Dalla Striscia di Gaza alla Val di Susa, passando dalla Siria, con riflessioni sulla condizione dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo e sugli sviluppi della Primavera araba. E’ stato un meeting a tutto campo, pieno di contenuti, storie, testimonianze e spunti di riflessione, quello che si è svolto Domenica nella cittadella fieristica di Messina, all’interno di SabirFest – Vivere il Mediterraneo, rassegna culturale alla sua prima edizione, che ha compreso tantissimi eventi, da Giovedì a Domenica, tra incontri, letture, conversazioni, laboratori, performance teatrali, fiera del libro e dell’artigianato, degustazioni di cibi e piatti mediterranei e tanto altro ancora, all’insegna del dialogo e della condivisione tra le culture del Mediterraneo.
Nello specifico, SabyrMaydan, è stata la sezione che del Mediterraneo ha raccolto l’aspetto geopolitico, affrontando il tema della conquista dei diritti civili, tra cui quello fondamentale della “cittadinanza”, all’interno dei singoli stati e nell’ambito della vasta area al confine Sud tra l’Europa ed il Medio Oriente, sempre più teatro di guerre, sopraffazioni e privazioni dei diritti fondamentali, talvolta sotto azioni o regìe esterne, dentro scenari in cui l’informazione e la comunicazione assecondano le retoriche dei paesi più influenti, trasfigurando le storie delle realtà locali. Ed è qui che nasce e si sviluppa l’esigenza di “fare rete”, creare network tra chi vive di persona le vicende all’interno del proprio territorio e chi quel messaggio deve farlo “esplodere” all’esterno, fuori dai propri confini nazionali.
Al centro del dibattito, i “movimenti dal basso”, ossia quel fenomeno che in un modo o nell’altro, per varie ragioni, interessa una “rete” formata da attivisti sociali su scala nazionale e internazionale che combatte per la difesa dei territori, per le uguaglianze, i diritti e la democrazia, specie quando questi vengono negati alle “minoranze”. Non è un caso, infatti, se al tavolo dei relatori di SabirMaydan, a fianco di attivisti politici mediorientali, ha trovato un importante spazio Lisa Ariemma, giornalista italo-canadese “emigrata” in Val di Susa, attivista in prima linea del movimento No Tav, e componente del relativo Comitato Presidio Europa. Accanto a lei, Hozan Ibrahim, attivista del movimento civico siriano e co-fondatore del progetto Citizens for Syria, adesso “esiliato” a Berlino. Per ragioni di forza maggiore impossibilitato a presenziare direttamente ma comunque in collegamento streaming da Gaza, è intervenuto Ibrahim as-Shataly, uno dei leader della Primavera araba in Palestina che si è battuto contro le divisioni interne e si oppone quotidianamente all’occupazione israeliana.
I lavori sono stati coordinati da Antonio Mazzeo, giornalista e militante ecopacifista ed antimilitarista, nonché storico oppositore alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e del MUOS – Mobile User Objective System di Niscemi.
Curatore dell’evento, l’associazione COSPE – Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, che opera in 30 paesi del mondo, con circa 150 progetti a fianco di migliaia di donne e di uomini “per un cambiamento che assicuri uno sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia fra i popoli”. L’organismo era rappresentato dal proprio presidente, Fabio Laurenzi, che prima di Mazzeo ha introdotto così il dibattito: “Siamo impegnati in questo percorso allo scopo di creare un forum di dialogo tra attivisti e cittadini impegnati sulle due rive e realizzare un progetto di integrazione, un Mediterraneo dei popoli”.
La scelta degli ospiti, autorizza a non ritenere affatto un azzardo o un’esagerazione la ricerca di assonanze tra territori oppressi dalle dittature e dalle guerre, ed altri devastati dalle “grandi opere inutili, imposte”. Con le dovute differenze, lega le due questioni un unico filo conduttore: la privazione di democrazia e del diritto di cittadinanza.
“I soggetti sociali, i movimenti, gli organismi che lottano dal basso contro le grandi opere e la cementificazione del territorio, per la pace e i diritti umani, possono scambiare esperienze e cercare di costruire insieme una cittadinanza”, ha detto Antonio Mazzeo ad introduzione del dibattito. Il giornalista, tra un intervento e l’altro, a proposito della difesa dei territori, ha poi affermato: “I No Tav hanno avuto la capacità di cogliere il senso di come non si può lottare sul territorio contro la grande opera distruttiva, senza considerare anche la fratellanza che lega il loro movimento a chi in Palestina subisce i bombardamenti”.
Dopo di lui, Hozan Ibrahim: “Si parla della Siria soltanto in relazione alla guerra, ai movimenti radicali legati all’estremismo islamico o all’influenza dei poteri internazionali. Così, l’attenzione, purtroppo, non si concentra su ciò che realmente è la Siria ed è stata la rivoluzione siriana. Noi attivisti – prosegue Ibrahim – a tre anni e mezzo da quell’evento, ci sentiamo delusi, poiché sono stati disattesi gli ideali originari della rivoluzione, come la dignità, la democrazia e il tentativo di creare una vita prospera. Noi stiamo cercando di far colmare le differenze che sono emerse dopo la rivoluzione e creare una nuova identità per la Siria, che adesso vedo come un foglio bianco sporcato dalla violenza, ma sul quale si può comunque ancora scrivere e progettare. Questa è l’idea originaria di Citizens for Syria, nata dopo una mia esperienza ad un meeting a Lussemburgo, il primo che comprendeva attivisti europei e dell’area del Mediterraneo”. Parla quindi, del network che egli alimenta da Berlino: “C’è il bisogno di collegare la popolazione che vive in Siria con quella che vive fuori, in Europa e altrove, affinché si operi un mutuo scambio di conoscenza”. Così, Ibrahim, successivamente, ha centrato il tema principale dell’incontro, avanzando delle proposte: “Sostenere la nascita di una cittadinanza mediterranea attraverso la comunicazione ed i legami reciproci; cercare di boicottare Israele e tutte le compagnie internazionali che sostengono il governo israeliano; creare piccole organizzazioni a livello locale che possano orientare i giovani a trasmettere il senso di appartenenza al loro stesso paese, senza avvertire la necessità di doverlo abbandonare, ponendo così anche fine all’immigrazione illegale”. Questo il mezzo più idoneo consigliato dall’attivista siriano : “Utilizzare i social media per condividere idee ed esperienze”.
In piena sintonia con il tema del dibattito, è l’approccio di Lisa Ariemma con la Val Susa: “Il Movimento No Tav – spiega l’attivista canadese – racchiude in sé ciò che sta succedendo nell’intera area del Mediterraneo. Mi sono interessata al movimento nel 2005. Inizialmente non ne sapevo nulla del progetto, ma ciò che mi ha colpito è stata la presenza di check point lungo la valle che non consentivano di circolare liberamente. Il mio ingresso nel movimento è stato così dovuto a ragioni di cittadinanza e democrazia. In tutta Italia il movimento No Tav è diventato un simbolo di cittadinanza attiva, democrazia e solidarietà”. L’attivista passa poi a parlare del Presidio europeo, di cui fa parte: “Si interessa della creazione di reti tra movimenti, associazioni e istituzioni. A Lussemburgo si è parlato di cittadinanza mediterranea. Allo stesso tempo è stato creato un forum in Val di Susa sulle grandi opere inutili, imposte”. E a tal proposito riflette: “Tav non è un treno, ma un concetto d’economia e di democrazia”. Approfondisce, quindi, l’attività della “rete” europea che ha consentito partecipazioni dei No Tav persino in Estonia: “Poter dialogare e trovare intenti comuni ha creato tantissimo movimento”. Racconta, a seguire, lo scambio di visite tra una rappresentanza valsusina, di cui lei ha fatto parte, ed un attivista palestinese: “Questo ha creato una rete tra la Val di Susa e la Palestina. I ragazzi di Gaza sono venuti a vedere la nostra situazione. Il concetto di Mediterraneo va, ovviamente, allargato, come i pezzi di un puzzle molto più grande”. Con questa ricetta: “Condividere la solidarietà a partire dalle nostre piccole realtà e andare oltre”.
L’attivista ha colto l’occasione, inoltre, per annunciare il prossimo forum nazionale dei movimenti, previsto per il 18 e 19 Ottobre a Firenze.
Particolarmente atteso era l’intervento da Gaza, in streaming, di Ibrahim as-Shataly.
“Gli obiettivi dei giovani palestinesi adesso sono volti alla risoluzione della difficile situazione che scaturisce dall’occupazione israeliana dei territori palestinesi” ha detto l’attivista palestinese. “Tutti gli attacchi degli israeliani alla Striscia di Gaza hanno un impatto molto forte non soltanto sulla società ma anche sull’economia”. E questo sulla vita di ogni giorno: “A Gaza e Gerusalemme non possiamo circolare liberamente a causa dei check point. Non è una questione di sicurezza, bensì di controllo delle nostre vite. Loro ci definiscono terroristi, quando, invece, ciò che chiediamo è essere coinvolti, fare parte di questo cambiamento. Noi vogliamo uniformarci facendo appello alla pace per avere un futuro e mettere fine all’occupazione israeliana”. Questo il desiderio di Ibrahim as-Shataly: “Creare organizzazioni valide che possano supportare il futuro del popolo palestinese e creare contatti tra i nostri giovani e quelli di tutto il resto del mondo”.
Corrado Speziale