Non solo immagini a corredo, ma immagini che raccontano. Che prendono parola, incidono, emozionano, interrogano. Anche d’estate, Scomunicando ha continuato a tessere il suo percorso narrativo attraverso l’obiettivo fotografico, trasformando ogni scatto in una vera e propria scrittura autonoma.
le immagini di copertina del nostro profilo social in questi mesi
In questo progetto, la fotografia non è più ancella della parola scritta: non segue, non illustra. La fotografia, anzi la grafica associata ad un testo stringato, diventa racconto, opinione, visione. È un’arte che pensa, che prende posizione, che agisce sul lettore con la forza della luce e della composizione.
Le copertine di Scomunicando, pubblicate durante l’estate incarnano perfettamente questa filosofia editoriale: non semplici “foto di cronaca”, ma veri e propri editoriali visivi. Ogni immagine non si limita a mostrare, ma suggerisce, evoca, costruisce un discorso che apre spazi di riflessione e genera interpretazioni. Un gesto, un’inquadratura, un dettaglio rubato alla realtà si trasformano in materia narrativa.
In questo processo, chi guarda non resta spettatore: diventa interprete e co-autore.
Ogni grafica è un’opera aperta, che invita a fermarsi, a guardare con attenzione, a leggere ciò che sfugge alle parole.
Lo ricorda bene la citazione che accompagna il percorso editoriale:
Si tratta di catturare l’attimo e includere tutto ciò che ha intorno.”
La fotografia è così sguardo profondo sul presente, ma anche memoria, intuizione, cronaca e poesia allo stesso tempo. È denuncia silenziosa e speranza visiva.
Per questo motivo, anche durante l’estate, Scomunicando ha scelto di lasciare spazio alle immagini: non per decorare, ma per raccontare. Perché ogni scatto è un frammento di mondo che chiede di essere ascoltato.
E il compito del narratore, oggi più che mai, è questo: far parlare le immagini, dare loro voce, lasciare che siano loro a scrivere il tempo in cui viviamo.