Dopo il grave fatto accaduto qualche giorno fa a Gioiosa Marea con la profanazione della Chiesa del Buon Pastore che domenica scorsa è stata sotto lo sguardo di tanti fedeli, “bonificata” e benedetta, ecco le riflessioni del reverendo Donzì.
Con le parole del Beato Pino Puglisi, pronunciate in una sua omelia, mi rivolgo oggi a coloro che potranno essere considerati più refrattari ad aprirsi alla conversione, a lasciarsi coinvolgere in un dialogo di fratellanza, di socialità, di bontà e di fede, che a volte sembrano essere disperatamente distanti da loro e da noi.
Mi rivolgo a coloro che si abbandonano a gesti ed episodi sgradevoli, troppo duri da accettare ma che forse noi stessi abbiamo abbandonato nel vivere quotidiano, che richiederebbero a noi maggiori attenzioni, più carezze, più parole buone e semplici.
Perché è allontanandosi dalla semplicità che si cercano strade contorte, trasgressive, pericolose, forse nel desiderio di urlare a tutti quanti, nelle notti senza conforto, tutta la nostra rabbia, il nostro disprezzo, tutta la nostra solitudine, tutta la nostra condanna per la disattenzione delle istituzioni, dei grandi, dei genitori.
“Io ti sono figlio” – vorremmo dire. – “Tu mi sei padre e madre. Io ti sono concittadino e amico. Io sono giovane sperduto in questo deserto di sentimenti e di attenzioni, in cui la politica e i decreti legge sono l’unica legge che ci governa”. La legge cieca e sorda, che parla in maniera sgrammaticata, malevola, disarmonica, incurante della carne che ognuno di noi porta sul proprio corpo, sulla propria coscienza, sul proprio bisogno di vita.
Come se un giovane fosse fatto di plastica e di ferro.
Come se un giovane fosse solo un fardello dalla cui crescita ci si attende che venga fuori un altro contribuente, un consumatore di Coca Cola e patatine fritte, un consumatore di benzina per costanti passeggiate in macchina, avanti e indietro, ascoltando da uno stereo a tutto spiano solo il motivo della noia, dell’abbandono, dell’inconcludenza.
Ci sono numeri che richiamano cose diaboliche, diavoli che non sempre fanno parte di rituali satanici ma al pari di quelli ci appaiono come spiriti maligni che ci allontanano dalla vita che vorremmo.
Un giovane vorrebbe occuparsi dei numeri dell’ufficio collocamento, dove trovare con fiducia un legittimo lavoro; numeri di istituzioni che si relazionano con noi per i nostri giusti bisogni; numeri di amici cui dare e chiedere compagnia e aiuto.
Numeri di speranza.
Tre numeri costituiscono un terno.
Ed io auguro ad ognuno di fare terno nella lotteria della vita quotidiana, che ci faccia vincere cose belle, bellezza, pensieri positivi, sentimenti gentili e amorevoli. Via auguro di innamorarvi di amore vero e sincero, che lenisca ogni graffio apportato al vostro cuore, che rassereni la vostra anima.
Non giudicate noi adulti per le nostre inefficienze, non siamo degni della vostra rabbia, non siamo degni della vostra delusione.
Pensate a non commettere i nostri stessi errori. Pensate ad amare voi stessi, un amico, un uomo, una donna, un disabile, un nonno, una nonna, una persona che si è persa e che voi stessi potreste aiutare a ritrovarsi.
La vita è troppo importante e bella per triturarla nel trituratore del rancore, dell’odio, del disprezzo.
Non lasciatevi soggiogare da modelli e stereotipi commerciali che vi ingannano perché fanno il loro gioco. Il loro gioco è di fare soldi, di arricchirsi alle nostre spalle vendendoci robaccia, cose inutili e perverse, roba avariata e maleodorante.
Siate voi la nostra nuova coscienza. Siate voi, proprio voi a rinnovare questa comunità e a stupire voi stessi e gli altri.
A cominciare da chi oggi non crede in voi.
Rev. Salvatore Danzì