della mia città, belli e ridenti, «armati» di fionde e, certo, anche di bottiglie Molotov, sulle barricate dei rioni popolari di Sbarre e di Santa Caterina, ed io, umiliata non meno di loro dalla definizione di «rivolta balorda, rivolta fascista», che troppi dei miei colleghi, inviati a Reggio dai grandi quotidiani del Nord, applicavano alla rabbia meridionale, senza curarsi nemmeno (salvo eccezioni) di interrogarla, e, soprattutto, senza percepirne i caratteri – in quel momento modernissimi, e diffusi dal Québec a Parigi, a Praga – di «creatività sessantottina», trovai conforto nelle analisi di Sofri: perché mi consentivano di sentirmi vicina, e da sinistra, a quella che mi sembrava una ribellione collettiva della mia città ad un sopruso evidente.
Così, sui fatti di Reggio, è nata, fra me e Sofri, un’amicizia discreta, e, da parte mia, non-ideologica, che si è sviluppata attraverso gli anni, e le esperienze sempre più differenziate, in un tenersi d’occhio solidale. Perciò ho voluto cominciare questa storia di Reggio proprio da lui: paradossalmente carcerato, ma anche riconosciuto, mi sembra, come uno dei pochi intellettuali italiani in grado di raccogliere l’eredità di Pier Paolo Pasolini e dei suoi Scritti corsari.
Sintetizzo ora il nostro colloquio nel carcere pisano: La rivolta di Reggio, una rivolta popolare che la sinistra non capì… 5 morti, la Calabria occupata militarmente dall’ottobre del Settanta al febbraio del Settantuno….Il «Rapporto alla città» del Sindaco democristiano Battaglia, il primo sciopero, il primo morto, un ferroviere iscritto alla Cgil, Ciccio Franco e i «Boia chi molla!» e poi verso la fine dell’estate , arrivi tu…. Perché? Intanto perché io allora ero un estremista rivoluzionario, e mi importava come fatto personale di seguire qualunque movimento di protesta, di ribellione, in qualunque punto del mondo succedesse… E quello succedeva in un punto del mondo a noi molto vicino… Una specie di punto di partenza delle nostre intenzioni politiche, cioè la questione meridionale. Anche se la questione meridionale, per noi, allora, era trasferita al Nord: nella più importante città «meridionale» per popolazione (dopo Napoli). Cioè a Torino. Dove noi eravamo molto impegnati nelle lotte operaie alla Fiat… A questo punto dell’intervista , in sala di montaggio, ho inserito nel discorso di Sofri un eloquente frammento «reggino» del documentario 12 dicembre, realizzato da militanti di Lotta Continua su un’idea di Pier Paolo Pasolini: si vedono le barricate, il fumo grasso dei copertoni dati alle fiamme dai bambini scalzi che vuotano sulla gomma le taniche di benzina, e poi le cariche dei baschi neri in città, fra le palme del Lungomare, quindi uno stacco e il grigiore della stazione ferroviaria di Porta Nuova a Torino ,con l’arrivo degli emigranti, un’ intervista ad un vecchio operaio della Pirelli che dice: «Quando c’è fame c’è disperazione….»
Torniamo a Sofri.
La rivolta di Reggio….non so se è giusto chiamarla così, rivolta, insurrezione…poi si tramutò in una specie di prolungata guerra civile…
Obietterei, perché la guerra civile è quella in cui una stessa popolazione, localizzata nello stesso territorio, si divide e si combatte, ma lì la guerra era tra tutta Reggio, di tutte le classi sociali, e le forze di polizia…
In realtà era così…
Se tu consideri Reggio come una ènclave, puoi ragionare così, ma la rivolta aveva una componente campanilistica, municipalista…
Reggio contro Catanzaro, contro Cosenza…
Ma la cosa più impressionante, che allora fu in parte offuscata, e dopo rapidamente dimenticata, è che al coinvolgimento popolare corrispose il coinvolgimento dell’apparato dello Stato in funzione di pura repressione poliziesca e militare.
Era la prima volta che lo Stato interveniva con un presidio così vasto e forte in un’intera regione italiana, rimanendoci per mesi e mesi…
Era una situazione inimmaginabile, era qualcosa che somigliava all’Irlanda…
Al montaggio, inserisco altre immagini del documentario 12 dicembre: una fiumana di gente che riempie il Corso e scandisce: «Reggio unita, vincerà!…» (Che anticipa «El pueblo unido- jamas serà vencido» della rivoluzione dei garofani, in Portogallo).
Una volta arrivato a Reggio, (il viaggio me l’avevano pagato gli operai di Torino, l’unica notte in albergo me la pagò Giampaolo Pansa, l’inviato de «La Stampa», che non ha mai smesso di ricordarlo….), la mia posizione, che era quella di Lotta Continua, diventò subito «caricaturale»: ero una specie di macchietta, un tipo strambo, che interviene, dall’estrema sinistra, in una rivolta da tutti considerata fascista…
Ma che fascista non era, almeno all’inizio…
Non lo era neanche nel corso del suo svolgimento, era enormemente contraddittoria… a un certo punto fu «strumentalizzata», ma non so se è la parola giusta da usare…
In effetti c’era una guida di persone che avevano una ideologia fascista, una provenienza fascista…
In particolare questo valeva per il capopopolo più efficace della rivolta, Ciccio Franco….
C’erano probabilmente strumentalizzazioni clientelari ,da parte del Sindaco Battaglia, DC, o di certi industriali locali, radicalizzati in senso municipalistico, e che agivano forse anche sulla spinta dei loro interessi…
Ma poi c’era questo punto di forza per un discorso che cercasse di aprire qualche varco, di incunearsi in questa compatta gestione comunque interclassista della rivolta di Reggio…
Ed il punto di forza era la quantità di operai reggini che stavano in quel momento lottando nelle fabbriche italiane, e che vedevano nella rivolta un potenziale collegamento con le loro lotte,e viceversa…
Tu a Reggio dicesti all’inviato dell’Ansa che il più grande regalo che il Pci aveva fatto ad Almirante era la rivolta di Reggio…
Non c’è dubbio, la sinistra fece un enorme regalo a quel tipo di direzione dei fatti di Reggio invocando la repressione poliziesca e militare della rivolta, ignorando per esempio che il primo morto della rivolta, il ferroviere che tu hai citato, era di sinistra….
Tutto questo veniva cancellato in nome del riscatto dello Stato…
La rivolta fu interpretata negli stessi termini in cui la storia d’Italia aveva interpretato le rivolte meridionali antirisorgimentali….
Il Cardinale Ruffo, la Madonna, Viva Maria eccetera…
L’esito fu, per moltissimi anni, la cancellazione di Reggio Calabria e della sua cittadinanza dalla carta geografica di un’Italia civile e moderna…
In conclusione… ammesso che qualcosa si possa concludere….io penso che la rivolta di Reggio e la concomitante ondata di lotte operaie nelle città industriali del Nord Italia hanno segnato la fine vera e irreversibile della storia dell’Unità d’Italia.
Quella è stata l’ultima volta in cui si è posto il problema di una soluzione della questione meridionale in termini di collegamento addirittura fisico del nord e del sud in una direzione di un movimento unitario di lotta che avrebbe potuto avere come risultato anche, e finalmente, una unità civile tra le due parti del Paese.
Questo sarebbe potuto essere l’ultimo tentativo di rimettere insieme il nord e il sud….un tentativo diciamo pure «pisacaniano», che noi facemmo forse non essendone nemmeno interamente consapevoli.
Ma dopo di allora tutto ciò è finito….

Come giornalista ha esordito nel 1956 scrivendo sul quotidiano Il Giorno. In Tv l’abbiano vista fra il 2000 e il 2003 per RaiSat in trentanove trasmissioni sull’immagine televisiva della donna (E la Tv non creò la donna); è stata poi autrice di Trittico meridionale, tre trasmissioni sul meridione d’Italia dedicate rispettivamente a Ernesto de Martino (La terra del rimorso), Maria Occhipinti (La rivolta dei non-si-parte), Reggio Calabria (Dalla rivolta al professore).
Per Rai Sat album ha poi firmato nel 2003 il numero zero di una serie televisiva dedicata alla storia del gossip.
A partire dall’inizio 2011 alla giornalista viene affidata una rubrica all’interno della trasmissione di LA7 Le invasioni barbariche.
Le sue Opere letterarie e teatrali
- Maria Josè (Longanesi, biografia e diari inediti dell’ultima regina d’Italia, 1966)
- Dopo Didone (Cooperativa Prove 10, romanzo, 1974)
- Amore come rivoluzione – La risposta alle lettere dal carcere di Antonio Gramsci (Sugarco, contenente le lettere delle tre sorelle Schucht, la minore delle quali, Giulia, fu moglie di Gramsci; 1976)
- In principio era Marx (Sugarco, 1978)
- Il Lenin delle donne (Mastrogiacomo, 1981)
- L’Italia segreta delle donne (Newton Compton Editori, 1984)
- Nudo di donna con rovine Pellicanolibri, romanzo, 1984)
- L’amore è cieco (Stampa Alternativa, racconti, 1995)
- Tu volevi un figlio carabiniere (Stampa Alternativa, scritto con il figlio Luciano Valli, 1997)
- Isabella. La triste storia di Isabella di Morra (Osanna Venosa, 1997)
- Storia d’amore e schiavitù (Marsilio, 2000, finalista al premio intitolato a Elsa Morante e al premio Città di Scalea; in concorso al Premio Strega, classificato al sesto posto[6])
- Nove dimissioni e mezzo (Donzelli editore, 2010)
- Istanbul. Il doppio viaggio, Donzelli Editore, 2012 ISBN 9788860367136
- In viaggio con la Zia, Città del Sole Edizioni, dicembre 2012 ISBN 9788873516149.
Teatro
Cambria è autrice anche di testi per il teatro:
- Nonostante Gramsci (rappresentato in prima nazionale al Teatro della Maddalena il 25 maggio 1975)
- In principio era Marx – La moglie e la fedele governante (prima italiana al Teatro Bellini di Napoli, 1980, Premio Fondi La Pastora 1979)
- La regina dei cartoni (1985–2001, rappresentato all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles dal Collettivo teatrale “Isabella Morra”)
Nel mondo del cinema
- Comizi d’amore, di Pier Paolo Pasolini (1965)
- Accattone, di Pier Paolo Pasolini (1961)
- Teorema, di Pier Paolo Pasolini (1968)
- Teresa la ladra, di Carlo Di Palma (1973)
Tra i riconoscimenti
- Premio giornalistico “Corrado Alvaro” alla carriera (2008);
- Premio Letterario città di Palmi, 2011;
- Ottobre in Poesia, riceve la “chiave poetica” della città (2012
- fonte wikipedia