Si terrà nel pomeriggio di sabato 10 settembre la presentazione del libro “Riprendersi tutto – 40 concetti chiave di una rivoluzione in atto” presso la struttura di CasaPound di palermo
All’evento organizzato dall’associazione culturale e di promozione sociale CasaPound ItaliaPalermo parteciperanno: ADRIANO SCIANCA, Autore del libro – GIOVANNI TARANTINO Giornalista e scrittore – GIANLUCA IANNONE CasaPound Italia – GAETANO FATUZZO Spazio Libero Cervantes.
Il libro è una sorta di dizionario dei militanti di CasaPound ed esprime il senso e il significato che ogni aderente alla nostra associazione attribuisce a temi politici quali la casa,il lavoro e l’immigrazione e valori fondanti quell’etica che rende l’uomo tale.
“Riprendersi tutto”. Il motto estetico di CasaPound Italia
Scritto da Adriano Scianca
Ha fatto appena in tempo a far da sfondo a un paio di conferenze, è rimbalzata qua e là su qualche forum in internet, eppure ha già cortocircuitato la paranoia esegetica dei cybervoyeur antifascisti. “Riprendersi tutto”. Il motto scelto da CPI è semplice, lineare, solare. Eppure, rannicchiato dietro ai monitor, c’è chi impazzisce per decifrarne una presunta natura eversiva, violenta, terroristica. Risparmiamo la fatica di contraddirli: fedeli al teorema, comunque vada troveranno ciò che vogliono trovare, costi quel che costi. Contenti loro…
Eppure “riprendersi tutto” nasce quasi per caso, senza una vera e propria riflessione teoretica. Nasce per una suggestione estetica, come si conviene a tutto ciò che è creativo, fecondo, autentico. La pagina conclusiva della rivista di patinato disturbo Dum Dum Zoom mostra tre ragazzini seduti pensierosi su un paesaggio di macerie. Sullo sfondo un semaforo rosso. In alto la scritta “riprendersi tutto”. Un semaforo in uno scenario post-atomico. L’istantanea rende bene l’idea della situazione attuale. In cui quanto più il sapore della decadenza si fa acre, quanto più si avvera la profezia nietzscheana (nichilismo come mancanza di risposta al “perché?”), tanto più si agitano i custodi del virtuismo. “Non dire parolacce”, “Non fumare nei locali”, “Non guardare film violenti”, “Non bere”, “Non giocare ai videogiochi violenti”. Il caos si fa moralista. Più tutto è rovina, più aumentano i semafori rossi. E in mezzo a questo: tre ragazzini che pensano. Pensano a come riprendersi tutto.
Una suggestione estetica, quindi. Un’immagine. La vita che trionfa sulla decadenza. Uno sguardo gettato sul futuro.
Incapaci di farsi guidare dalla futurista “immaginazione senza fili”, tuttavia, gli interpreti dalla mente e dall’animo ristretto vogliono necessariamente comprendere il motto in senso iperpolitico. E sia. “Riprendersi tutto” è in effetti anche la parola d’ordine di un mondo cresciuto fra le luci e le ombre del neofascismo, fra ghettizzazioni imposte con le chiavi inglesi in mano e autoghettizzazioni intraprese per la troppa paura di vivere. Eppure il ghetto è una dimensione dell’anima. Esso cessa di esistere allorché smettiamo di collocarci mentalmente in esso. Si tratta, insomma, di avviare un percorso dell’autocoscienza. Ad un certo punto ti accorgi che il mondo è lì, che aspetta solo di essere fecondato, vivificato, messo in moto. Ti accorgi che il potere della Matrice è radicato nell’inganno, nella simulazione. Svelato l’inganno, finito il potere. E allora di poter tentare qualsiasi impresa. Ecco, “riprendersi tutto” è la parola d’ordine di tutto un mondo che si risveglia dopo anni di inganni e autoinganni e scopre di poter essere protagonista, agente attivo nella contemporaneità. Che capisce di poter parlare ogni linguaggio, di potersi esprimere in ogni modo, che nei mille dialetti della babele postmoderna sa costruire una propria originalissima forma di comunicazione al passo coi (macchè: in anticipo sui) tempi. La contemporaneità vede un’esplosione di linguaggi, un’ipertrofia della comunicazione che ci sommerge. Noi oggi sappiamo che in questa corrente possiamo cavalcare l’onda, belli come surfisti californiani.
La raggiunta autocoscienza, tuttavia, rende in fondo superata questa spiegazione autoreferenziale, tutta interna alla storia dell’area neofascista. CPI ha solo un’“area” di riferimento, ed è il popolo italiano. Che deve, esso stesso per primo, riprendersi la propria dignità, della quale è stato spossessato nell’incontrastato dominio dei banchieri, dei palazzinari, dei mafiosi, delle oligarchie, delle chiese, delle caste, dei politicanti, dei commedianti, dei baroni, degli arroganti, degli affaristi, dei padrini, degli aguzzini, dei bombaroli, degli impuniti, dei saltimbanchi. Il risveglio che noi agogniamo non riguarda un gruppo, un’area, una parte. Riguarda un popolo. E’ la fine dell’Italia serva, della repubblichetta che ha le sue capitali a Paralisi e a Podagra – che noi vogliamo. Ora, “riprendersi tutto” è esattamente un’istantanea che può cogliere l’immagine di questo popolo che si riappropria di se stesso, che quindi pone fine alla propria alienazione, al proprio “esser altrove”. Una nazione che deve tornare a guardarsi in faccia e a riscoprire in se stessa le capacità di mettere in moto la storia.
Per questo compito epocale c’è bisogno di un’avanguardia. E noi, che abbiamo scordato le buone maniere e non sappiamo essere umili, vogliamo essere quell’avanguardia. Vogliamo creare uno schianto nel mondo che sa produrre solo lagna. Vogliamo parlare un linguaggio di vita in un mondo sterile. Vogliamo fondare città, fare bambini, piantare alberi, produrre arte, costruire il futuro.
Mentre tutti predicano la rinuncia e la fuga, mentre la politica volta le spalle alla polis e la cultura non sa più coltivare se non piccoli egocentrismi, noi riscopriamo la gioia di fondare di creare, di dare vita.
Lo spirito era inizialmente cammello, e si caricava del fardello incapacitante imposto dalla morale, dalla forza di gravità, dal risentimento delle mosche velenose; poi si fece leone, e si ribellò alle imposizioni, spezzò le catene, scacciò lo mosche e trovò la strada per la sua volontà; infine divenne bambino, il sacro puer che incarna il gioco cosmico e la rigenerazione della storia.
Ci chiedono cosa proponiamo per l’avvenire.
Un’idea?
Un programma?
Una cosmogonia, piuttosto.he ci identifica con il motto CasaPound dove il confronto è libero”